I Giganti furono i primi abitanti della Sicilia secondo tanti celebri scrittori dell’antichità e tale legenda ha conquistato per diversi secoli molti studiosi.
Platone e Omero sostennero che Cocalo, primo dominatore della nazione sicana, era succeduto a giganti ciclopi : «Ciclopibus ex tintis Coculus Regem Insulae occupavit ». Soprattutto diversi scrittori siciliani del passato hanno ipotizzato che la sede dei Giganti Lotofagi fosse nella zona meridionale dell’isola e precisamente da Camarina fino ad Agrigento.
Tommaso Fazello li dipinge come cattivi: “Questi, confidando nella grandezza e nella forza del loro corpo, inventate le armi, facevano violenza su tutti e, schiavi dei piaceri, si procurarono ampie e lussuose dimore, strumenti musicali e ogni delizia. Erano mangiatori di uomini, si procuravano bambini non nati, e se li preparavano per i pasti; inoltre, si univano carnalmente alle madri, alle figlie, alle sorelle, ai maschi, ai bruti. Non c’era delitto che essi non commettessero, spregiatori, quali erano, della religione e degli dei”.
Racconta di numerosi ritrovamenti anche in Sicilia di cadaveri di giganti.
Negli Annali di Fra Saverio Cappuccino si legge che nel XV sec., quando si doveva costruire, nella cittadina di Naro, in provincia di Agrigento, il cappellone della Chiesa Madre si rinvenne, nelle fondamenta, « abbondanza di orami, cannelle, denti, e altre ossa gigantesche ».
Lo stesso scrittore riportando un’antica testimonianza scisse: «Nel regio Castello di Naro nel 1783, alcuni contadini dei dintorni trovarono un teschio grande da ricevere nelle sue cavità quasi un tumulo di grano ».
E ancora il sacerdote Gaspare Licata: «Nel 1784 nella casina di Giuseppe Torricelli feudo di Furore, territorio appartenente tuttora alla città di Naro, si doveva fabbricare un magazzino e nel suolo fu trovato uno scheletro gigantesco il cui cranio era capace di contenere montelli tre di frumento».
“Agrigento si ebbe Acragas, figlio di Giove e della ninfa Sterope, il quale vuolsi fondatore della città nostra, e membro della famiglia dei Giganti”, scrive, all’inizio delle sue Memorie storiche agrigentine, Giuseppe Picone.
Seguiremo adesso soprattutto questo storico per ricostruire il moto della presenza dei Giganti in provincia di Agrigento.
Picone parte dal mito che vuole che dopo il diluvio universale “tre stirpi salvate dall’universale flagello, discese dalla cima dell’Ararat” e di diffusero sulla terra. “E pélasga dovette essere la stirpe venuta ad abitare Sicilia” precisa. Per quanto riguarda la fondazione di Akragas aggiunge: “ uno dei capi della stirpe pelasga, migrata in Sicilia, nominato Acragas, si dice aver dato il suo nome alla città nostra, e questa tradizione viene sorretta pell’autorità di Tucidide e di Diodoro, dei quali il primo ci narra, che la colonia che partiva da Gela, fosse venuta ad abitare, non a fondare una città, che fu da essi appellata Acragas, dal fiume che le scorreva vicino”.
Il gigante Acragas sarebbe quel figlio di Giove di cui abbiamo detto sopra e i Pelasgi sarebbero i Sicani. E arriviamo a Cocalo re dei Sicani avesse che accolse Dedalo, che “ costrusse nel1’agro acragantino, appellato Camico, una città fortissima, con unico ingresso, e così tortuoso e stretto, da poter essere agevolmente difeso da tre o quattro uomini armati. Renduta inespugnabile la città, e sicura la regia, Cocalo vi depose tutte le sue ricchezze”.
Picone inoltre sostiene che Diodoro siculo “scrivendo del Camico si riporta ad una idea relativa, la quale accenna ad una città di altro nome, la quale fu poscia appellata Acragante” e pertanto identifica Camico con Akragas (ma Picone non è d’accordo con questa identificazione).
“La città di Camico dunque sorgeva nell’agro acragantino, ed altre città sicane venivano fondate in questi dintorni, fra le quali Omface ed Inico, che si dice essere stata capitale della Sicania” (Picone).
E ancora nel primo capitolo delle Memorie storiche agrigentine aggiunge: “Or, il sito ove sorgeva Omface, che fu picciola città di origine sicana, e poscia fortezza di Acragante, non par dubbio che fosse stato abitato dai Ciclopi, avvegnaché ciclopica sia la prodigiosa escavazione, appellata da noi Labirinto, la quale dimostra l’ardito concetto, e la copia dei mezzi, dei quali disponevano quegli uomini antichissimi.
Questi immensi Ipogèi si dilatano lungo tutta la estensione interna della rupe, sulla quale sorge Girgenti, e si compongono di grandi gallerie, che immettono in delle stanze quadrilatere, e queste in altre innumerevoli in forma irregolare, con soffitti piani, sui quali, e sulle pareti si scorgono pronunziati, e come da fresco, i colpi del piccone”. Così collegando pertanto gli ipogei di Akragas con la presenza dei Giganti: “I nostri Ipogèi adunque son opera pelasga, opera dei Ciclopi-trinacri”.
I Giganti-Sicani poi “furono espulsi dai Geloi e dai Rodiotti-Acragantini, che presero il dominio dei luoghi”.
E i geloi-rodiensi, guidati da Aristonoo e Pistilo fondarono Akragas.
Elio Di Bella