Proseguivamo la nostra via attraverso gli ulivi e le messi, quando mi apparve improvvisamente il tempio di Giunone Lucina;
si dice che questa denominazione non è confermata da nessuna tradizione storica certa; ma che importa?II modo con cui si presenta è stupendo…. Il monumento apparisce e sparisce a metà in mezzo alla verzura, in un modo incantevole. Il posto ov’è collocato fu benissimo scelto; la sporgenza rocciosa che occupa, domina la pianura, in declivio, e il mare: è un basamento raro. La vista di lassù si stende sulle sparse rovine d’ Agrigento e scopre la città moderna posta pittorescamente sulla cima.
Il tempio di Giunone Lucina pare che risalga a 5oo anni avanti Gesù Cristo ; ha una lunghezza di 40″*,98 e una larghezza di 9m, 53. È circondato da un portico di trentaquattro colonne scannellate dello stile dorico più puro, l’ altezza delle quali uguaglia cinque volte il diametro.
Una fila di quelle colonne è ancora in piedi molte furono rovesciate da un terremoto il secolo scorso; soltanto sedici hanno conservato il capitello. Queste colonne senza piedestallo posano sopra uno zoccolo di quattro gradini; la parte dell’ingresso ne conta otto. Entro il tempio di Giunone, già coperto d’uno stucco a colori, si trovava il quadro di Zeusi, per la cui esecuzione, secondo Plinio, le cinque più belle ragazze d’Agrigento fecero da modello.
Cicerone e Dionisio d’Alicarnasso affermano pure che quando quel grande artista dipinse la sua famosa Elena , per la città di Crotone, studiò la bellezza di cinque giovinette della Magna Grecia.
Trovai sulle rovine una bambina già scorta prima sul mio sentiero, allontanandomi dal tempio della Concordia; veniva verso di noi con la testa bassa e gli occhi chiusi: la disgraziata piccina era cieca.
— State certo, signore, che ella distingue tutto, disse il mio conduttore, essa vede con gli occhi della mente. La sua testa dev’essere come uno specchio sul quale si riflettono tutti gli oggetti che ha davanti; c’è poi chi dice che i ciechi veggano dalle orecchie.
Strano ! quell’ uomo rozzo, quel vetturino di Girgenti, diceva nel suo linguaggio ciò che Victor Hugo ha detto in versi :
L’aveugle voit dans l’ombre un monde de clarté….
Quand l’œil du corps s’éteint, l’œil de l’esprit s’allume.
Il cieco vede nell’ombra un mondo di luce…. .
Quando si spegne l’occhio del corpo, s’accende quello dello spirito.
Senza andare tanto in là quanto il nostro poeta e il cocchiere di Girgenti, io pure pensavo che la condizione dei ciechi non è poi d’una desolazione senza rimedio. E a questo proposito, ho letto recentemente in un bello studio del signor Henry Frichet, che le privazioni delle quali noi crediamo a torto che soffrano i ciechi, i ciechi nati ben inteso, sarebbero, secondo lui, compensate da godimenti ignoti a chi possiede la vista, godimenti a loro procurati dal raffinamento del senso dell’udito, del tatto e dell’odorato.
Mentre riprendevamo la nostra strada la ciechina continuava la sua passeggiata da illuminata e vagava di qua e di là, cogliendo fiori, e fors’anco contemplando il tempio del promontorio!…
Una colonna scannellata, ritta jn mezzo a frammenti ammonticchiati, è tutto ciò che resta del tempio d’Ercole, concepito sul piano del Partenone, di cui ebbe le dimensioni stesse. Nel museo di Palermo si possono vedere alcuni pezzi del cornicione.
L’Esculapio, pur conservato nel museo di Palermo, fu rinvenuto qui.
La famosa statua d’Ercole, in bronzo, fu eretta in questo tempio ; era opera di Mirone, e Cicerone ne parla come d’una meraviglia dell’ arte. Allorché il pròconsole Verre volle impadronirsene, i sacerdoti, sostenuti dal popolo in armi, respinsero i soldati del sacrilego. Secondo Plinio, il tempio era anche adorno di un quadro di Zeusi rappresentante Ercole fanciullo che strozza due serpenti nella propria culla, alla presenza d’Alcmena e d’Anfitrione.
Gustavo Chiesi in Sicilia Illustrata, Milano, 1892