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Canicattì: il sito archeologico di Vito Soldano

5 Aprile 2018 //  by Elio Di Bella

A sei chilometri da Canicattì, sulla strada statale n. 122, si sviluppa per ben 40 ettari il sito archeologico di Vito Soldano.

Le vicende legate al sito ed il suo stesso nome sono stati oggetto in passato, e lo sono ancora oggi, di accese discussioni tra gli storici e gli archeologi. Secondo la gran parte di essi, Vito Soldano identificava, fino ai primi decenni del Novecento, l’intero territorio di Canicattì.

Lo storico De Burigny afferma con assoluta convinzione che Vito Soldano non sarebbe altro che l’antica Motyon, la fortezza greca di cui parla Diodoro Siculo nella sua Biblioteca Storica e che fu fiorente ai tempi di Ducezio (459-440 a.C.). Secondo Biagio Pace invece Vito Soldano sarebbe stato un «borgo romano-bizantino». Adolfo Holm, Filippo Cluverio e Giuseppe Picone sostengono che Motyon sorgeva con certezza nel territorio agrigentino, mentre l’identificazione con Vito Soldano non sarebbe dimostrata. Anche Vito Pugliese ed il canicattinese Diego Corbo sono convinti dell’identificazione di Motyon con Vito Soldano. Vito Amico ritiene invece senza alcun dubbio che l’antica Motyon sorgesse dove oggi si trova la città di Naro. Per Sandro Policastro in località Vito Soldano sorgeva l’antica Kakyron, fondata dai Greci nel III sec. a.C., quindi occupata da Romani e Bizantini e, infine, di-strutta dagli Arabi.

Al di là dell’attribuzione di un nome certo, è da ritenere che in località Vito Soldano sia esistito un insediamento greco, che tuttavia avrebbe avuto maggiore sviluppo nel periodo romano-bizantino, come confermato dagli scavi archeologici. Al tempo della conquista araba, l’antica città avrebbe assunto la denominazione di Vito Soldano, in riferimento ad un importante dignitario musulmano. Secondo altri invece, ad esempio il Calvaruso, non si tratterebbe del nome di una persona ma di un toponimo, “beytsoltan”, che significherebbe “casa del sultano”.

L’antica città era in posizione strategica lungo la via che congiungeva Agrigento con Catania, attraverso Caltanissetta ed Enna.

Per comprendere le ragioni dell’esistenza della statio ed il ruolo che essa rivestiva nel tessuto della Sicilia del tempo, bisogna far cenno alla viabilità antica e tardoantica della Sicilia. Le strade romane durante le prime fasi di occupazione della Sicilia ebbero carattere di collegamento rapido, a scopo prevalentemente militare,alterando profondamente il paesaggio, ed influirono sul tessuto economico e sociale, trasformandosi ben presto in assi di penetrazione non solo militare, ma anche economico, culturale e politico. Erano dunque uno dei veicoli principali di romanizzazione.

In età repubblicana il sistema viario nella Provincia siciliana era già impostato. Nella prima fase di penetrazione ai romani interessava soprattutto stabilirsi lungo l’estremità occidentale dell’Isola, quella più prossima all’Africa. La parte orientale della Sicilia, ancora sotto l’orbita siracusana, disponeva già degli itinerari greci che furono sfruttati, anche per la parte centrale dell’isola.

A differenza che nelle altre province, dunque, l’intervento romano sul sistema viario sembra meno aggressivo, forse per il sommarsi di più fattori, tra cui non va trascurata la presenza della rete stradale preesistente, molto efficiente per il trasporto dei prodotti agricoli dai centri produttori alle coste.

Per l’età tardoantica, le fonti di cui disponiamo per la ricostruzione della viabilità sono la Tabula Peutingeriana e l’Itinerarium Antonini. La Tabula, un itinerarium pictum, l’unico pervenutoci che abbracci l’intero ecumene, redatto in latino, si presenta come un rotolo di pergamena costituito da undici fogli incollati di seguito. Si tratta di una copia di un originale romano databile all’età medievale (XII-XIII secolo).

Aveva scopo itinerario, indicava minuziosamente le strade, le stazioni itinerarie e le distanze. L’Itinerarium Antonini, o Provinciarum, era una raccolta di itinerari organizzati in tempi ed occasioni diverse, collocabili tra l’età di Caracalla e la tarda antichità. Le strade non partono da Roma e a volte sono addirittura incomplete: non può dunque trattarsi di un documento ufficiale, ma di sicuro almeno le sue fonti lo erano, data l’attendibilità e la precisione delle descrizioni.

Non conosciamo con certezza la data della redazione, i cui dati sembrerebbero rimandare alle carte redatte da Agrippa, ai documenti del cursus publicus di età augustea, il titolo a Caracalla. Le interpolazioni di età successive, permettono di ricostruire i vari ritocchi nel corso dei secoli, soprattutto in età costantiniana; tra questi molto importante per la Sicilia è la rappresentazione di due diversi tracciati della via Catania– Agrigento.

