
Socrate non crede nell’esistenza di una verità assoluta, ma piuttosto ci dice dubitiamo, esaminiamo valutiamo insieme, cerchiamo di stabilirla criticamente insieme una qualche nostra comune opinione. Questo il senso anche del suo dialogo e dei vari momenti del suo dialogo.
Il valore del suo metodo di conoscenza sta tutto nel dubbio, ma è un valore positivo, costruttivo, che possiamo dire in qualche modo consacrato nel motto “conosci te stesso”, cioè dubita di te stesso, però rifletti con te stesso e con gli altri, scruta dentro di te, non appagarti di ciò che appare, di ciò che è superficiale. Guarda invece dentro il tuo essere vasto e profondo. E’ un’opera difficile, penosa, che però può svelare il nostro io e svelandolo intensificare e promuovere la nostra coscienza.
Non si tratta di una conoscenza psicologica, ma è una profonda riflessione del soggetto su se stesso per una più autentica relazione con sé e con gli altri. La prima verità, se c’è una verità, da conoscere è la verità su di noi. Il primo oggetto di conoscenza è quello che noi siamo e noi siamo quel che facciamo. Allora il significato socratico del conosci te stesso sta quindi nella capacità di organizzare la nostra vita umana secondo scienza e coscienza, realizzare un processo interiore che deve coordinare ed esprimersi nella capacità di mettere insieme tutte le nostre forze, tutti gli impulsi dello spirito.
Alla fine si tratta dell’uomo e di tutto ciò che lo riguarda. Già la filosofia sofistica aveva realizzato questa grande svolta antropologica nella storia della filosofia, passando dalla riflessione sulla natura alla riflessione sull’uomo. Però la riflessione sofistica si esauriva in delle schermaglie dialettiche, in una certa oratoria che spesso sfociava nella demagogia, e quindi lasciava un gusto e un senso di vuoto, una certa povertà interiore. Invece, Socrate va direttamente alla scoperta di sé, conoscenza di sé in modo anche più semplice, più autentico.
Così come abbiamo già detto, parlando di Socrate come fondatore del concetto – Socrate interrogava sofisti e chiedeva che: “cosa pensi della giustizia ? della saggezza ? del coraggio? è l’interrogato ricercava di cavarsela fornendo degli esempi intorno a queste domande.
Non forniva una definizione chiare, come vuole Socrate desiderava. L’opinione del sofista sorgeva, partiva da casi singoli, dalla valutazione dei vari casi singoli, ma non si concludeva con una definizione di carattere generale, con un concetto. Socrate nel cercare il concetto cerca l’essenziale, che costituisce i rapporti tra le cose singole, costituisce il loro legame e la loro stessa natura. Anche per questo alla fine Socrate ci dice che “sa di non sapere”, dichiara la sua ignoranza. La presunzione del del sofista, la saccenteria dei sofisti, ma poi durante il dialogo veniva di fatto alla fine dall’ironia socratica, Socrate diventava più stringente, più aggressivo e allora il sofista cedeva, e alla fine anche doveva confessare la propria ignoranza e rinunciare alla presunzione di avere ferree certezze.
la maieutica
A questo punto gli interlocutori di Socrate chiedono pertanto a Socrate di esprimersi, di rispondere alla domanda posta all’inizio del dialogo. Ma Socrate continua ad affermare di non sapere, ma si dimostra capace di un’arte meravigliosa, l’arte, cioè di estrarre dalla mente, dalla coscienza, dall’esperienza stessa dell’avversario la scienza vera che vi è riposta nel profondo. Socrate insomma dice che lui alla fin fine fa lo stesso mestiere di sua madre che era un’ostetrica e come la madre assisteva ed aiutava le partorienti, le aiutava a partorire quel bambino che certamente non era stata l’ostetrica ad avere messo dentro l’utero materno, così Socrate diceva di se di praticare la maieutica.
Il filosofo dice di sé io sono come mia madre pratico l’arte dell’ostetrica ma applicandola però alle facoltà mentali. Socrate ci aiuta partorire, a portare alla luce la verità che è dentro di noi. Interrogando, dialogando aiuta gradualmente a scendere nella profondità della nostra autocoscienza, del nostro mondo di conoscenze interiori. Aiuta ad esplorare se stesso ad avviare un processo di autoconoscenza, che anche un processo di auto educazione; quindi con la maieutica, Socrate mira a portare a chiarezza una scienza personale che già mi preesisteva, ma che per manifestarsi però aveva bisogno di un abile ostetrico o meglio dire di un abile educatore.
preferiva dialogare piuttosto che scrivere
Così, insieme, dialogando si rivela un sapere che si crea nei discorsi tra gli uomini; un sapere che ha in se stesso anche la sua misura, la sua legge, un criterio che non nasce e cresce dall’esterno, ma si svolge nell’intimo del soggetto attraverso. Una verità che abita in ciascuno di noi e si crea mediante il dialogo e si potenzia attraverso il dialogo. Per questo egli non lasciò nessuno scritto e non sappiamo di lui grazie agli scritti di Platone. Socrate evidentemente pensava che un libro non può risponderti, non puoi entrare in dialogo con un libro.
Elio Di Bella