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Nietzsche: i fatti e le interpretazioni

27 Marzo 2020 //  by Elio Di Bella

Nietzsche (fonte ilfoglio.it)

Mentre il pensiero di Hegel era stato sistematico e ordinato –  partendo cioè da un principio primo faceva derivare da esso tutta una serie di conseguenze che considerava logiche-  al contrario, tutta la filosofia di Nietzsche si presenta come antisistematica.

Nietzsche è convinto che non è possibile una visione del mondo come un tutto bene ordinato e pertanto non costruisce un sistema.    Una visione del mondo bene ordinata   è soltanto una nostra esigenza per paura del caos, è un’ esigenza del tutto umana di dare un ordine alla realtà, invece,  le cose stanno molto diversamente secondo Nietzsche che ci invita piuttosto a riconoscere l’irrazionalità e il caos per dire il nostro sì alla vita.

Il suo è proprio un diverso modo di filosofare rispetto a quello del passato anche dei filosofi a lui contemporanei.  Pertanto le sue opere più importanti non si presentano come un’esposizione lineare, ordinata del suo pensiero, ma piuttosto sono caratterizzate da una scrittura piena di metafore, aforismi che hanno molto spesso il carattere del proclama, della profezia, della parabola   dell’invettiva, cioè dell’accusa e della denuncia.

Lui non ci presenta un ordine logico da seguire, ma piuttosto delle continue contraddizioni,  dei continui salti, per cui il suo modo di pensare risulta anche piuttosto difficile da comprendere e il suo linguaggio simbolico ha spesso significati che si sovrappongono perché è tutto un gioco fatto di allusioni e per noi è difficile, molto spesso, interpretare, decifrare il suo pensiero, per cui ancora più difficile riuscire a farne una sintesi per parte.  Considerate anche che tante volte ha rivisto le sue riflessioni nel corso degli anni.

Anche per questa difficoltà di interpretazione alcuni hanno tirato Nietzsche dalla propria parte facendogli dire ciò che hanno voluto. Lo hanno fatto i nazisti come anche quelli che hanno voluta dare un’interpretazione persino mistica e religiosa del suo pensiero. La sua filosofia in realtà probabilmente ha avuto anche   un compito che Nietzsche gli avrebbe  dato,  cioè quello di liberare il soggetto, l’uomo da un certo tipo di razionalità da un certo modo di ragionare rigido sistematico e questo lo ha portato  naturalmente ad avere un atteggiamento distruttivo nei confronti della filosofia della morale, della religione della scienza della storia della società occidentale in particolare.

Egli si scaglia contro tutti i cosiddetti valori, le cosiddette verità,  leggi,  costruiti nel tempo dalla cultura occidentale. Si scaglia contro quelle che lui chiama menzogne millenarie,  che sono state credute venerate dagli uomini e servite dagli uomini, perché gli uomini non amano il disordine e l’irrazionale e così per sopravvivere cercano piuttosto l’ordine, la compostezza, forti rassicurazioni contro il caos. 

Egli vuole invece sovvertire con audacia questa compostezza e quest’ordine perché ritiene che fondamentalmente si tratti di una ipocrisia che è anche  durata troppo a  lungo nella storia della civiltà occidentale e che adesso lui vorrebbe smascherare e   smantellare. Vuole buttare giù   l’ impalcatura culturale esistente sin a suo tempo, ma senza imporre nessuna nuova verità assoluta, quanto piuttosto nuovi criteri, nuove chiavi di lettura, ma da buttare via al più presto, a cui non affezionarsi troppo.  Per questo possiamo dire che Nietzsche è stato un pensatore inattuale, cioè proprio al di fuori dell’attualità del suo tempo e persino in qualche maniera anche del nostro tempo.