Effettivamente l’Itinerarium ha conservato l’indizio di un potenziamento del servizio postale; in particolare nella zona centro–meridionale dell’Isola sono stati introdotti notevoli aggiornamenti riferibili al IV secolo d. C. per via della mutata situazione politica ed economica della Sicilia, che sembra raggiungere il culmine della crescita economica proprio tra il IV ed il V secolo, crescita già iniziata alla fine del II secolo, quando prese avvio la formazione dei latifondi gestiti dalle aristocrazie romane e provinciali.

Con la fondazione di Costantinopoli ed il conseguente dirottamento del grano egiziano verso la nuova capitale imperiale, la Sicilia acquista un maggiore interesse da parte della classe senatoria romana: il suo grano tornava ad essere, dopo secoli, di vitale importanza per i rifornimenti annonari di Roma, ed inoltre l’isola svolgeva sempre l’importante ruolo di testa di ponte tra l’Africa e l’Italia.

La strada Catania–Agrigento sembra essere stata tracciata nel IV secolo per rispondere alle esigenze di rilancio della campagne siciliane: collegava tra loro i grandi latifondi della Sicilia centro-orientale. Il suo percorso, secondo l’Itinerarium, è unitario nella tratta Catania–Philosophiana e si biforca da Philosophiana ad Agrigento: il primo, meridionale, passando per la statio Petiliana, giungeva ad Agrigento seguendo un tracciato prossimo alla costa; l’altro, settentrionale, giungeva ad Agrigento passando per le stationes di Calloniana e Cosconiana/Corconiana.

Non sappiamo dunque se ci troviamo di fronte ad un unico tracciato oppure di fronte a due varianti.

Tanti studiosi, tra cui Biagio Pace, hanno tenta-to di ricostruire i due differenti tracciati, provando a superare la notevole difficoltà costituita dal fatto che nessuna città viene indicata lungo questi percorsi ed i nomi delle stazioni sono tutti legati a quelli dei grandi latifondi che la strada attraversava, per tale motivo è molto difficile designarne l’esatta ubicazione. Lo sviluppo della ricerca archeologica ha fornito un notevole contributo alla risoluzione di questo problema. Come già detto, da Catania a Philosophiana, il percorso era dunque unico, superata Philosophiana si biforcava: un percorso meridionale ed un percorso  settentrionale, il quale sembra essersi conservato meglio rispetto a quello meridionale.

Da Philosophiana la strada verso Agrigento, sembra sopravvivere lungo la Reggia Trazzera che, superati Sommatino, la miniera Gebbiarossa, Delia, il territorio del comune di Canicattì, proseguiva, per contrada Giarre, fino alla contrada Vito Soldano, da lì verso Castrofilippo, Favara ed Agrigento. Lungo questo percorso l’Itinerarium pone due stationes: Calloniana e Corconiana.

Riguardo a quest’ultima, gli scavi dell’archeologa canicattinese Maria Rosaria La Lomia hanno, se non confermato, quantomeno reso molto attendibile la sua localizzazione in contrada Vito Soldano, nel territorio di Canicattì. Già molto tempo prima degli scavi, eseguiti negli anni cinquanta e pubblicati nel 1961, alcuni avevano pensato bene di collocare proprio in questo sito Corconiana, altri, invece, pensavano ad ubicazioni diverse.

Le ipotesi degli storici

Nel 1584 Ortelio Abraham nel redarre la sua Sicilia Veteris Typus poneva la statio Corconiana nei pressi di Canicattì. Lo stesso facevano Janson Johann nel 1630, Delisle Guillaume nel 1714, un Anonimo del XVIII secolo ed il De Burigny nel 1745. Cluverio nella sua Sicilia Antiqua nel 1619 scriveva: «Corconiana sorge sulla riva sinistra del fiume Agragante che dal popolo ora è chiamato fiume Naro».

Il cappuccino fra’ Salvatore da Naro nella sua Aurea Fenice concorda con quanto detto da Cluverio: «Corconiana Castello, oggi Canicattì […] Il castello di Cannigattì prima si chiamò Corconiana». Vito Amico, tuttavia, non sembrava molto con-vinto di questa collocazione e, correggendo la teoria di Cluverio, nel 1759 scriveva: «Corconiana: luogo menzionato nell’Itinerario di Antonino tra Piazza e Girgenti dalla quale dista tredici miglia e dodici miglia da Calloniana. Erroneamente collocato da Cluverio alla riva sinistra del fiume Agraga, impercioché questo scorre avanti alla città dello stesso nome; crederei dunque piuttosto essere stata Corconiana alla riva sinistra del fiume Naro o presso Ravanusa».

Il Maggiore, accogliendo in pieno la teoria dell’Amico, nel XIX secolo scrisse che Corconiana si trovava presso Ravanusa; Calloniana, invece, era da ricercare tra Mazzarino e Riesi. Tanti altri studiosi hanno dibattuto circa la collocazione di Corconiana cosicché le tredici miglia menzionate nell’Itinerarium Antonini secondo il Müller conducevano a Castrofilippo e secondo l’Holm a Naro, secondo altri in altri luoghi ancora.

Intanto sul finire degli anni cinquanta Maria Rosaria La Lomia intraprese gli scavi in contrada Vito Soldano dove, secondo Biagio Pace, nello stesso sito un tempo denominato Motyon, si trovava un fiorente borgo romano-bizantino.

