Le origini dei primi abitatori di questa terra di Sicilia si perdono nella notte dei tempi, quando, al di quà delle colonne d’Ercole veniva a fondersi la razza rossa atlantidea con la razza nera africana e la bianca del nord Europa. In questo tempo nascevano le prime popolazioni in Sicilia, le cui labili tracce corrono nel tempo fino a tempi a noi più vicini (4.000 – 3.500 anni fa!) con le popolazioni Sicane ed un loro mitico Re: Kokalos.
Già parecchi secoli prima dell’eterna architettura greca della Valle dei Templi di Agrigento, a monte della rigogliosa vallata del fiume Platani, su due alture a pareti scoscese, l’una affusolata, l’altra a forma tronco-piramidale, troneggiavano nell’una la prima preistorica Rocca-Castello siciliana, nell’altra il cuore del regno Sicano, oggi S. Angelo Muxaro.
Per sapere chi erano e come vissero i primi sicani, quali le loro vicende storico-mitologiche, abbiamo rivolto alcune domande al prof. Ignazio Alessi, che per tutta la vita si è dedicato con passione allo studio profondo dell’argomento. Siamo andati a trovarlo nel suo amato paese di S. Angelo Muxaro e ci ha accompagnato con la sua modestia e sapienza per alcuni sentieri, a ritroso nel tempo, così come ebbe a scrivere: «Una visita a Monte Castello (foto 1) è una passeggiata nella storia, un contatto diretto con i popoli che hanno abitato e colonizzato, conquistato o liberato, amato o maltrattato la Sicilia. Tutti vi hanno lasciato un segno. Tutti, il tempo, la polvere, il sole, li concilia e li unisce su questa altura severa: Sicani, popoli Egei, Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi. Sulle spalle di questo gigante si domina il paesaggio immenso e conturbante della Sicilia, il sorgere del sole dall’Etna ed il suo tramontare verso il mare, verso l’Africa, i difficili monti Sicani verso Palermo e i colli verso Agrigento, verso il Mare Mediterraneo e ancora verso l’Africa. Un viaggio nel passato e nel presente, nella civiltà e nella miseria, nello splendore e nelle inquietudini della Sicilia».
Abbiamo anche visitato i luoghi dove sorsero le capanne delle prime popolazioni troglodite, i primi abitanti di questa Terra di Sicilia ancora vivono nelle tracce dei loro atti quotidiani, quali quelli che si riscontrano in un blocco sedimentato ove si distinguono gli avanzi di un pasto con una mandibola di animale e una lama a cono di selce (foto 2).
Le colline gessoso-solfifere, tutt’intorno mostrano qua e là sepolcri a nicchia scavati nelle pareti (foto 3), così come, fra arbusti cespugliosi ed alberi di mandorli e fichi, appaiono casolari, non si sa se derivati dai rustici greci o arabo-medioevali, infatti numerosi cocci di tegole di quei periodi sono disseminate qua e là. Segni di frequenti avvicendamenti di popolazioni che qui trovarono terre rigogliose, acqua dai vari torrenti, giacimenti di sale, boschi ed alture dove rifugiarsi.
Così scrive il prof. Alessi in una sua pubblicazione: «Di fronte al Pizzo dell’Aquila, guardando a nord-est, sempre alla sinistra del Vallone del Ponte, domina il Monte Castello (mt. 468 s.l.m.), celebrata fortezza araba e poi normanna, sveva, angioina ed aragonese. Fu espugnata dai Musulmani nell’862 e pertanto preesisteva, con diverso nome, alla conquista. Ricerche studi e riflessioni recenti la hanno fatto supporre come il sito della mitica Camico, la città costruita da Dedalo per i sicani di re Cocalo. Visto da quest’altura il castello potrebbe esprimersi ancora con le parole con cui Diodoro Siculo descrisse Camico: – “Una città su una rupe… assolutamente inespugnabile con la violenza: un artificio ne fece la salita angusta e tortuosa da potersi difendere con tre o quattro uomini”. La vasta area archeologica che circonda il Castello, le innumerevoli tombe a grotticella, a tholos, greche e tardo-bizantine, evidenziano l’eccezionale ruolo rivestito da questa altura fin dalla preistoria. Il materiale archeologico qua e là rinvenuto è tanto singolare, a volte persino unico, da connotare una civiltà ed una cultura altrettanto singolari ed uniche nel panorama della Sicilia pregreca».
