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liceo classico empedocle

Storia dell’istruzione in provincia di Agrigento

31 Gennaio 2019 //  by Elio Di Bella

A cominciare dal periodo greco e da quello romano, le istituzioni scolastiche nell’Agrigentino possono vantare una storia di tutto rispetto ed anche durante le dominazioni degli arabi, degli svevi, degli angioini, degli spagnoli e poi dei borbonici, con l’interessante parentesi dei normanni, fino all’unità d’Italia dal 1861 in poi e le ricerche che sono state compiute danno dei risultati molto interessanti.

Peraltro la nascita della «scuola poetica siciliana» e gli influssi provenzali costituiscono materia di studio fondamentale nella letteratura italiana.

Nel contesto culturale isolano, si inseriscono le istituzioni scolastiche ed educative, che ne costituiscono il lievito della vita, intesa, questa, nell’accezione più ampia.

PERIODO GRECO

Le popolazioni autoctone della Sicilia, Sicani, Siculi, Elimi, che cercarono in un primo tempo di resistere alla penetrazione greca, si fusero piano piano con i nuovi arrivati, tanto che, dal V sec. a.C. in poi, le città che furono fondate, e tra queste Siracusa ed Akragas, furono in grado, ben presto, di competere con la stessa Atene, inserendosi peraltro a pieno titolo nel mondo letterario, culturale e scientifico della Madrepatria.

In particolare Akragas, definita da Pindaro «la più bella città dei mortali», poté vantare la prestigiosa presenza di

Empedocle, che, profondo conoscitore della natura, fu fondatore di una vera e propria scuola di medicina scientifica, che rivaleggiò con quella greca di Cos, nota nell’antichità e che godeva ancora di molto credito al tempo di Aristofane.

Il grande akragantino infatti, approfondendo talune intuizioni di Alcmenone da Crotone, contribuì, e dopo di lui la sua scuola, a far progredire la nascente fisiologia.

Non bisogna dimenticare infatti che Empedocle fu il primo a parlare di respirazione cutanea e ad intuire che la respirazione polmonare è in stretto rapporto con la circolazione del sangue.

Inoltre Gorgia, divenuto pure fa mosso, fu un discepolo divenuto molto noto, come Acrone, anche lui akragantino, e che a motivo degli esperimenti che effettuava, amava chiamarsi “empirico”, poiché quella scuola era di tipo sperimentale.

PERIODO ROMANO

Dopo la conquista da parte dei Romani, la Sicilia divenne la prima «provincia» di Roma repubblicana, tributaria della capitale, e di questo periodo restano testimonianze importantissime di carattere architettonico, con teatri, ginnasi, terme, acquedotti, ma molto scarse ed in incerte sono le notizie sulle istituzioni scolastiche di quel tempo della nostra città, che, intanto, veniva denominata dai conquistatori “Agrigentum”.

Tuttavia non si può non accennare al fatto che nell’opera “De situ Siciliane” del siracusano Claudio Mario Arezzo, pubblicata a Palermo nel 1537, si legge «Erat Gymnasium

prope urbis moenia, non multum a maris litore retorum…omni scientia frequens» (in prossimità delle mura della città, non molto distante dal mare, c’era un ginnasio).

Il riferimento era alla città di Catania e nel ginnasio di cui trattasi si coltivavano tutte le scienze, il che significa dunque che era una specie di studio generale. Le stesse cose si leggono nell’opera «De rebus Siciliane» del saccense Tommaso Fazello. Gli storici riferiscono anche di altri «Ginnasi» a Noto ed a Piazza Armerina, per cui non si può escludere che ce ne fossero degli altri, per cui è da pensare che, via via che in Sicilia si consolidava la dominazione romana, nascessero nuove scuole, sulla falsariga di quelle funzionanti a Roma e nei territori in cui la Repubblica esercitava la sua sovranità.

Peraltro il ritrovamento recente di una villa romana in territorio di Realmente, vicinissimo al mare, dà l’idea della presenza, di alto livello, di patrizi nella zona, similmente alla presenza di un complesso signorile a Piazza Armerina, con i famosi mosaici.

