agrigento carcere vecchio
Sulle deliziose alture della città di Girgenti, dove oggi si estendono i maestosi edifici della cattedrale, del palazzo vescovile, della Biblioteca lucchesiana e della Chiesa di sant’Alfonso verso l’oriente tuttora sussiste un antico castello, ed è quello che fino ai nostri giorni dalla plebe agrigentina viene chiamato “Lu casteddu vecchiu”.
Fu costruito dagli Arabi nel secolo X, poi, dopo la presa di Girgenti avvenuta il 25 luglio 1088, fu ristorato dal normanno conte Ruggero. Esso fino all’anno 1866 era un carcere della provincia di Girgenti; ma da pochi anni in qua è stato trasformato in serbatoio d’acqua dal Voltano.
Tuttavia sappiamo che consisteva in poche piccole stanze, in alcuni cameroni e in una grande corte, dove i carcerati malvagi e meno tristi stavano quindi tutti insieme dandosi a vicenda scuola di mafia e di corruzione. Era un carcere piuttosto blando, in cui, pel punto areggiato del castello, e per le stanze ben comode, piene di aria e di luce, i rei non sentivano gli orrori della prigionia.
…i genitori agrigentini “nell’ammonire i giovani proclivi a mal fare, quasi sempre ripetevano il seguente ammonimento: Per amor del cielo, o giovani, non siate tanto facili a commettere delitti, altrimenti andrete a piombare al castello” e ciò pèer dire al carcere.
Avvenuta la soppressione degli ordini religiosi nel 1864 il carcere di Girgenti venne trasferito dal Castello nella Chiesa con annesso Convento di san Vito. Tenevasi sul punto più alto, a sud-est della Villa Garibaldi.
Il Convento fu edificato a spese del senato di Girgenti dal beato Matteo Cimarra girgentano nell’anno 1432.
carcere di san vito
Già nel 1430 il beato a spese di Alfonso re di Aragona già aveva perfezionato e finito il convento san Nicolò fuori le mura. Nel 1442 il beato Matteo fu Vescovo di Girgenti. La memoria della fondazione del convento San Nicolò fuori le mura viene tramandata dalla seguente iscrizione trovata nell’anno 1741:
Fundatio huius venerabilis conventus S.Viti
Martyris, Agrigenti cives, propter maximam
Devotionem, quam erga beatum patrem
Matheum ad Agrigento habebant, tunc in coenabio divi Nicolai commemorantem, cum nimis ab eorum urbe distaret, nec possent maximo absque incomodo saepius cum ispso esse, nec illius devotam conversationem habere, hanc domum sub titolo S.Viti non longius quinquaginta passibus a moenibus ex communibus quoque bonis aedificare curavit Agrigentinus Senatus, anno Domini 1432, quam etiam maxime frequaentant, ac decem et octo eius habitatores continuis beneficis et elemosynis prosequitur”
…Questo tetro carcere circondato di alte mura costa di un primo piano e conserva ancora la forma della sua primitive origine. E’ formato di lunghi corridoi, aventi a destra e a sinistra celle di pochi metri quadrati, antiche abitazioni dei frati nelle quali stanno tre o quattro carcerati.
L’aria e la luce entrano in quelle celle da un piccolo foro, entrate e corridoi sono chiusi da grandi porte da un ferro a graticola, che si aprano e si chiudono alle spalle di chi entra e sono guardate dai guardiani.
Aveva una triste fama, tanto che i direttori delle carceri di tutta Italia “nel minacciare qualche detenuto, che anche in prigione si mostra irrequieto e da molto fastidio, con voce minacciosa dicono: “Caro voi, state a posto, altrimenti vi faccio trasferire al san Vito a Girgenti, dove le atrocità di quel reclusorio in breve termine vi faranno cessare di vivere”
Salvatore Saieva in La Siciliana, n.12, anno II dicembre 1913