
Se pure le fonti letterarie, Plinio particolarmente, ricordano una certa ricchezza minerale per l’Italia continentale e insulare, scarse sono le documentazioni archeologiche e quelle poche di tanto maggior valore in proporzione della loro rarità.
In Sicilia sono ricordati fra i minerali esistenti e sfruttati, l’oro e l’argento, il salgemma nel bacino del fiume Salso o Imera meridionale, le stesse località in cui si trova oggi, gli oli bituminosi nella Sicilia centrale, l’allume nelle isole Lipari e, per documentazioni, ci è nota l’esistenza del piombo e dello zolfo.
Del piombo ci è data notizia da Dioscoride e al Museo Nazionale di Palermo si trovano dieci mance o formar di piombo provenienti da Cianciana in provincia di Agrigento, che hanno il peso di 33 chilogrammi ciascuna, e recano il bollo e il nome dell’industriale L. Plani L. F… (I).
Dello zolfo della Sicilia, invece, nessuna notizia è pervenuta attraverso la tradizione letteraria per quanto si accenni di miniere di zolfo nel Digesto; eppure, a giudicare dalla documentazione, l’estrazione dello zolfo doveva costituire una delle principali industrie metallifere della Sicilia. Giacimenti di zolfo dovevano essere noti nella provincia di Agrigento, per la maggior parte di proprietà imperiale, come di solito erano le miniere, al cui lavoro venivano condannati schiavi e delinquenti (condanne in calcariam et sulfurariam). I monumenti che documentano l’estrazione dello zolfo sono costituiti da lastre di terracotta recanti su di una faccia un’iscrizione in lettere rilevate. tracciate da destra a sinistra, e che collocate nel fondo delle formelle di fusione servivano a dare ai pani di zolfo solido la marca di fabbrica. Non diversamente si usa oggi con le casse dette gavite nel cui fondo sono incisi i nomi delle miniere che rimangono così impressi nelle forme dette balate.
Di codeste lastre di terracotta ne sono conservate sei al Museo Nazionale di Palermo, provenienti dai pressi di Racalmuto in provincia di Agrigento (2). dov’erano stato rimesse in opera in una sepoltura. Cinque, di cui quattro intere od una frammentaria sono eguali: misurano cm. 38X35 di superficie per cm. 4 circa di spessore, e recano l’iscrizione : ex praedis M. Aureli Commodian (1 (figura 1) fra un ramo e due stelle a sei punte in alto e un caduceo in basso.
La sesta, frammentaria, di cm. 41 x 29, e iscritta: (fig. 2) • Imp(eratorum) Aug(ustorum) n(ostrorum) ex officina Porciana cond(uctor) est… (2)
Una ventina di lastre e frammenti si trovano al Museo Civico di Agrigento (3) provenienti anche questi dalla provincia. Scegliendo fra le meglio conservate si possono ricordare le iscrizioni Ex officiniis Gelii Pelori. Imperatori Augusti nostri ex officina Cassiana conductor est….» «…ex officina Porciana conductoris Trigoni» Imperatorum nostrorum ex officina Cassiana conductoris Trigoni ». Codesto conductor probabilmente gestiva le due miniere, la Porciana e la Cassiana, poiché le due tabulae sono contemporanee e caratteristica è la grafia del nome : «mancipum sulforis provinciae Siciliae ».

Dalle formule si deduce non soltanto l’esistenza delle miniere imperiali, altresì qualche dato sull’organizzazione delle stesse che coincide con le notizie letterarie. Lo Stato o l’imperatore cedeva in affitto la miniera e il conductor gestore assumeva l’estrazione e la prima lavorazione dello zolfo.
I mancipes erano, seguendo il concetto del Pace. (4) i capitalisti intermediari che prendevano in appalto lo sfruttamento, simili ai moderni concessionari.
Siamo con questi monumenti in età imperiale, alla fine del II sec. dopo Cristo (180-191) con le lastre recanti il nome di Commodo, al III secolo con le altre
Tuttavia bisogna pensare che lo sfruttamento delle miniere di zolfo fosse in efficienza in età anteriore, romana e fors’anche greca.
Lo zolfo era usato dagli antichi nell’industria della orificeria, in quella vetraria e tessile e inoltre nella medicina e nelle cerimonie di purificazione. Nelle Palilia…, al 21 aprile, i campagnoli purificavano le greggi con l’acqua e con lo zolfo. Nei ludi secolari, le grandiose feste erano precedute da cerimonie di purificazione e i sulfimenta o purgamenta consistevano precisamente in zolfo, torce e bitume, ch’erano distribuiti ai cittadini dai quimdecemviri che sostituivano l’imperatore. Codesta funzione è rappresentata su alcune monete imperiali di Augusto e di Domiziano, sulle quali con qualche variante e rappresentato l’imperatore assiso su di un palco con un cesto ai piedi contenente i sulfimenta che egli distribuisce a due cittadini e l’iscrizione LVD.S oppure SAEC. AVG-SVF. D (sulfimenta dedit) oppure SVF. P. D. ( sulfimenta populo dedit).
Jole Bovio Marconi, Lo zolfo in Sicilia e nell’antichità e le tabulae sulfuris agrigentine, in Giglio di Roccia, gennaio-marzo 1942, n. 1
Note
(l C. I. L. X 2 8073
(2) Salinas, Not. Scavi, 1900 p. 659.
3) Mommsen CII X 2844 pp 857 e 998
4) Arte e civiltà della Sicilia antica p. 395