Inoltre Cicerone, che, tra l’altro, aveva fondato a Marsala una scuola di arte oratoria, durante il periodo repubblicano, aveva fatto accettare il principio secondo cui l’educazione e l’istruzione dei fanciulli doveva essere incoraggiata. Non si può pertanto escludere che in Sicilia, come in altre regioni della Penisola, siano sorte scuole municipali. Lo stesso Antonio Pio aveva disposto che tra le spese obbligatorie dei municipi ci fossero anche quelle per il mantenimento delle scuole e per il pagamento degli stipendi agli insegnanti.

Infine, il documento conclusivo del Concilio di Nicea (anno 325), dopo avere messo in evidenza «l’ansia della Chiesa per salvare i fanciulli dalla degradante condizione dell’analfabetismo, rivolgeva una viva raccomanda zione ai Vescovi perché venisse curato questo aspetto della loro opera».

PERIODO ARABO

Durante il medioevo, la Sicilia subì diverse dominazioni, tra cui quella dei bizantini e nel secolo VII gli studi sacri

furono all’avanguardia ed è notorio che il Vescovo di Agrigento San Gregorio si elevava sopra i sapienti del tempo per conoscenze fisiche ed astronomiche ed è notorio altresì che allora non esistevano linee di demarcazione tra l’istruzione religiosa e quella letteraria.

Ma gli Arabi sbarcarono in Sicilia nell’827 e, dopo aver superato la resistenza dei bizantini, completarono l’occupazione nell’875. Durante la dominazione araba, protrattasi per circa due secoli, l’Isola era retta da un «emiro», carica che, ben presto, divenne ereditaria. La cultura riprese a fiorire e particolare impulso ricevettero gli studi di giurisprudenza, teologia, filosofia,

grammatica, matematica e filologia.

Secondo quanto affermato dallo scrittore arabo Ebn Hawqal, nel territorio esistevano molte «mohallems» per l’istruzione dei ragazzi; queste scuole erano generalmente annesse alle moschee ed a Palermo se ne contavano oltre 300, per cui è logico immaginare che anche ad Agrigento, che nel frattempo era stata denominata Kerkent, ci fosse una analoga situazione. Logicamente, lo studio del Corano era la base per tutte le materie.

Durante la dominazione araba, esistevano nell’agrigentino diverse comunità ebraiche, specialmente nel capoluogo, a Cammarata, a Sciacca, a Siculiana ed a Caltabellotta.

Alle loro sinagoghe era generalmente annessa la «meschita», cioè la scuola. Per esempio, a Caltabellotta esiste ancora una “via delle scuole”, che conserva tradizionalmente tale denominazione, nella strada in cui ancora oggi si può notare, sebbene deteriorato, il portale che immetteva nel locale adibito all’insegnamento.

PERIODO NORMANNO

Agli albori del secolo XI, vennero nel Meridione d’Italia i Normanni, che cacciarono gli Arabi. Il nome ne indica le origini; normanno, infatti, vuol dire «uomo del Nord» e costoro, converti tisi al cattolicesimo ed assimilata la civiltà latina, dettero un notevole impulso alla cultura. Il nome di Ruggero II, che si proclamò Re di Sicilia e duca delle Puglie e di Calabria, vale per tutti ed a quel tempo l’isola era il più ricco, potente e moderno Stato d’Europa.

Tra l’altro, i Normanni dettero un determinante impulso all’economia, alla cultura, alle scienze ed all’arte, facendo della Sicilia il centro propulsore della civiltà del tempo, promuovendo la valorizzazione delle diverse culture che emergevano nel territorio. Il periodo normanno, è da tutti riconosciuto, fu il crogiuolo dal quale scaturì il linguaggio letterario, che ebbe rapida e grande fortuna, mentre erano realizzati grandi capolavori architettonici, tra cui, tanto per citarne qualcuno, il Duomo e la cappella palatina a Palermo e la Cattedrale di Agrigento.

Non è stato possibile rintracciare documenti sulle istituzioni scolastiche esistenti, ma pare certo, che, sulla scia della loro apertura politica, i Normanni non proibirono né ai Musulmani né ai Giudei di servirsi delle loro scuole, per cui è lecito supporre che queste continuarono a funzionare anche nell’Agrigentino.

