
Santa Elisabetta, 2.500 anime o poco più, un bar in piazza, ritrovo per tanti per fare quattro chiacchere e guardare insieme le partite. Solo questo e poco più, sembrerebbe…
Ma, a due passi da questo piccolo mondo, andando fuori dal paese per qualche stradina, lungo la quale incroci qualche gregge, i pastori, e verdissimi prati che ti fanno venire in mente l’Irlanda, arrivi dinanzi al “Monte Keli” (Chieli come localmente si pronuncia), toponimo che forse significa luogo di morti.
In questo scenario di rara bellezza si trova uno straordinario affioramento di cristalli di gesso giganti di origine sedimentaria. Cristalli che raggiungono l’eccezionale altezza di 2,60 metri, risultando i più lunghi del bacino del Mediterraneo, addirittura annoverati fra i più lunghi del mondo. Questo aspetto mineralogico è considerato di rilevanza mondiale. Sembra infatti certo che si tratta dei cristalli più alti del mondo. Un museo di scienze naturali di Berlino da tempo ne conserva e ne mostra ai visitatori degli esemplari di notevole bellezza.
La Rupe di Keli è famosa anche per la sua necropoli, comprendente circa trenta tombe ad arcosolio ed una grande grotta di mq. 14 con due loculi scavati sul pavimento. Ma sono i suoi cristalli giganti di gesso di origine sedimentaria e le sue molteplici peculiarità che ne fanno davvero un unicum nel suo genere. Oggi è una zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Salendo in cima a Keli e immaginando la valle sottostante sgombra, si coglie uno dei più bei paesaggi del territorio, con l’imponente Montagna Comune a tre cime e la misteriosa e fatata Guastanella.

Qui tutto è gesso. Tutto è cristalli di gesso, bianco e vetroso, che rimandano luccichii rossi e gialli. Le case luccicano al sole perché fatte di gesso. Non più come prima, purtroppo, per lo scempio che il paese ha subito, e tuttavia è ancora possibile trovare intatti scorci, cortili, scalinate.
Qui “è tutto un gran masso di solfato di calce, non molto puro all’apparenza, ma dai cristalli assai grandi, che danno gesso in quantità, senza quasi alcuna fatica per estrarlo. A sud di essa scende a declivio ed è coperta di terriccio coltivabile, ma nord cade quasi a picco, mettendo in mostra tutto il suo gesso, e sovrastando una discreta pianura, che è detta Margiu di Santu, per la quale si va verso Sant’Angelo Muxaro”, scriveva ai primi del Novecento lo studioso Salvatore Raccuglia.
La presenza di lunghe vene di grandi cristalli di gesso, ha portato ad uno sfruttamento ed all’estrazione dello stesso in Sicilia in particolare durante il periodo della Roma Imperiale. Questo tipo di gesso, chiamato nelle fonti antiche ‘”lapis specularis”, la pietra dello specchio, per le sue caratteristiche di trasparenza e facilità di lavorazione, era infatti particolarmente pregiato e ricercato nel territorio di tutto l’Impero. Oggetto quindi di un commercio importante ed usato come sostituto del vetro per la creazione di finestre in abitazioni e terme, come decorazione ed effetto scenografico durante i giochi pubblici, nonché usato nella farmacopea classica.
Gaio Plinio Secondo (23-79 d. C.), nella sua opera, Naturalis Historia, scrisse che: “La pietra speculare… è stata trovata in Cappadocia e in Sicilia”.
Certamente i Romani sfruttarono anche il territorio di Monte Keli. Requisiti fondamentali ricercati dai Romani per ottenere lastrine ad imitazione del vetro erano la dimensione dei cristalli (almeno alcuni decimetri) e una perfetta trasparenza. Considerando altezza e le dimensioni dei cristalli di Monte Keli, questo sito ha certamente avuto l’attenzione dei Romani e non solo.