Egli vuole rovesciare interi idoli e pseudovalori, ama piuttosto la gioia del distruggere, è dinamite,  si propone come l’Anticristo in opposizione  alle falsità  spacciate per verità assolute,  in cui l’uomo ha creduto  e che ha  servito,  annullando il senso stesso dell’autentica esistenza, se mai la vita abbia un senso. L’uomo finora è rimasto chiuso nei rassicuranti miti della religione della scienza,  della storia. Adesso Nietzsche mette totalmente in discussione tutte queste false certezze  e comincia con quelle legate a certi significati che diamo alla storia.

il senso della storia

Il senso della storia, intesa come una meccanica successione di eventi,  come uno scorrere di giorni,  di notti,  in alcuni casi dominato persino da una concezione provvidenzialistica, per cui ci sarebbe un  Dio o una Ragione assoluta  che guida la storia umana, personale e collettiva  e dispensa giustizia,  condanna, assolve; tutto ciò non fa parte dell’idea che Nietzsche ha della storia e della storiografia.  Non accetta la storia come maestra di vita e neppure come museo della memoria,  perché il passato non fornisce  strumenti per comprendere esperienze, criteri che possano aiutarci a costruire il futuro.

Non è possibile imprigionare il passato in rigidi schemi,  costruendo una specie di museo della memoria, da cui prendiamo ciò che ci può servire per avere  una più lucida  consapevolezza del presente e  per regolarci per l’avvenire e per il divenire. In quest’ottica egli distingue la storiografia in tre tipi di storia: la storia monumentale,  la storia archeologica  e la storia critica.

La storia monumentale è quella che esalta il passato,  che crea  miti ma  produce fanatismo. Una storia in cui troviamo generali, eroi, grandi letterati e padri della patria   che hanno trionfato nel passato e a cui appunto innalziamo dei monumento nelle nostre piazze. trionfano e in cui il passato, le cui gesta  vengono  divinizzati.

Ma appunto è fatta invece di fatta di modelli che non si trovano più nel presente, quindi servono per le nostre aspirazioni e per combattere le nostre grandi battaglie dei grandi momenti della storia passata, possiamo ricavare, ricordare. Quella grandezza che una volta fu possibile, ma che possibile sarà anche un’altra volta.  Il passato viene mitizzato, falsato ed esaltato così da renderlo degno di imitazione, ma ciò può condurre al fanatismo.

Abbiamo la storia antiquaria o archeologica che viene incarnata negli oggetti,  nelle testimonianze, nei culti insomma nelle  tradizione di un passato che però in realtà non c’è più e di cui abbiamo persino smarrito il senso, anche se continua ad essere presente nell’oggi appunto come tradizione, ossia come qualcosa che arriva da lontano, che ci è stato trasmesso e lo continuiamo a spolverare come un antiquario spolvera nel duo negozio antichi mobili. 

Abbiamo  cura delle nostre origi, della cultura e degli eventi lontani in cui ritroviamo le nostre radici e pensiamo di avere il dovere di perpetuarne la memori. In questo modo la storia viene mummificata. La storiografia antiquaria inaridisce il presente ed è incapace di generare qualcosa di nuovo perché attaccata più che altro nostalgicamente al passato.

Abbiamo infine la storiografia critica.  Attenzione ci dice Nietzsche non dobbiamo   gettare via il bambino con l’acqua sporca, cioè   gettare via il passato considerandolo complessivamente solo come un peso, perché  anche questo è un errore. Occorre invece un diverso modo di considerare il passato,  un modo critico.  Occorre partire dal presente e usare il presente come unità di misura per giudicare quanto del passato può essere ancora valido,  perché noi,  comunque sia, siamo pur sempre figli del passato, con le sue luci e  le sue ombre e dunque è irragionevole staccarsi dal passato, oltre che pericoloso. La storia   di per sé non è né “buona” né “cattiva”. Ciò che la rende positiva o negativa è l’utilizzo che facciamo di essa: è “positiva” se da slancio alla vita, è  energia creativa, è “negativa”    frena la vita.   

Con queste considerazioni in particolare Nietzsche   intende porre in luce una questione che gli è molto cara: non esistono fatti, ma interpretazioni. Ma questo approfondiremo in un’altra lezione questo aspetto.  

Categoria: In 5 Minuti, Scienze UmaneTag: filosofia, nietzsche

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