Sin da giovane Alexis de Tocqueville mostrò una vera e propria necessità di conoscere popoli e Paesi diversi, per verificare di persona come si governano e armonizzano i diversi interessi della società secondo il principio dell’uguaglianza sociale, indipendentemente dalle differenze individuali di status e di ricchezza.
Spinto da tale necessità giunse anche ad Agrigento, viaggio che Tocqueville compì assieme al fratello Edouard nel 1826 ad appena ventuno anni
Seguiamo Tocqueville nel suo viaggio. Ad Agrigento visitò i tre templi principali della valle.
“Là giunti – scrive Tocqueville – si vede l’immensa cerchia costituita dalle mura di Girgenti [Agrigento]. Calcolammo che dovevano formare un perimetro di circa cinque o sei leghe. Quasi tutto quel che resta dei monumenti antichi è schierato sul bastione naturale, che dà sul mare. Vedemmo dapprima il tempio di Era Lacinia con varie colonne e il fregio crollati al suolo. Passammo quindi a quello della Concordia, il più straordinario che abbia mai visto quanto a stato di conservazione. Tutto è intatto, frontone, fregio, interno: il tempo ha rispettato ogni cosa. Anzi, ha fatto di più: gli ha dato una patina meravigliosa, per cui lo vediamo perfino più bello di quando venne edificato, quasi duemilacinquecento anni fa. I templi sono in tutto simili a quello di Segesta, salvo le minori dimensioni: identici il modulo delle colonne, la semplicità delle linee, la disposizione degli accessori. È sorprendente che ai greci, dall’immaginazione così fertile, non sia mai venuto in mente di variare minimamente il sistema architettonico delle origini. Sbaglierò ma credo di scorgere in questo il segno di una fede straordinaria nel grande e nel bello che può essere solo propria di un popolo capace di eccellere in tutte le arti. Sempre allineati con gli altri, ma a qualche distanza, stanno i resti del tempio di Giove Olimpico, così imponenti da far pensare a un edificio più vasto d’ogni altro pervenutoci dall’antichità. In generale, i greci, ma anche i romani, pur così grandi nel gesto e nel modo di trattare le cose di questo mondo, non hanno mai ceduto al gusto per il gigantesco nell’arte. Ritenevano a ragione che è più difficile fare molto bello che molto grande, e quasi sempre impossibile fare i due insieme”.

«… Arrivés à ce point, on voit l’immense enceinte que formaient les murs de Girgenti (Agrigente).
Nous jugeâmes qu’elle ne devait pas avoir moins de cinq à six lieues de tour. Presque tout ce qui reste d’an-
tiquités est rangé sur cette muraille naturelle qui regarde la mer. Nous vîmes d’abord le temple de Junon
Lucine, dont plusieurs colonnes et la frise sont abattues.
Nous passcàmes ensuite au temple de la Concorde. Celui-ci est ce que j’ai jamais rencontré de plus extraordinaire pour la conservation. Rien n’y manque, fronton,frise, intérieur; le temps a tout respecté. 11 a fait plus, il lui a donné une couleur admirable; et nous le voyons plus beau, sans doute, que ceux qui le bàlirent il y a deux mille cinq cents ans à peu près. Ces temples ressemblent absolument à celui de Segesle, sinon qu’ils sont plus petils ; c’est le même module de colonnes, la même simplicité de lignes, la même disposition dans les accessoires,
« C’est une chose extraordinaire que les Grecs, qui avaient une imagination si changeante, n’aient jamais eu l’idée de varier en rien le système d’architecture qu’ils avaient une fois adopté. Je ne sais si je me trompe, mais je crois voir là une force de conviction dans la foi du beau et du grand qui ne saurait appartenir qu’à un peuple si particulièrement doué pour exceller dans tous les arls.
« Toujours sur la même ligne que ces temples, mais plus loin, sont les restes de Jupiter Olympien. Ces restes sont très-remarquables en ce qu’ils annoncent un édifice plus vasle qu’aucun de ceux que nous a laissés l’antiquité. En général, les Grecs et même les Romains, qui avaient tant de grand dans le génie et dans la manière de tiaifer les choses de ce monde, n’ont jamais donné dans le goût du gigantesque en fait d’arls. Ils jugeaient avec raison (ju’il est plus difficile de faire très-beau que faire très-grand, et presque impossible de faire tout à la fois très-beau et très-grand. »