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Il fallimento del barone Ignazio Genuardi di Agrigento

20 Ottobre 2016 //  by Elio Di Bella

barone Ignazio Genuardi

Il 20 maggio 1876 è una data nefasta per la sorte della vita economica di molta parte dell’agrigentino. Il Tribunale Commerciale di Palermo sentenzia il fallimento della ditta Ignazio Genuardi & figli.

Il barone Ignazio Genuardi da molti lustri rappresentava la figura di spicco che gestiva, a livello industriale, le maggiori zolfare di Comitini.

Egli, per normalizzare il commercio dello zolfo, tentò di monopolizzare l’intero settore accaparrandosi, ad un prezzo maggiore di quanto i mercati interni ed internazionali lo pagassero, gli zolfi che la Sicilia, a quel tempo unico produttore nel mondo, produceva.

Lo scopo era quello di razionalizzare l’intero mercato immettendovi uno stoccaggio di materiale limitato al fabbisogno, con la finalità di stabilizzare i prezzi che si svilivano ogni giorno di più per via dell’eccessiva offerta rispetto alla richiesta.

La causa di tutto ciò era da ricercarsi essenzialmente nel fatto che la legislazione mineraria siciliana di quel tempo manteneva in vigore norme anacronistiche sulla proprietà del sottosuolo, in antitesi con quello degli altri stati, specie il Piemonte, che ne avevano da tempo decretato la demanialità. Il mancato adeguamento della normativa siciliana a quella degli altri Stati  italiani,  consentì di abbandonare l’intero settore all’arbitrio di una infinità di piccoli proprietari i quali, rincorrendo un più immediato guadagno, non curarono di razionalizzare i criteri di sfruttamento dei giacimenti aumentando in maniera abnorme la produzione con la conseguenza dannosa di fare pesantemente svilire i prezzi di vendita.

La spiccata intelligenza speculativa che lo aveva sempre distinto indusse il Genuardi a carpire al volo le favorevoli condizioni eccezionali, di maggior consumo di minerale che in quel momento gli si presentarono consentendogli di ampliare il proprio patrimonio economico ed imprenditoriale, favorito in ciò dalla facilità dei trasporti scaturenti dall’apertura del Canale di Suez (1868), dello sviluppo della costruzione della rete ferroviaria che, per inciso, si deve dire, il Genuardi concorse, con fondi propri, alla costruzione del tronco Porto Empedocle-Comitini riuscendo a fare ubicare lo scalo della linea Agrigento-Palermo nei pressi della sua maggiore zolfara, Mandrazzi-Genuardi.

Il Genuardi, però, malgrado la sua lungimirante esperienza, illudendosi forse che potessero perdurare quelle circostanze favorevoli non disgiunte dall’improvviso considerevole aumento della richiesta di minerale (derivante dall’occasionale scoperta che l’Oidio della vite si curava egregiamente con l’irrorazione di zolfo ventilato), non tenne conto del sopraggiungere di alcuni inattesi, mutati fattori strutturali che consigliavano maggiore prudenza.

Trascurata tale cautela, incorse in altro serio sbaglio di valutazione che fu quello di non avere tenuto nella dovuta considerazione la concorrenza che, a partire dal 1870, la Francia e l’Inghilterra esercitavano sui mercati esteri con lo zolfo che gli stessi estraevano da succedanei, come la pirite, ad un prezzo notevolmente inferiore del minerale siciliano, soprattutto per la produzione dell’acido solforico, elemento indispensabile e molto richiesto dagli stabilimenti industriali.

Tutte queste componenti negative inattese, non previste e, con molta leggerezza, sottovalutate, non poterono non avere, come in effetti ebbero, conseguenze disastrose.

Col fallimento di Ignazio Genuardi inizia l’irreversibile declino dell economia non solo di Comitini e di molta parte della provincia di Agrigento.

 

 

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, comitini, gnazio genuardi

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