
Nuovi tempi ed altre antichità d’Agrigento.
Se questa Commissione di antichità dovette negli anni scorsi a buon diritto rallegrarsi pel felice risultamento degli scavi eseguiti in Selinunte e in Segesta (1), non lo dovrà ora meno per la prospera riuscita delle scoverte ultimamente fatte nei famosi ruderi di Agrigento: poichè quantunque bastar dovessero a testimoniare l’antica grandezza di questa città, tuttodi frequentata dai viaggiatori, tanti tempi, o interi o in parte superstiti; pure persuasa questa Commissione, che avessevi ancora da Girgenti molto a sperare per lo progresso delle arti e dell’archeologia, intese ad altri scavamenti e ne commise la direzione ai due architetti Domenico e Saverio Cavallari, ed allo scultore Valerio Villareale, membro della stessa Commissione.
Non erano certo a sprezzarsi i primi risultamenti ottenuti dagli scavi ne’ tempi di Vulcano e di Giove Polieo, dal primo de’ quali avuto aveasi un’architrave e pezzi di cornice dentellata dell’interno del tempio; e dal secondo la trabeazione, senza però la cimasa, e porzione della pianta: ma sono da tenersi ancora in assai maggior pregio le cose scoperte ne’ tempi volgarmente denominati di Ercole, e di
Castore e Polluce; e avranno a nostro avviso di che restar paghi non poco gli archeologi e buon grado sapercene.
Primamente si riconosco già in quello di Ercole tutta la pianta, nella quale la cella mostra di essere stata riformata da Romani, e per la diversità della costruzione, e per la ripartizione in trè cellette dell’opistodomo. Ed ugualmente si sono trovate le parti tutte, che apprestano gli elementi onde ristorarne l’alzato.
Sono già sottoposte alle osservazioni di chi si voglia colonne, capitelli e trabeazione interna. Quest’ultima, in tutto colorita, non solo fa manifesta testimonianza dell’architettura policroma degli antichi, ma ci offre nuove e gentilissime maniere di dipintura, e conforme quanto erasi da me accennato nella descrizione de tempi selinuntini, cioè che gli ornamenti leggiermente incavati nella pietra, i quali vedevansi nelle cornici, disegnavan la traccia del colori che dovean ricoprirli. La forma delle antifisse ivi rinvenute ornate in ambi i lati, offrono vasto campo a molte discussioni intorno al sito, che occupar doveano; e finalmente la interna cornice della cella indica come il tempio fosse nel mezzo scoperto. Da una delle sopraccennate cellette è venuta fuori una statua di marmo di maniera romana; è manca però di testa, di parte delle braccia e de’ piedi.
Mentre ci aspettavamo di veder comparire le parti del tempio di Castore e Polluce, di cui un infranto capitello per lo addietro e pochi rocchj di colonne erano stati lungo tempo materia unica di curiosità ai dotti, vedemmo invece più edifizi manifestarsi, ed un tempio tra questi. La intera pianta e la trabeazione, in parte colorita, di questo tempio sono già sotto gli occhi. Fu tanta la novità e la importanza della cosa, che questa Commissione ne volle segnalare il rinvenimento, facendone rialzare tre colonne e sopra imporre la sua trabeazione. Allato di questo tempio una immensità di rocchj di colonne entro i limiti di un esteso edificio, il cui basamento fa la stessa roccia, han dato argomento a sospettare una stoa o un mercato: ma disavventuratamente non si riconosce affatto il sito delle colonne. La esecuzione di questi scavi, e il ritrovamento di tante cose sì preziose per l’arte, han ritardato la luce al terzo volume della mia opera, che si versa sulle antichità di Agrigento. Ma questo ritardo verrà compensato ampia mente, mi credo, dall’importanza de’ monumenti, che già da me raccolti ed illustrati, verranno tra non guari alla luce.
SERRADIFALCO,
(1) Bull. 183o, p. 261: 1831, p. 177 e 2 15: 1832, p. 161: 1833, p. 169.
BULLETTINO DELL’ INSTITUTO DI CORRISPONDENZA ARCHEOLOGICA PER L’ANNO 1836.
ROMA
1856.