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Cattolici e movimento operaio in provincia di Agrigento nei primi anni del Novecento

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miniera ciavolotta
miniera ciavolotta

19 Febbraio 2017 //  by Elio Di Bella

miniera ciavolotta
miniera ciavolotta

Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento in provincia di Agrigento, in sintonia con le altre province d’Italia, nacquero numerose istituzioni cattoliche con lo scopo di aiutare socialmente ed economicamente gli operai nonché anche con lo scopo di contrastare le organizzazioni socialiste.

Le principali istituzioni cattoliche furono le Casse Rurali che nel 1902 in tutta la provincia agrigentina avevano raggiunto il numero di 4-5, ma accanto ad esse vennero istituite anche numerose cooperative agricole e di lavoro, cooperative di consumo e associazioni di lavoratori che ben presto divennero una grande forza politica e successivamente furono alla base del partito popolare e della Democrazia Cristiana.

Una prima dimostrazione della forza politica raggiunta da queste organizzazioni cattoliche in provincia di Agrigento si ebbe ad Aragona

nel febbraio del 1903 dove 4.000 operai delle miniere di zolfo guidati dalla locale “Unione dei lavoratori”, una delle più consistenti organizzazioni cattoliche della provincia, scioperarono per ben 18 giorni ottenendo alla fine l’uso della misura legale per il calcolo dello zolfo estratto contro quella illegale che veniva utilizzata nelle miniere di Aragona.

Fu uno sciopero imponente che destò molto scalpore in tutta la Sicilia

e coinvolse anche gli zolfatai di Grotte e Racalmuto. “I giornali del tempo, scrive Domenico De Gregorio, parlarono di vittoria è di affermazione senza pari e indiscutibile, di una organizzazione cattolica”. I proprietari delle miniere e gli esercenti pagavano agli zolfatai la quantità di zolfo estratta ma nella sua misurazione usavano una regola che, invece di essere di H. 2 come prescriveva la legge, era di m. 2,36 e in molti casi arrivava ad essere di m. 2,4-5.

Lo sciopero con il quale si rivendicava l’uso della regola legale di m. 2 ebbe inizio il 13 febbraio

e si protrasse fino al di marzo. Già sette anni prima nel 1895 gli zolfatai avevano scioperato per diversi giorni per lo stesso motivo senza ottenere niente. I bottegai di Aragona aizzati dai proprietari delle miniere di zolfo si schierarono contro i minatori scioperanti e decisero di non fare più credito agli zolfatai. Il comportamento degli bottegai alimentò l’esasperazione degli scioperanti ma, nonostante ciò, gli zolfatai guidati dai due infaticabili sacerdoti Giuseppe Graceffa e Vincenzo Gandolfo che dirigevano l’Unione dei lavoratori, si mantennero calma  e condussero lo sciopero pacificamente. Il 20 febbraio una commissione di zolfatai, guidata dal sac. Gandolfo, si reca ad Agrigento per conferire con l’Ispettore di pubblica sicurezza che promette di venire personalmente ad Aragona a risolvere la controversia. Dopo 6 giorni, il 26 febbraio, il sac. Gandolfo con il presidente dell’Unione dei lavoratori ritorna ad Agrigento dall’Ispettore di pubblica sicurezza e minaccia di abbandonare gli operai e di declinare ogni responsabilità per eventuali disordini che potrebbero accadere. “L’Ispettore, scrive II Cittadino l’8 marzo 1903, li esorta a continuare la loro opera pacificatrice promettendo di recarsi infallibilmente in Aragona il 2 marzo”.

Nel frattempo gli scioperanti minacciano di ricorrere a mezzi estremi per ottenere le loro giuste rivendicazioni.

I due sacerdoti li scongiurano a state ancora calmi e il 2 marzo spediscono al capo del governo Giolitti il seguente telegramma: “Sciopero zolfatai chiedenti misura legale in sostituzione misura illegale sequestrata perdura da 15 giorni. Mancato energico provvedimento a far rispettare legge metrica accresce caparbietà esercenti neganti perfino mercede arretrata indispettisce operai, scandalizza popolazione. Gli operai benché affamati finora pazienti attendono da V.E. urgente e benigno provvedimento”.

Lo sciopero venne ad essere turbato da un incidente scoppiato la mattina del 2 febbraio mentre i due sacerdoti Gandolfo e Graceffa celebravano la messa.

Un gruppo di scioperanti inneggianti delle bandiere cercarono di indurre alcuni zolfatai a scioperare quando sopraggiunsero il maresciallo dei carabinieri e molte guardie a cavallo; i militi cercarono di togliere le bandiere dalle mani degli scioperanti per cui ne nacque una colluttazione e una sassaiola nel corso della quale venne ferito il maresciallo e due carabinieri. Vennero sparati anche alcuni colpi in aria che uccisero una cagna che si trovava in un balcone. I due sacerdoti Gandolfo e Graceffa accorsi prontamente riuscirono a calmare gli animi e a riportale la calma.

Indi accompagnati dall’avv. Mangano, sopraggiunto due ore dopo da Palermo, si recarono ad Agrigento a parlamentare con ii Prefetto che promise il suo intervento. Nel frattempo per lo stesso motivo entrano in sciopero gli zolfatai di Grotte e Racalmuto guidati dal cav. Arcangelo Tulumello. Il 4 febbraio finalmente la rivendicazione degli zolfatai venne accolta dagli esercenti e tutti gli operai il giorno successivo ritornarono a lavorare nelle miniere. L’accordo venne siglato nella sala del Municipio di Aragona alla presenza di tutti gli esercenti e del cav. A. Tulumello, dell’aw. V. Mangano, del Commissario di Pubblica sicurezza L. Parisi, del Capitano dei carabinieri Dante Torsano.

La notizia della conclusione dello sciopero venne riportata con toni enfatici delle pagine del “Cittadino” del 8 marzo 1903 che così scriveva: “Non possiamo non consolarci di questo felicissimo risultato , poiché possiamo a fronte alta proclamare che in Aragona i diritti più sacri dei lavoratori sono stati rivendicati dai democratici-cristiani fra le sofferenze e le insinuazioni di gente, che di questa occasione voleva profittare per demolire un partito nobilissimo, che il popolo dei sofferenti guida al raggiungimento dei fini della Chiesa nella civiltà e nella democrazia”

Il 15 marzo il “Cittadino” in merito allo sciopero di Aragona scriveva ancora che la vittoria ottenuta dagli zolfatai costituiva una vittoria del “movimento sociale cristiano,

perchè ottenuta da una cooperativa cattolica, diretta da umili sacerdoti. “Onore ad essi, diceva l’articolo, perchè hanno compreso che una quistione sociale esiste. Onore ad essi, perchè, a chi brama rimanere ancora in sacrestia, hanno insegnato che bisogna scendere in piazza ad assumere il comando di coloro che sentono il bisogno di agitarsi e far rispettare i loro diritti, prima ancora che questo comando sia assunto dai nostri avversari”. Ma la vertenza sindacale degli zolfatai di Aragona per la misura legale dello zolfo non si risolvette definitivamente  il <4- febbraio, infatti gli esercenti nonostante 1’accorda firmato volevano ritornare a usare la vecchia misura illegale e gli zolfatai dovettero minacciare di ritornare a scioperare di nuovo prima che venisse abrogata definitivamente la misura illegale.

Francesco Graceffa

 

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Categoria: Storia ComuniTag: agrigento, aragona, girgenti, miniere di zolfo, movimento operaio

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