Angela Scandaliato
Un personaggio ha attirato negli scorsi decenni l’attenzione degli studiosi di storia ebraica su Caltabellotta, Borach de Ixey, né medico né rabbino, come si pensava, ma proprietario terriero e facoltoso uomo d’affari, “il più sapiente o almeno il più erudito tra gli ebrei di Sicilia del XV secolo”, con una biblioteca ricca di esemplari della letteratura giuridico-rituale che attestano legami col giudaismo arabo-ispano, francese ma anche con quello “des Juifs d’Allemagne” cioè ashkenazita (1). Tranne un frettoloso accenno dello Ashtor alla comunità di Caltabellotta al momento della espulsione dei giudei dall’isola nel 1492, nient’altro è stato scritto negli ultimi anni (2).
Ma nei giorni scorsi una traccia trascurata, un’affascinante testimonianza di presenza, ci ha quasi imposto di recuperare la memoria storica di questa comunità che ha segnato come altre la storia di Sicilia. Una pietra di forma trapezoidale con una iscrizione ebraica sul portale di una vecchia casa ha atteso per secoli sguardi attenti e curiosi (3).
Non è possibile ancora avanzare delle ipotesi, potrebbe essere una iscrizione sinagogale o una pietra tombale, se ne stanno occupando esperti di lingua e paleografia ebraica nel tentativo di ricostruire la storia di questa pietra o frammento che conserva parte del vissuto di questi ebrei di Sicilia, che sembravano avere abbandonato la nostra isola senza lasciare molte tracce e oggi invece s’impongono all’attenzione dello studioso.
La pietra, trovata in loco o in altra parte del quartiere ebraico, è stata murata, qualche secolo fa, per errore alla rovescia e, date le piccole dimensioni e l’altezza da terra, era difficile notarla. La casa si trova in quella che nelle carte notarili del quattrocento è chiamata “platea publica” della terra di Caltabellotta che corrisponde all’odierna via IV Novembre.