
Agrigento 19 luglio 1966
Una frana di proporzioni spaventose, un vero terremoto, ha messo in subbuglio, questa mattina l’intera città. Una vastissima zona compresa tra il Duomo, il Seminario e l’istituto Salesiano, la zona della “Bibbirria” e almeno cinque quartieri fino ai nuovi agglomerati urbani di via Dante, è stata giudicata in imminente pericolo. I primi bilanci dicono del crollo di due palazzi di cui uno ancora in costruzione nella zona di via Santo Stefano sotto il rione della “Plebis rea” e della minaccia di altri venti edifici maggiormente quelli costruiti di recente.
Non dovrebbero esserci morti sotto le macerie poiché per fortuna lo stato di allarme s’è diffuso in un baleno.
Ciò che ha permesso alle famiglie di cercare scampo subito nelle strade e nelle piazze è stato appunto la prontezza nel dare l’allarme che ha evitato una vera strage.
Alle 7,10 una telefonata avvertiva il nucleo mobile dei carabinieri che il terreno si era improvvisamente aperto nella zona sottostante al museo diocesano del Duomo. Sul posto si sono portati subito alcuni mezzi dei carabinieri al comando del maggiore Pavia.
La gravità della situazione veniva però resa nota qualche tempo dopo. Drappelli di vigili urbani, poliziotti e carabinieri piombavano sul posto dove maggiormente si era diffuso il panico. I vigili del fuoco accorsi in massa cercavano di fronteggiare altri crolli e contemporaneamente ordinavano lo sgombero delle zone minacciate di vecchi, piccini e donne alcune in stato interessante. Drammatico il trasporto dei paralitici e degli ammalati con mezzi di emergenza.
Alle 11 Agrigento assumeva il volto di una città in preda alla catastrofe. La gente pareva impazzita mentre i servizi di polizia cercavano di fare il possibile per rendere meno caotica la situazione.
Numerose persone sono state colte da malore e da trauma e venivano accompagnate in barella all’ospedale unitamente agli infermi che si trovavano nelle proprie case. La tensione aumentava quando alcune persone del rione “Carmine” tentavano di penetrare nella zona minacciata e venivano fatte allontanare energicamente dalla polizia, poiché proprio li nel tratto di via Garibaldi e l’inizio del viale Porta di Mare veniva segnalato un altro spaventoso cedimento di terreno.
Nel volgere di qualche ora l’ospedale San Giovanni di Dio e le cliniche cittadine erano zeppe di ammalati o di gente che attendeva nella propria casa di affitto la morte su una sedia.
Abbiamo visto personalmente madri portare in grembo i propri piccini là dove minore era il pericolo per porli al sicuro.
Le notizie della frana provocavano anche il panico fra i congiunti delle persone abitanti nella zona del crollo o nelle immediate vicinanze. Il prefetto Giagu, accompagnato dal sindaco e dall’ingegnere capo del Genio Civile ing. Migneco, si recava nelle zone maggiormente colpite dalla frana. Il comando dei vigili urbani inviava due autovetture che percorrendo la città invitavano con altoparlanti i cittadini alla calma.
Lo stesso lavoro faceva subito dopo il questore Gambino dando mandato agli agenti della mobile e a quelli della polizia stradale di tranquillizzare gli abitanti di tutti i quartieri.
Moltissime famiglie hanno evacuato le proprie abitazioni portandosi alla periferia del capoluogo. S’è vista gente recare con sé masserizie e preziosi e scomparire da Agrigento. Più tardi si aveva notizia che un treno merci partito da Agrigento e diretto a Porto Empedocle era stato costretto a fermarsi all’altezza del “Ponte ferro” mentre la linea ferrata in quel tratto aveva subito uno spaventoso cedimento.
Lo stato di emergenza, provoca anche un rapido affollamento degli alberghi e delle pensioni della città. Il traffico appariva congestionato ovunque mentre un carosello di macchine rientrava da San Leone. Erano gruppi di bagnanti e di famiglie colà residenti d’estate e che possiedono appartamenti nella zona vecchia della città. Anche i telefoni si udivano in dissesto, e ciò rendeva più confusa la situazione. Per i tecnici del comune, del genio civile, e dei Vigili del fuoco sembra ancora difficile poter fare un esatto quadro della situazione.
Né si è riusciti ancora a circoscrivere le zone di maggiore pericolo quantunque in molti rioni bivacchino ingenti contingenti di polizia e carabinieri.
Non si conosce intanto l’origine della frana. È stata del tutto esclusa l’ipotesi di una scossa tellurica.
Secondo un tecnico del Genio Civile potrebbe trattarsi di una frana di origine tettonica.
D’altra parte non può in questo momento dirsi se il terreno delle zone del Duomo, della “Bibirria” fino ai quartieri degradanti dal “Giardinello” sino a Santa Croce e all’Addolorata siano di natura rocciosa o meno.
Secondo alcuni abitanti della via Santo Stefano dove più gravi sono state le dimensioni del disastro, si ritiene che la frana sia stata provocata da una falda acquifera che ha minato dopo tanti anni le vecchie costruzioni della zona ovest della città.
Corrado Catania