Ecco, mentre passeggiamo, cosa ci piega il professore Alessi:
«S. Angelo Muxaro è riconosciuto pressoché unanimemente dagli studiosi come il centro più rappresentativo della Civiltà Sicana. Nel suo territorio si identifica la mitica Camico, la città-fortezza che il leggendario Dedalo avrebbe costruito per i Sicani su di una rupe inaccessibile, in cui il re dei Sicani, Cocalo, avrebbe trasferito la sua reggia e le sue ricchezze. Sotto le mura di Camico si sarebbe infranto il tentativo dei Cretesi di vendicare la morte per sospetto omicidio del loro re Minosse. Questi, infatti, rincorrendo Dedalo in Sicilia, sarebbe stato vittima dei Sicani di Re Cocalo, soffocato mentre era loro ospite in Camico in un bagno caldo.
L’identificazione di Camico è stata controversa ed ancora oggi è problematica. Ciò soprattutto perchè io ritengo ci si sia basati su congetture, sulla difficoltosa interpretazione delle fonti storico-mitologiche e su impostazioni tecniche al limite del fantasioso. Una risposta su basi più solide la può dare solo la ricerca archeologica se condotta da ricercatori competenti ed in possesso di una cultura di più ampio respiro che vada oltre le specifiche specializzazioni, spesso incapaci di uscire dai limiti propri di ogni particolarismo.
Solo in anni recenti si è tentato di risolvere il problema della identificazione di Camico su basi archeologiche oltre che storiche, topografiche e di interpretazione dei miti. Solo di recente si è cercato di ordinare, studiare ed analizzare il cospicuo materiale archeologico accumulato soprattutto nella prima metà del secolo XX in diversi musei e collezioni private italiane ed estere, proveniente da S. Angelo Muxaro.
Ci riferiamo agli oltre 700 reperti dello scavo di Paolo Orsi del 1931-32 custoditi nel Museo Archeologico di Siracusa, dei circa 400 vasi del Museo Archeologico di Palermo, degli altri del Museo di Agrigento, del Museo di Firenze, del Museo Pigorini di Roma. Ci riferiamo alle patere d’oro con teoria di torelli a sbalzo del British Museum di Londra, dei due anelli con costone ellittico e con intaglio di figure zoomorfe conservati al Museo “Paolo Orsi” di Siracusa.
Malgrado l’insufficienza delle ricerche sul terreno, sono bastati lo scavo di qualche sepolcro, di qualche angolo dell’immensa area archeologica di S. Angelo Muxaro e uno sguardo più attento ai materiali rinvenuti per accorgersi che l’identificazione della fortezza Dedelica nel territorio di S. Angelo Muxaro non è solo possibile o probabile ma pressoché sicura.
Intanto è certo che sia esistita se nel 258 a.C. i Romani la isolarono e la sottomisero. Solo allora finì la sua esistenza malgrado i greci di Akragas ripetessero, soprattutto nelle loro cronache, di averla vinta più volte.
La difficoltà incontrata sulla strada della identificazione era rappresentata dalla datazione del materiale rinvenuto nelle tombe a “Tholos” della collina di Muxaro in associato spesso a vasellame greco persino del V secolo a.C. Ciò indusse a datare la necropoli e la località ad un periodo tardo, sebbene l’Orsi stesso non potè non osservare e riconoscere la presenza di materiali più antichi. Si finì per definire S. Angelo Muxaro e la sua monumentale necropoli come località archeologica del IX° – V° secolo a. C., ovvero ad età non compatibile con i fatti di Camico.
Ora, esaminati più attentamente i reperti, ci si è resi conto che la necropoli fu in uso per un periodo più lungo a partire dal XIII al XII secolo a.C.
A tale età vengono infatti assegnati alcuni vasi.
Si ritiene perciò che le necropoli siano state utilizzate dal medio bronzo al V secolo a.C., quindi risalirebbero al XIII secolo a.C. e sarebbero state utilizzate fino al V secolo a.C.
Caduta la maggiore difficoltà pressocché concordemente, gli studiosi insistono ad identificare Camico nel territorio di S. Angelo Muxaro. A favore della identificazione adduce la presenza di ori in quantità così rilevante e in qualità così unica nel panorama dell’archeologia siciliana.