PERIODO SVEVO

Alla morte di Guglielmo II, per mancanza di eredi, viene attuata l’unione del regno di Sicilia con l’Impero ed il piccolo Re, posto per la giovane età sotto la tutela del Papa Innocenzo III, crescendo si fa conoscere in tutto il mondo e Federico, apprendendo la lingua e la stilistica latina, tanto da potere comporre e parlare anche in pubblico,

realizza una così alta perfezione formale, da servire da modello a tutte le altre Cancellerie del tempo, manifestando molteplicità di interessi e diventando protagonista, non solo, ma anche mecenate di scienziati, dotti e poeti.

Dopo la parentesi di Corradino e Manfredi, si spense la casa Sveva, ma Federico II, fedele alla tradizione normanna, incrementò ogni ramo della cultura, che, partendo da una base greco-araba, fecondò il pensiero latino e questo spirito aperto improntò tutte le zone del Regno.

Si può dire che la poesia italiana sia nata alla sua corte, come sottolineato persino dal sommo Dante, che spiegò il fenomeno con la sua impronta, giovane ed intelligente, per cui la Scuola poetica siciliana potè liberamente ispirarsi a quella popolare, che affondava le sue radici nella cultura greca, latina, araba, mentre si sviluppava altresì una produzione giuridica tutta siciliana.

Anche in questo caso, sono pochi i documenti sicuri sulle istituzioni scolastiche del tempo, ma è facile ipotizzare che, oltre alla nota scuola di Palermo, altre scuole, più o meno progredite, siano sorte negli altri centri, dato che è accertato che siano state fondate molte scuole di «arti liberali», chiamandole a reggerle maestri dotti.

PERIODO ANGIOINO

La venuta degli Angioini segnò per la Sicilia un periodo di decadenza, culturale ed economica.  Sacerdoti delle sperdute borgate e qualche Ordine religioso continuarono una tradizione, che aveva radici lontane nel tempo. Col trasferimento della capitale da Palermo a Napoli, decisa da Carlo d’Angiò, l’Isola perdette i privilegi, di cui aveva goduto in precedenza e i Siciliani non tardarono a ribellarsi. La rivolta dei Vespri scoppiò il lunedì di Pasqua del 1282 e si estese a tutta la regione: l’intervento degli Aragonesi

determinò un letale conflitto, che – sintomaticamente – si concluse con la pace di Caltabellotta, il che costituisce la dimostrazione ulteriore che il territorio agrigentino continuava ad essere protagonista delle vicende storiche.

Avvenne però il crollo della potenza sveva, ma anche il tramonto della cultura siciliana, che aveva avuto una notevole preminenza.

Tuttavia, dopo i vespri, le condizioni dell’Isola non soltanto non migliorarono, ma peggiorarono e le scuole finirono col diventare un’entità del tutto trascurabile, per cui soltanto i sacerdoti delle sperdute borgate e qualche Ordine religioso continuarono una tradizione, che aveva radici lontane nel tempo.

PERIODO ARAGONESE

In seguito ai noti eventi storici, Alfonso d’Aragona ereditò anche la corona siciliana e quindi Federico successivamente venne eletto re di Sicilia dal Parlamento, riunito a Catania. Tuttavia la decadenza politica ed economica, seguita alla caduta della dinastia sveva, accompagnò il declino della poesia e della cultura, che si protrasse anche durante il periodo aragonese. La lingua latina non solo diventava via via meno conosciuta, ma si infiorava di termini dialettali, mentre la lingua greca era parlata dai monaci basiliani, che conservavano la tradizione. Durante i secoli XV e XVI, si cominciò a registrare qualche risveglio e degno di menzione, in questo periodo, è Alfonso il Magnifico, classico tipo di principe rinascimentale. Tra le personalità del tempo si possono ricordare il famoso Matteo Carnalivari e Domenico Gagini e quest’ultimo lasciò delle opere anche ad Agrigento-Girgenti e quello è anche il tempo di Antonello da Messina.

Federico d’Aragona aprì nuove scuole, ma in sede locale le autorità comunali, non di rado coadiuvate da sacerdoti, supplirono alle esigenze e nei grossi centri le istituzioni scolastiche diventarono via via più numerose, per cui la situazione diventò meno critica.

Ad Agrigento, nel 1380, nel convento domenicano di questa città, funzionavano scuole per fanciulli, tenute da fra Nicolò di Girgenti. Nel 1419 e negli anni successivi in città insegnò grammatica latina il maestro napoletano Marino Colursio (con la «provvigione» di onze quattro). Nel 1419 le autorità cittadine, «considerando lu universalu fructu et beneficiu ki conquissimu le chitati et terri di la doctrina di li maestri di scola», stanziarono fondi per l’apertura di scuole pubbliche.

