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gruppo fokloristico siciliano

L’unità spirituale dei siciliani è intramontabile

31 Agosto 2022 //  by Elio Di Bella

le qualità spirituali dei siciliani nei secoli secondo l’archeologo Paolo D’Orsi

L’autore di questo brano è un veneto che passò la maggior parte della sua vita a investigare sagacemente il patrimonio archeologico dell’isola, riuscendo a capire perfettamente lo spirito del popolo siciliano.

L’Etna fu il grande osservatorio, da cui già i primi abitatori potevano, pieni di stupore, abbracciare d’un solo sguardo questa meravigliosa terra, cinta dal terso e fragrante mare: ma esso fu altresì il segnacolo ai remoti navigatori di una mèta misteriosa ed ambita, di una terra benedetta, che poi parve e fu una seconda Grecia, ma più ricca e più fertile, sacra ai miti dei Lestrigoni e dei Ciclopi (espressione dei tuoni e dei boati vulcanici), di Tifeo, di Ades, di Persefone, divinità tutte sotteranee, simboli delle forze endogene, inerenti alla natura del suolo dell’isola.

La Sicilia gemma del Mediterraneo

Terra unica al mondo di bellezza e di feracità, gemma del Mediterraneo, su cui per ineluttabile fatalità storica dovevano convergere popoli disparatissimi, avidi di conquista politica, che, allora come oggi, significava necessità economica. Un popolo primitivo e semplice, il Siculo, di cui ho cercato delinearvi la civiltà dai tempi più remoti fin verso il 500, occupò gran parte di quest’isola nei secoli che non si contano: esso venne sopraffatto, non però distrutto dai Greci, che col loro genio ne fecondarono le rudi qualità fisiche e spirituali.

Un forte substrato di questa antica razza visse e perdurò, sovrattutto nelle regioni montane accanto a Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni e Spagnoli e perdura tuttora. Il suo spirito di fierezza e di indipendenza fu il carattere fondamentale di questo popolo, come lo è del Siciliano attuale, prodotto della fusione di genti disparatissime adagiatesi, nell’isola, fuse ed assimilate, e per il lungo soggiorno profondamente modificate dall’ambiente nell’intima loro psiche.

Non solo l’antropologia prova la sopravvivenza di questa stirpe vetustissima; ma forse anche nella poesia popolare dei campi, se ne ha una eco lontanissima: poesia tutta pervasa di una nota di tristezza, che sgorga dal servo della gleba, perennemente oppresso, perennemente ribelle. Forse essa racchiude oggi ancora, a distanza di tanti secoli, lo spasimo dell’anima sicula, tenuta sotto il giogo romano, e che nelle guerre servili fornì il nerbo delle forze ribelli.

In Sicilia i Greci innestarono la loro raffinata civiltà

Sul rude, ma vigoroso ceppo siculo, i Greci innestarono la loro raffinata civiltà, il loro genio brillante: l’anima sicula ne fu pervasa e per lento processo ne uscì trasformata. Assai più diedero i Greci ai Siculi, che non questi a quelli; ma i tardi Sicelioti dell’interno furono in età greca più Siculi che Greci, e rappresentano anche nei secoli successivi quelle forti tempre che oppongono maggior resistenza alle nuove invasioni.

Gli stessi Greci di Sicilia, dopo tre secoli di soggiorno nell’isola, si sentivano qualche cosa di diverso dai greci dell’Eliade, ed al congresso di Gela (424), Ermocrate proclama altamente che i Greci di Sicilia si devono considerare Sicelioti, unicamente intesi al bene della loro Isola, e non Dori o Ioni (Tucidide, IV, 64 da Timeo). E poco dopo Dionigi riprendendo l’idea politica dei Dinomenidi, mirò ad unificare l’Italia ellenica, precorrendo la grande politica lentamente condotta poi a termine da Roma. E da questa fusione di energie sicule e del genio greco che emanano opere mirabili nel campo delle arti, delle industrie e delle lettere ed anche della politica.

Come dai detriti dell’antico popolo etrusco sgorga la rinascita italiana del sec. XV-XVI, coi geni sovrani di un Leonardo e di un Michelangelo, così, dopo i secoli della dura servitù romana, bizantina ed araba, appena i Normanni risollevano nel nome del cristianesimo il quasi spento sentimento della dignità nazionale, abbiamo col suo rinascere la meravigliosa fioritura dell’arte normanna e sveva.

Antonello da Messina, genuina espressione del genio siciliano

Ed anche in Sicilia brilla, nel fulgido quattrocento, una meteora luminosa, Antonello da Messina, genuina espressione del genio siciliano, ed alla sua volta comprendente in largo amplesso (come ben lo definì A. Venturi) tutte le energie artistiche dell’isola, dai Siculi e Greci agli Arabi ed ai Normanni. E questa la misteriosa e miracolosa funzione di assimilazione etnica e spirituale esercitata nei secoli dalla Sicilia, assorbendo i suoi conquistatori e trasformandoli in figli devoti ed operosi di essa, in Siciliani.

Dagli Svevi in poi seguono da capo secoli di nuove signorie straniere, durante i quali la Sicilia sembra perdere la sua coscienza nazionale, o ne ha un vago ed oscuro sentimento: eppure essa lo afferma sempre attraverso continue irrequietezze e rivolte, sempre anelando ad una monarchia veramente nazionale. La storia di Sicilia dai Normanni in poi, nel lungo e grigio medioevo politico che incombe su di essa fino al sec. XIX, è tutta una storia di fiere lotte per raggiungere questo ideale.

Ideale che trovava il suo pieno esaudimento appena 63 anni addietro, quando l’isola entrò parte ambita ed inscindibile nel grembo della gran madre Italia. A questa gran madre la Sicilia, devota e riconoscente, ha dato enorme tributo di sangue generoso e di fervide energie nell’ultima immane lotta, che ne ha rivendicati i giusti confini dalle vette nevose dell’Alpi al mare africano.

Paolo Orsi

(Da La Sicilia preellenica in «Atti della Società Italiana per il progresso delle Scienze», XII Riunione di Catania, aprile 1923)

Categoria: Storia SiciliaTag: sicilia

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