Più recentemente si sono rinvenuti un gruppo di bronzi del XII sec. a.C., bacili e spade, nei pressi della necropoli, testimonianza di quel medio bronzo a cui si accostano i fatti di Camico. Questo ha accresciuto la certezza della identificazione».
In una recente pubblicazione il prof Alessi aveva spiegato: «Le poche ossa umane casualmente rinvenute nel 1996 in una grotta carsica di S. Angelo M. assieme ad altre ossa animali e ad un singolare corredo funerario, non sono di individui qualsiasi, ma di un bambino e un giovane guerriero di 3.200 anni fa, quasi certamente facenti parte di una potente classe elitaria locale. È questo in sintesi il risultato cui sono pervenuti, dopo approfondite e sofisticate analisi scientifiche, l’archeologo Giuseppe Castellana, il Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico al Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma, Tor Vergata, ed il prof. Francesco Mallegni docente di paleontologia umana e di antropologia alle Università di Pisa e Palermo.
Ora la Grotta del Guerriero promette altre sensazionali novità. Una breve campagna di scavi diretta dalla prof.ssa Graziella Fiorentini, soprintendente alle antichità di Agrigento, e condotta dall’archeologo Alessandro Vanzetti, ha evidenziato una sorta di ipogeo con ben nove camere di cui alcune con materiale archeologico. In una di esse pare si siano rinvenute finora le ossa di ben 21 individui, tra cui adulti e bambini, con corredi funebri notevoli. Anche se è prematuro trarre una qualsiasi conclusione, è fin troppo evidente che le viscere delle colline di S. Angelo M. stiano per riscrivere la preistoria agrigentina e siciliana».
Chi diede il nome Kokalos a questo uomo regale e come fu scoperta la sua tomba?
«Non è conosciuta la ragione, né siamo certi che la sua tomba sia stata scoperta. Alcune delle tombe a tholos della necropoli di Muxaro, per la loro monumentalità e ricchezza dei corredi funebri, dovettero appartenere all’élite del popolo Sicano, ma nessuno può dire a chi».
Perché è paragonato al Re Agamennone?
«La guerra di Camico è stata paragonata alla guerra di Troia con esito invertito. A Troia l’elemento acheo (greco), risultò vincitore, mentre a Camico i Cretesi (greci) soccombettero».
Cosa rappresenterebbero i due simboli incisi sulla porta di entrata della sua presunta tomba? (foto 4)
«Il tridente chiaramente riporta a Poseidone il che è di rilevante importanza per il problema della identificazione di S. Angelo Muxaro con Camico. Nel complesso dei graffiti, si leggono i diversi interventi al tempo delle popolazioni preistoriche e delle più recenti paleocristiane. Tuttavia essi non sono ancora stati argomento di studi più seri. È altresì di grande interesse il vasetto amuleto con cartiglio del Faraone egiziano Tutmosi III, della XVIII dinastia, pervenuto al Museo Archeologico Nazionale di Agrigento dalla collezione Giudice e proveniente dall’area santangelese».
Il disegno ricorrente dei due cerchi concentrici sulla volta della tomba o del piatto d’oro (addirittura uno con la luna accanto), cosa potrebbero significare? (foto 5)
«L’adorazione del Dio Sole», risponde pacatamente Alessi. Questo, oltre che farci fantasticare su di una realtà così lontana alla nostra attuale, ci stimola passionalmente a volere maggiori chiarimenti, per desiderio di sapere di più, ma, ahimè, ciò rappresenta un rompicapo anche per i più bravi archeologi, i quali giorno dopo giorno mettono insieme tasselli affinchè possano prima o poi “ritrovare il bandolo della matassa” cioè le origini e la storia dell’uomo, modi e tempi dell’evoluzione della sua cultura.
Le informazioni che attualmente possediamo possono dare adito alle più straordinarie deduzioni: le influenze Atlantidea ed Egiziana, e i legami con la più antica forma di adorazione della Deità Solare.
Comunque una cosa è certa, che in Sicilia il susseguirsi degli invasori confuse la razza primaria fino ai siciliani moderni, ma più che vivi ed unici restano determinati aspetti caratteriali che ne contraddistinguono ritualità (specie nelle feste religiose), istintualità, passione, intelligenza creativa e geniale, testimoniato senza confronti su ogni aspetto culturale, in questa Antica Isola Triangolare baciata dal Sole.
Orazio Valenti, Sicani, Camico e Kokalos , Agorà IX (a. III, Aprile – Giugno 2002) www.editorialeagora.it