Certamente Pace non pensava di potere ubicare la statio di Corconiana a Vito Soldano. Dopo una prima supposizione, che immaginava che l’antica strada Catania–Agrigento passasse da Barrafranca per Pietraperzia e Caltanissetta fino ad Agrigento, secondo Pace le stationes di Calloniana e Corconiana dovevano essere ricercate necessariamente lungo la linea San Cataldo–Serradifalco–Favara. In un secondo momento, e definitivamente, Pace rettificò il tracciato. Secondo i suoi nuovi studi esso doveva passare, superata Barrafranca, per Sommatino, Delia e Canicattì, e da lì proseguire per Castrofilippo, Favara fino ad Agrigento; aveva dunque ipotizzato che l’antica strada romana fosse sopravvissuta nella Reggia Trazzera che da Sommatino giungeva ad Agrigento passando per Canicattì e Castrofilippo. Ipotesi, questa, condivisa da molti ed in un certo senso confermata dagli scavi e dagli studi della La Lomia. La contrada di Vito Soldano dista da Agrigento quindici miglia, una distanza non molto lontana dalle tredici miglia che secondo l’Itinerarium correrebbero tra Corconiana ed Agrigento. Da Vito Soldano la via è ben conservata dalla Reggia Trazzera 464 Castrofilippo–Canicattì, rasenta Castrofilippo, prosegue per alcune contrade nei pressi di Favara, ed infine giunge ad Agrigento.

La ricerca archeologica nei pressi di Castrofilippo, a circa un chilometro a sud del percorso della strada tardoantica, ha messo in luce i resti di un grande centro tardoromano, parti di un edificio termale ed un lembo di strada lastricata. Nella parte iniziale dell’attuale tracciato della strada Castrofilippo–Favara, in contrada Saraceno, le indagini condotte dalla Soprintendenza Archeologica di Agrigento nell’estate 2008 hanno portato in luce un insediamento con tre fasi di vita.

Poco distante dalla contrada Saraceno, sempre in territorio di Favara, è stata individuata, a Rocca Stefano, una necropoli tardoromana e bizantina, riconducibile agli insediamenti minori, che dovevano riempire i vuoti nel tragitto da Catania ad Agrigento. Si può facilmente comprendere come Vito Soldano fosse un luogo molto idoneo a svolgere il ruolo di statio tardoantica. Si trattava di una struttura molto  bene organizzata che bene risponde all’uso del IV secolo di associare alle stazioni itinerarie, strutture termali in modo da rendere i luoghi di sosta più confortevoli.

Come Philosophiana l’area sembra essere stata interessata da un insediamento precedente a quello tardoantico da ricondurre probabilmente al I o al II secolo d.C., vista la presenza di alcune tessere di mosaico bianche e nere portate alla luce dalla La Lomia. I reperti numismatici e gli altri materiali rinvenuti sembrano indicare che sia la statio sia l’abitato che le ruotava attorno non sopravvissero al VII secolo. D’altronde la statio aveva ragione d’esistere fin-ché la strada che essa serviva fosse rimasta efficiente. Da quel che possiamo ricavare dalle fonti sembra che il sistema viario romano, ancora efficiente nel VI se-colo, possa avere funzionato finché i latifondi, spesso aggregati sotto forma di massae, rimasero produttivi e la manutenzione delle strade interne rimase affidata ai proprietari dei latifondi stessi.

La presenza a Vito Soldano di reperti ceramici di età medievale consentono di assimilare sempre più la storia di questo sito a quella meglio studiata di Sofiana. Infatti tra la statio di Sofiana e il sito di Canicattì vi è una serie ricorrente di dati: in entrambi è possibile riscontrare un rapporto molto stretto tra la viabilità antica e le testimonianze archeologiche rinvenute. Sia a Sofiana che a Vito Soldano permane l’esistenza di un edificio termale certamente legato alla vita della statio; alcuni ambienti furono riadattati in edificio di culto cristiano, come dimostra l’espressione “l’ekklesiastra”. In entrambi i siti è stata appurata l’esistenza di una necropoli sub divo, molto indagata a Sofiana, sconosciuta e depredata a Vito Soldano.

Come Sofiana, anche il sito di Vito Soldano fu interessato da una lunga frequentazione che si protrasse dal tardo antico al medioevo, attestata da reperti particolarmente significativi come il disco di terracotta, l’anello di rame con monogramma cristologico e le lucerne, di tipo africano (IV e V secolo), e di tipo siciliano (VI – VII secolo). Quanto ai reperti numismatici, essi si distribuiscono senza soluzione di continuità dall’età tardo-imperiale a quella bizantina inoltrata: l’esemplare più recente è, infatti, un follis emesso da Eraclio a Costantinopoli tra il 630 ed il 631 e contromarcato nel 631, probabilmente in Sicilia, dallo stesso imperatore. Dopo il VII secolo le vicende legate al sito di Vito Soldano diventano sfumate ed è difficile se-guirne le tracce.

Simona Iannicelli

Categoria: Storia ComuniTag: canicattì

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