Nel 1482 insegnò arti liberali il maestro Bronamunciu de Filoconibus (sei onze il suo salario). Famoso il grammatico agrigentino Nicolò Valla, che fu poi canonico della cattedrale.

La sua opera più importante è il «Vocabolarium vulgare cum latino». In questo periodo, inoltre, continua la tradizione delle scuole ebraiche e, oltre a quella di Agrigento e Caltabellotta, ne viene istituita una a Naro.

PERIODO SPAGNOLO

La Sicilia, in questo periodo, pur non essendo travagliata da guerre, subì le conseguenze di quelle che si combattevano altrove e ne subì i disagi.

Tuttavia non mancò qualche iniziativa culturale. Molto progredita in quel tempo la scienza della navigazione e molto frequentato era il caricatore di Girgenti, in cui si registrava un’attiva marineria ed una notevole esportazione di prodotti agricoli. Le infelici condizioni dell’Isola non potevano non riflettersi negativamente sull’istruzione, ma talune municipalità, e tra queste quella girgentina, presero qualche iniziativa.

Nel 1577 venne fondato a Girgenti il Seminario diocesano e nel secolo XVII la Congregazione delle «Scuole Pie» fu presente ed operante in questa città, dove fondò scuole pubbliche. Per quanto riguarda gli altri centri della «Valle», M. Ciaccio fa sapere che Sciacca vantava una grande tradizione di studi umanistici; inoltre nel 1615 venne fondato, per iniziativa dei Gesuiti, un collegio, che visse un periodo di grande splendore. Nel 1553 un altro collegio di Gesuiti venne fondato a Bivona. Queste istituzioni svolgevano un importante compito di carattere culturale, dato che vi studiavano non soltanto i religiosi, ma anche i rampolli delle famiglie nobili, come risulta peraltro da un pregevole volume di Giuseppe Bondi.

PERIODO BORBONICO

Essendo assolutamente trascurabili gli anni delle dominazioni dei Savoia e degli Austriaci, per la brevità del tempo, si può brevemente accennare che i Borboni governarono la Sicilia attraverso dei Viceré. Soltanto durante gli ultimi decenni del secolo XVIII, la presenza di due Viceré illuminati, Domenico Caracciolo e Carlo d’Aquino, registrò qualche miglioramento, anche nel settore dell’istruzione e nel secolo XIX si registrò un notevole risveglio culturale, specialmente, ancora, per opera dei Gesuiti, che erano rientrati in Sicilia nel 1805, dopo l’espulsione decretata nel 1767. Di questo periodo vale la pena di ricordare Padre Fedele Tirrito, cappuccino, nato a San Biagio Platani, poeta, drammaturgo ed apprezzato pittore, nonché Gaetano Di Giovanni, nato a Casteltermini, sto rico e studioso di tradizioni popolari.

Durante il periodo borbonico si vissero alcuni momenti assai felici sul piano dell’istruzione ed in questo interessante panorama eccelse la figura di Giovanni Agostino De Cosmi, nato a Casteltermini nel 1726 e che fu chiamato a ricoprire il prestigioso incarico di Direttore generale delle scuole normali della Sicilia, cioè delle prime scuole pubbliche elementari istituite a favore degli adolescenti delle più umili classi sociali: indubbiamente un segno di lungimiranza dei governanti.

Queste scuole comprendevano due corsi: il primo per i fanciulli da 7 a 9 anni e duravano appunto due anni ed il secondo per i ragazzi di 10 anni ed anche questo aveva una durata di due anni. Molto poco, ma era un inizio.

Un contributo all’istruzione femminile e che in parecchie località fu consistente, fu offerto dai «Collegi di Maria», sorti a partire dal 1721: operarono, oltre che a Girgenti, a Canicattì, Favara, Licata, Naro e Palma.

