La via Atenea è l’arteria della vita girgentina: attraversa la città in direzione da oriente ad occidente, tagliandola in due sezioni disuguali: superiore la maggiore, inferiore la minore.
La vita il commercio della città si concentrano in questa via, che nei giorni festivi, quando accorrono per le provviste dalle cittaduzze dalle borgate circostanti i contadini, quel loro vestiti caratteristici di sargia nera e di velluto, attillati, con le loro mantellette loro cappucci, prende un’animazione curiosa, singolare.
Se poi, come chi scrive, accade di capitare a Girgenti nel giorno di qualche speciale festività paesana – celebratasi generalmente in Sicilia come in tutti i paesi meridionali, con variopinte, rumorose, interminabili processioni vespertine e serali – allora vedi la via Atenea pavesata a bandiere marittime di tutti i colori di tutte le nazioni possibili ed immaginabili e di tutte le segnalazioni portate dal codice telegrafico semaforico internazionale: con festoni, sfilate delle onoranze funebri, pensate da computi di ogni sorta.
Quella strada genera l’intimità della convivenza e della confidenza del rapporto, ma non l’amicizia. E l’agrigentino costretto a quella forzata angustia di contatti, da accettare con garbo, ripiega automaticamente, o con gusto alterò per necessità, nella propria vita personale di interiore, e quindi su un’abitudine acutamente riflessiva, quello conduce, fra l’altro il possedere, lungo quella strada, il patrimonio della continua conoscenza ed osservazione umana degli altri.
A ciò si aggiunge che gli abitanti di quella città, o per le native qualità isolane o per più spiccata arditezza di ingegno ed intensità di animo, hanno una particolare propensione verso la grandezza.
Può essere generalità, può essere megalomania, può essere fatuità di atteggiamenti, comunque tutti capaci di attrito di beffa, di ansia o di ricerca di sistemazione in quel piano, o di questo vivere, per dedicarsi a se stessi al proprio lavoro.
Da quell’orizzonte perpetuamente sciorinato sotto gli occhi, nelle tre vastità, sempre più simultaneamente abbracciate, della campagna, del mare del cielo che vi si estende, sale un invito alla bellezza tersa che poi va a confluire nel risucchio della strada dove si cammina gomito a gomito.
Disarmonicamente la routine della vita quotidiana sotto lo sguardo di tutti deve mantenere dignità e pacatezza sul selciato, che per di più ha, come richiamo non presuntuoso, ma tuttavia suggestivo ricco di profondità umane, il nome della dea della saggezza, Atene, come sono nel mondo antico.
Geografia di luogo e topografia di città si inseriscono nel determinare molto dell’anima e dell’espressione di vita che sua.
La valle troppo estesa e la via troppo stretta contengono gran parte del segreto umano e quindi spirituale degli agrigentini.
Antonietta Gaglio, “i vecchi e giovani. Girgenti. Don cosmo”