di Mario La Loggia
Con l’evento del 19 luglio 1966, chiamato frana, ma che frana non fu affatto (!), si instaurò un vero e proprio processo politico contro tutta la burocrazia e tutta la classe dirigenziale della Città.
Si parlò di abusivismo edilizio e si disse, inventando tutto di sana pianta, che vi era stato un cumulo di licenze di fabbricazione “in deroga” ai regolamenti; si parlò di grattacieli che furono definiti spregevolmente “tolli”; si parlò di palazzinarismo; si parlò di cosche, di corrotti e di corruttori; e, di contro, di moralisti (da qual pulpito venne la predica !) e di giustizieri; si fecero opere colossali in deroga (queste sì !) a qualsiasi vincolo archeologico; si costruì un intero quartiere, autentico ghetto e covo di delinquenza; ecc. ecc.
Ho detto delle licenze edilizie, cosidette in deroga……….
Chi non sa la storia, potrebbe pensare che si trattò di concessioni in deroga a leggi o regolamenti, arbitrarie o cervellotiche, da parte delle amministrazioni dell’epoca; e poiché quelle amministrazioni furon dette democraticocristiane, ergo, “dagli all’untore”, contro la D.C.
Nulla di più inventato….. Do in succinto la storia e, quindi, la verità.
Il Consiglio Comunale di Agrigento, in alcuni anni di studio che vincolò due amministrazioni, quella di Altieri e quella di Lauretta, emanò un regolamento edilizio, sulla falsariga di quello di Milano, che fu approvato, dopo esauriente discussione, inviato all’organo di controllo, da qui alla Regione Siciliana, da questa restituito perché il testo fosse adeguato ad alcune norme urbanistiche, riesaminato dal Consiglio Comunale, di nuovo sottoposto alla Regione e da questa approvato con decreto interassessoriale, dopo il parere della
Sezione Urbanistica del Provveditorato alle OO.PP.
In detto Regolamento, all’art. 39, fu stabilito che l’altezza massima dei fabbricati venisse fissata in metri 26, ma che l’altezza media non dovesse superare due volte e mezza la larghezza della strada, salvo deroghe speciali da esaminarsi caso per caso e da approvarsi dalla Giunta Comunale, dopo il parere favorevole della Commissione edilizia, con apposita deliberazione da sottoporre all’organo tutorio per il controllo di merito e di leggittimità: da notarsi, a scanso di perduranti, gratuiti equivoci, che le zone dove avrebbero potuto essere costruiti i fabbricati in deroga furono concordate dalla Amministrazione attiva con i Capigruppo Consiliari e indicate in una pianta colorata che fu distribuita a tutti i consiglieri comunali.
Le deroghe furono concesse, quindi, in osservanza a un regolamento edilizio comunale, dal Consiglio, rappresentante di tutta la Città, e approvato a larghissima maggioranza (30 voti favorevoli, 5 contrari, 5 assenti).
Non furono autorizzazioni di partito o del partito di maggioranza, come certa stampa, prezzolata e faziosa, alimentata da bene individuati politici, cercò di far credere: e i gonzi e i non informati vi credettero !
Ma codesto è un argomento che va approfondito, meglio sviscerato, documentato (e i documenti vi sono !), raccontato senza limitazioni di pagine o di tempo.
Dovranno essere esaminate, una per una, le concessioni ai sensi dell’art.39 del Regolamento Edilizio; dovranno essere individuate le zone in cui sono sorte le concessioni in deroga e constatare se la deroga corrispose al dettato dell’art.39: dovranno essere illustrati tutti i particolari, perché la storia, finalmente, sia acclarata e detta!
Ad ogni buon fine è giusto dare atto che tutti i presunti responsabili del “sacco di Agrigento” (così fu chiamato) Amministratori e Amministrativi, nonché i destinatari delle licenze, furono tutti assolti in istruttoria perché “il fatto loro addebitato non era sussistente” !
Più eclatante fu l’evento del 19 luglio 1966, per il quale, per oltre un decennio, fiumi di inchiostro si sono consumati in Italia e anche all’estero.
Per detto evento, dopo la spinta della medesima stampa scandalistica, furono nominate ben tre commissioni di indagini: una politica che faceva capo al Dott. Martuscelli, che l’Espresso del 16/10/1966 definì un “galantuomo dell’altro secolo inviato da Quintino Sella ad una conferenza di Liborio Spaventa”, che venne ad Agrigento per dimostrare un teorema prefabbricato e scritto nella segreteria dell’On. Mancini, Ministro del LL.PP., e che, pertanto, fu accompagnata da un “can can” di musica ad hoc; una seconda, tecnica, la Grappelli, la quale pur essendo stata nominata dallo stesso Ministro, per la sua natura e la sua composizione non poté essere addomesticata; una terza, giudiziaria, nominata dalla magistratura.
Si parlò di frana dovuta al “peso dei palazzi”, non rendendocisi conto della enormità e della banalità delle affermazioni; si prospettò anche la possibilità della influenza negativa di alcune cave di materiale per costruzioni, esistenti proprio a sud della zona incriminata, sulla funzione di contrafforte che la natura aveva assegnato a quel blocco calcarenitico; ma, principalmente, la relazione Martuscelli cadde in una tale serie di contraddizioni e di errori da essere oggetto di querela da parte del Sindaco pro-tempore Dott. Lauretta.
I “corifei” osannarono alle conclusioni della Martuscelli, che indicò nella classe dirigente dc. i responsabili del sacco di Agrigento; nessuno, o pochissimi, lesse il responso della Grappelli o quello del Giudice Istruttore, i quali indicarono in una deformazione, sino alla rottura, delle argille plioceniche, per fatti di assestamento, e per proprietà fisico meccaniche delle stesse argille, la causa di quell’evento. Nulla vi poté, quindi l’uomo ! Ma, per trattare esaurientemente codesto secondo capitolo, non un solo volume sarebbe necessario ma una serie di volumi non disgiunti da una efficienza fisica che comincia a
mancarmi: lascio ai più giovani, in conclusione, la trattazione analitica delle vicende di quel decennio.
fonte rivista “Agrigentini a Roma e altrove”