A Casteltermini risultavano operanti due scuole primarie, sorte per iniziativa dei maestri Capizzi e Pecora, ma anche in tutti gli altri Comuni della provincia esistevano scuole simili. Per ciò che riguarda gli altri tipi di scuola, è da segnalare che, annesso al Seminario Vescovile, operava egregiamente il «Collegio dei SS. Agostino e Tommaso», con un corso di sei anni e con cattedre di diritto canonico e di diritto civile. Nell’ultima fase della dominazione borbonica, vennero istituiti in Girgenti un ospizio maschile ed una scuola serale per adulti, oltre che scuole di grammatica, di calligrafia e di disegno. Negli altri Comuni funzionavano Collegi di studi a Bivona, Licata, Naro e Sciacca, nonché una scuola secondaria a Cammarata e la Casa degli Scolopi a Palma, che si occupava di scuole sia primarie, che secondarie. Una scuola «lancasteriana» venne istituita nel Comune di Girgenti nel 1820 ed altra nel 1832 nella frazione Molo, alla Marina.

DOPO L’UNITÀ D’ITALIA

Le circoscrizioni territoriali che prima erano dette «Valli», assunsero il nome di Province: Palermo, Catania, Messina, Caltanissetta, Noto (successivamente il capoluogo fu spostato a Siracusa), Girgenti e Trapani. Dopo lo sbarco di Garibaldi a Marsala, il pro-dittatore Mordini, con un decreto del 27 settembre 1860, dispose l’istituzione di asili infantili in ogni capoluogo sia di provincia, che di circondario «a carico della carità privata» ed, in mancanza, a carico dei Comuni. Per quanto riguarda le scuole elementari, per un certo periodo si continuarono ad applicare le norme emanate durante il regime borbonico e c’erano scuole elementari in tutti i Comuni, anche se, nei piccoli centri, limitate alle prime due classi.

Nei «Documenti sull’istruzione elementare nel Regno d’Italia» del 1870 si legge che a Palermo ed a Girgenti si era registrato qualche progresso nell’istruzione popolare.

Da sottolineare che il Consiglio Provinciale di Girgenti nel 1861 deliberò di concedere un “premio” di Lire 2.000 a favore di ogni Comune della Provincia che avesse aperto un asilo infantile.

Da notare inoltre che, per effetto di altra deliberazione del Consiglio Provinciale del 1867, nel Convitto Provinciale «Principe Umberto» si impartiva non soltanto l’insegnamento elementare, ma anche il francese, la musica, la ginnastica, il disegno, la scherma ed il ballo.

Nella città dei templi, continuò a svolgere un lavoro pregevole il Collegio di Maria ed operava inoltre l’Istituto «Schifano» per le fanciulle benestanti, che ricevevano l’educazione fino ai 18 anni. Presso il Seminario diocesano intorno al 1870 cessò di funzionare il prestigioso Collegio dei «SS. Agostino e Tommaso».

Infine in questo primo periodo dell’unità d’Italia, con decreto luogotenenziale del luglio 1861, vennero organizzate nelle città di Palermo, Catania e Girgenti delle «Conferenze Magistrali», nelle more dell’istituzione di scuole magistrali. Le scuole elementari rimanevano chiuse dal 20 luglio al 1 novembre, proprio per consentire ai maestri privi di titolo di acquisirlo.

Il Liceo-ginnasio di Girgenti, inizialmente denominato «Scinà» e poi intitolato ad Empedocle, fu istituito tra il 1861 ed il 1889. Cominciò a funzionare la Scuola «normale» (magistrale), intitolata a Raffaele Politi. Nel 1862 incominciò a funzionare una scuola «tecnica», poi diventata Istituto Tecnico, con sezioni di Agrimensura e Ragioneria. Nel 1866, a causa dello scioglimento delle corporazioni religiose, cessò di funzionare il Collegio dei Padri Filippini.

La città di Sciacca, che vantava una lunga e pregevole tradizione nel campo degli studi umanistici, grazie anche alle iniziative svolte dai Gesuiti, ebbe la istituzione di un regio ginnasio, intitolato a Fazello. Altrettanto avvenne a Bivona, con un regio ginnasio, come risulta dal volume di Giuseppe Bona «Istituzioni scolastiche in Sicilia».

FRANCESCO CRISPI E NICOLÒ GALLO

Lo statista riberese, eletto Deputato al Parlamento di Torino, dopo l’Unità d’Italia, si interessò anche dei problemi della Scuola. Francersco Crispi, in un famoso discorso, tenuto a Palermo nel 1865, con sorprendente lungimiranza e con molta chiarezza, tracciò le linee di quelle che oggi si chiamerebbero «riforme di struttura» e, tra l’altro, propose di dare autonomia piena alle Università e di concedere l’istruzione inferiore alle Province ed ai Comuni, rendendo gratuito ed obbligatorio l’insegnamento. Per quei tempi, era una proposta veramente rivoluzionaria, dato che, fino ad allora, nella maggior parte dei casi, l’istruzione era riservata ai figli delle famiglie benestanti.

