L’edificio della Stazione Centrale di Agrigento doveva sorgere nella zona di Piazza Ravanusella, ma a causa delle demolizioni da fare che avrebbero danneggiato lo stabilimento di Piedigrotta, i cui proprietari erano esponenti del Partito Nazionale Fascista si scelse la sede attuale, devastando quelle che erano le grandi mura di cinta della città.
Realizzato nello stesso periodo del Palazzo della Banca d’Italia, a quello delle Poste e telecomunicazioni, alla G.I.L., negli anni d’oro del fascismo, ha tutte le caratteristiche architettoniche del Regime. La maestà progettuale, tuttavia, venne tarpata dal fatto che gli altri due piani sono sottostanti alla Piazza, per cui emerge soltanto l’ingresso, un piano adibito ad abitazioni di funzionari ed Uffici, la cuspide con l’orologio, lo stemma della Repubblica che ha sostituito, nel dopoguerra, il fascio littorio.
In effetti l’edificio non doveva sorgere in quel punto, ma nella Piazza Ravanusella, ma per le demolizioni che si sarebbero dovute fare, in particolare ai danni dello stabilimento Pastificio Piedigrotta, i cui proprietari erano esponenti di spicco del Partito Nazionale Fascista, si scelse la seconda soluzione, la meno felice. Ciò comportò, anche e per evitare qualsiasi disturbo alla Piedigrotta, la costruzione di una piattaforma girevole (ormai di-strutta) che consentiva alle locomotive a vapore, di potere invertire l’ordine di marcia.
L’unico danno, irreversibile, avvenne nei confronti delle mura medioevali, probabilmente su tracciato saraceno, che vennero abbattute, la maggior parte, e la strada si chiama, infatti, ora, via delle torri e con esse i torroni quadrati che le intervallavano. Il tempo poi, ha fatto il resto con il rifacimento, in cemento armato, del muraglione che costeggia la ferrovia. Qualche tratto è ancora visibile a chi prende il treno, nei pressi della Stazione centrale. Delle porta, un’arco sottostante al piazzale dell’ex Chiesa S. Lucia, ed un altro di fronte agli ex Uffici del Banco di Sicilia, con accanto una edicola sacra, medioevale.
L’inaugurazione avvenne con grande giubilo da parte di tutta la popolazione non più costretta a prendere il treno ad

Agrigento Bassa che divenne, quindi, una Stazione di secondaria importanza. Anche le carrozzelle che costituivano la maggioranza dei “taxi” dell’epoca si spostarono a Piazza Marconi che, in effetti, aveva un assetto urbanistico ade¬guato. Sulla destra la scarpata venne sistemata tutta a fiori, ed un tappeto di essenze varie indicava il giorno e l’anno. Sulla sinistra, invece, era la Villa Maggiotto, così chiamata da un Prefetto dell’epoca, famoso per le sue battute e la indipendenza, tanto che era venuta fuori una barzelletta. “Mi chiamo Maggiotto e me ne… ” ed a questa villetta è legato un altro episodio con un vigile agrigentino, altrettanto famoso per il suo rigore, “Marcello” Sanfilippo, ma conosciuto, soprattutto con il suo nome, rimasto vittima del dovere per avere cercatodi bloccare una macchina, pereccesso di velocità, al Viale dellaVittoria. Ex marinaio, aveva girato il mondo (le braccia piene ditatuaggi) dotato di un enorme paio di baffi, era il terrore deibambini che non si azzardavanoa toccare un fiore, ed anche ditutti i trasgressori. Un giorno ilPrefetto Maggiotto imboccò conla macchina di servizio, la Via Acrone, allora Via Sottogas per via dell’ex usina distrutta nei bombardamenti del 1943, un’ordinanza sindacale, in quel momento, non transitabile. Il vigile di servizio bloccò la macchina;alle rimostranze dell’autista che fece presente che era la macchina del Prefetto, rispose “Gli ordini sono ordini inflessibile
Al che Maggiotto, scese dall’auto, gli strinse la mano compiacendosi. Negli ambiziosi sogni progettuali, in sotterranea, la ferrovia avrebbe dovuto ricongiungersi, facendo un anello, con Agrigento bassa. Sono rimasti qualche decina di metri di un tunnel, covo di topi e qualche volta di automotrici in avaria.
Nel tempo, tuttavia l’edificio ha subito modifiche varie; vani chiusi ed adibiti ad altri usi, uffici al posto delle sale di attesa.
Adesso il rifacimento della facciata che mostrava le nervature del ferro reso necessario dal tempo. Occorrerebbe, soprattutto lo spostamento dalla zona, divenuta nodo nevralgico. Ma ad ostarlo, non lo sono altrettanto per la trasformazione del modesto edificio di Agrigento Bassa, per cui l’ipotesi che la sede della rete ferroviaria, diventi posteggio ed arteria stradale per lo snellimento del traffico, resta tale.
Ermogene La Foreste
rivista Agrigento Nuove Ipotesi luglio-agosto 1993