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drago

Agrigento, antichi racconti popolari: Lo stagno del Drago

22 Novembre 2022 //  by Elio Di Bella

Allora il santo, sceso dalla serra, con un capello, legò il dragone e l’uccise          

La reginotta fu salvata e la città di Girgenti non pagò più quel sanguinoso tributo.

Quasi un miglio lontano da Girgenti, dalla parte di nord-ovest, giace uno stagno conosciutissimo per un’antica leggenda.

Il nostro popolo crede che anticamente esso fosse abitato da un dragone, e perciò lo chiama la naca di lu dragu (1).

Questo mostro infestava le campagne vicine, e Girgenti dovea ogni anno dargli come tributo una fanciulla che si traeva a sorte.

E si dice che quando S. Gerlando (2) era vescovo di questa città, la sorte toccasse alla figlia dello stesso re (3).

Immaginatevi il dolore del re, della regina e del reuccio (4) per così grande disgrazia !

La reginotta stava già per essere trascinata alla morte, quando il re, ricordandosi di S. Gerlando che aveva fatto molti miracoli, andò a pregarlo di salvargli la figlia.

Il santo vescovo, tenendo in mano il Sacramento, e seguito da una grande moltitudine, s’incamminò verso la sede del drago.

Arrivati alla serra (5) di Santa Lucia, che domina il famoso stagno, tutti si fermarono.

Al vedere il mostro, il qual, uscito dall’acqua, aspettava la preda per divorarla, non vi fu alcuno che non rabbrividisse; San Gerlando solo non n’ebbe alcun timore, ma con voce tuonante gli comandò di non toccare la reginotta.

Il dragone, furioso, cominciò a gettar dalla bocca, che era grandissima, fiamme di fuoco ed agitando la sua lunga coda e mandando urli terribili, cercò di salire sulla serra per uccidere il santo.

Tutti quelli che si trova van colà, sbigottiti, si diedero alla fuga. Ma San Ger-lando disse di nuovo al drago: In nome di Dio, del Figliuolo e dello Spirito Santo, io ti ordino di non muoverti più, e, vedete miracolo! il mostro divenne immobile come un macigno.

Allora il santo, sceso dalla serra, con un capello, legò il dragone e l’uccise            

La reginotta fu salvata e la città di Girgenti non pagò più quel sanguinoso tributo.

Da quel tempo le campagne furono sicure e la naca del drago diventò uno stagno pieno di malaria, il quale a poco a poco è impiccolito, finché verrà tempo che si essiccherà del tutto.

Ma resta tuttora la tradizione presso il volgo, che sotto l’acqua dello stagno ci sia anc’oggi la casa del dragone, con camere mobigliate splendidamente e piene d’oro, di diamanti e di altre pietre preziose.

E si va pure dicendo che qualcuno vi sia sceso e l’abbia veduta; ma quelli che hanno tentato l’impresa, sono rimasti annegati e i loro corpi riposano in fondo allo stagno.

Emmanuele Gramitto, Xerri, Racconti popolari siciliani, Girgenti, 1885

(1) Propriamente naca di n fiume significa il fondo, il letto del fiume, qui vale stagno.

Una identica leggenda corre per la bocca del popolo a Caltabellotta. Si narra che S. Pellegrino abitasse in un romitaggio vicino ad una grotta, sede d’un dragone, al quale i caltabellottesi dovevano pagare ogni anno il tributo d’un fanciullo. Or avvenne che essendo toccato in sorte di servir di pasto al mostro ad un fanciullo di nome Librandi, la madre di lui andasse a pregar S. Pellegrino di liberarle il figlio. Il santo, preso in braccio il fanciullo, si avviò alla volta dell’abitazione del drago, a cui disse, presentandogli il fanciullo:

Chiui l’occhi,

apri la vucca

Ca t’infilu a Librandi ‘n vucca.

Il dragone apri la bocca per ingoiare Librandi; ma S. Pellegrino, cacciatogli in gola il suo bastone, lo uccise. Caltabellolta fu liberata da quel flagello e S. Pellegrino, alla sua morte, divenne il patrono del paese.

Chi vuol conoscere le varie leggende intorno al dragone, presso i popoli antichi e moderni che si stendono dalle rive dell’ Indo a quelle del Reno,  legga il bel libro di LUIGI BOMBICCI intitolato I Mostri.

(2) S. Gerlando fu il dodicesimo vescovo di Girgenti, di cui è il patrono.

(3) Veramente a Girgenti non c’è mai stato re; ma il popolo cosi racconta ed io ho scritto la leggenda tal quale m’è stata narrata.

(4) Il nostro siciliano LUIGI CAPUANA nelle sue bellissime fiabe dal titolo Cera una volta usa la parola siciliana reuccio, che significa figlio del re e reginetta che significa figlia del re. Io ho creduto bene di seguir l’esempio del valente letterato.

(5) Serra indica uno strumento di ferro dentato e vale pure cocuzzolo di monte, fila di colline; viene dalla parola spagnola sierra.

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, agrigento racconta, racconto popolare

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