Successivamente Crispi, quando il Parlamento si trasferì prima a Firenze e poi a Roma, continuò questa sua battaglia ed in seguito, divenuto Presidente del Consiglio dei Ministri, cercò di mettere in atto direttive del genere, alcune delle quali furono subito attuate, mentre altre furono realizzate successivamente al suo ritiro dalla politica.

Resta, comunque, il punto fermo dei programmi da lui tracciati. Altro statista agrigentino fu Nicolò Gallo, nato a

Girgenti nel 1849 e che fu grande avvocato, scrittore, Deputato e poi Presidente della Camera dei Deputati ed infine Ministro della Pubblica Istruzione e di Grazia e Giustizia.

Nel campo dell’istruzione, affrontò in modo innovativo importanti problematiche scolastiche, quali quelle della scuola dell’infanzia, allora quasi inesistente, quello dell’obbligatorietà delle scuola elementare, della scuola media unica, della riforma della secondaria superiore e dell’istituzione delle scuole professionali.

Si trattava di problematiche di grande valenza sociale, ove si consideri che nel 1901 in Italia, a 40 anni dalla legge Casati, che prevedeva l’istruzione elementare obbligatoria solo per due anni, su una popolazione complessiva di 33 milioni, ben 23 milioni erano analfabeti. Il sistema scolastico allora prevedeva 4 anni di scuola elementare, di cui 2 obbligatori e gratuiti e ciò costituiva certamente un limite alquanto inadeguato. Altro limite era costituito dalla mancanza di maestri, la cui assunzione e retribuzione erano lasciate alla discrezione dei Comuni.

Gli alunni per classe erano fino a 70, ma la frequenza era scarsissima, perché i genitori, per motivi economici, incominciavano ad avviare i figli al lavoro in età tenerissima.

Nicolò Gallo si preoccupò anche dell’istruzione secondaria, attuando, da Ministro, diverse innovazioni, avendo intuito, in maniera moderna, che andava istituito anche un sistema obbligatorio per la scuola secondaria di primo grado.

L’uomo politico agrigentino, che fu anche consigliere comunale a Girgenti ed anche assessore municipale, era stato anche eletto nel 1889 Presidente del Consiglio provinciale con 37 voti su 38 e fu sempre fedele seguace de conterraneo Crispi, cui dimostrò affetto e devozione, anche nei momenti difficili. Nicolò Gallo, divenuto Ministro della Pubblica Istruzione nel 1898 con il secondo Governo Rudinì, assunse il delicato incarico con grande serietà ed impegno, tanto da essere considerato uno dei migliori Ministri del settore. Presentò un disegno di legge rivoluzionario, per migliorare le condizioni dei maestri elementari e per sottrarli all’arbitrio dei Comuni.  Il Consiglio Provinciale di Girgenti nel 1861 deliberò di concedere un “premio” di Lire 2.000 a favore di ogni Comune della Provincia che avesse aperto un asilo infantile

” 24 Marzo – Aprile 2006

ancora Ministro della Pubblica Istruzione nel gabinetto Saracco dal giugno 1990 al febbraio 1901, attuando un nuovo assetto amministrativo del Ministero e delle scuole. Testimonianza del suo impeccabile impegno è lo studio su «L’educazione e l’istruzione nelle scuole secondarie», scritto nel 1889 e pubblicato dalla «Nuova antologia» il 16 ottobre del 1900.

Il 5 dicembre 1900, mentre era ancora in vita (morirà nel 1907 a Roma) il Consiglio della Scuola tecnica di Girgenti deliberò all’unanimità di dare a quella scuola il nome di Nicolò Gallo, per testimoniare l’ammirazione ad un uomo illustre, che «è il decoro non solo di queste contrade, che lo videro nascere, ma dell’intera nazione».

Il resto, riferendosi al XX secolo, è storia di ieri, anzi sarebbe cronaca.

Gaetano Allotta

in Agrigento Nuove Ipotesi marzo-aprile 2006

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, istruzione

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