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monte san vincenzo aragona tomba a forno
monte san vincenzo aragona tomba a forno

Aragona, le Necropoli Micenee di San Vincenzo e Caldare

9 Novembre 2017 //  by Elio Di Bella

monte san vincenzo aragona tomba a forno
monte san vincenzo aragona tomba a forno

La necropoli micenea del monte S. Vincenzo di Caldare risale al periodo che va dal 1400 al 1200 avanti Cristo. La maggior parte delle tombe, nel totale disinteresse è completamente dimenticate, sono andate distrutte con il passare degli anni e per l’intervento umano, tuttavia ne rimangono ancora diverse in buono stato di conservazione; rischiano però di scomparire.

All’inizio del secolo A. Mosso, così come aveva fatto P. Orsi alla fine dell’Ottocento, esplorò circa settanta tombe e ne descrisse minuziosamente alcune ricavandone una forte commozione. « Confesso, scrive, che nella storia dei sepolcri, donde si vede da lontano il mare. Da queste tombe spira la poesia dei popoli primitivi, la psicologia loro è piena di sentimento delicato che vibra ancora nell’aria moderna ». Le tombe a forno sono state scavate nella roccia ed hanno un’apertura circolare del diametro di circa cm. 52, attraverso cui si immette in un corridoio di circa cm. 20 che porta in una cavità ellissoidale leggermente inclinata a sinistra, alta circa cm. 70, profonda mt. 1,20 e larga mt.

1,40. Ma le tombe non sono tutte uguali: alcune sono doppie, altre comunicano tra di loro e appartengono ad un intero nucleo familiare, mentre altre tombe appartenenti ad un periodo più recente presentano una camera larga sei sette metri, dove venivano seppelliti diversi cadaveri. « Altre tombe maggiori, scrive ancora il Mosso, trovai nella collina dove crescono i carrubbi; esse hanno l’entrata volta a mezzodì, con due o tre scalini bene incavati nella roccia per scendere nella cella. In una di queste tombe trovai quattro crani e molte ossa sconvolte. Si capiva che la tomba era stata frugata, ciò nullameno volli svotarla con cura. Dalla porta quadrata (dinanzi alla quale credo manchi un pezzo di corridoio) si scende con due gradini scolpiti nella pietra sul pavimento che sta circa mezzo metro più in basso della soglia. Contro alla parete in fondo trovai intatta una tazza col manico lungo come adoperavansi quale attingitoio per evitare di immergere le dita nel vaso da cui prendevasi il vino. La tazza (…) col manico rotto è completa. Questo skyphos è di carattere così prettamente miceneo che basta esso solo per stabilire con approssimazione la data del sepolcro. Esso è di argilla rosea col diametro di 9 cm. e alto 55 mm.: ha sul manico una decorazione di semplici linee orizzontali fatte di color rosso e nero».

I primi ritrovamenti della necropoli del monte di S. Vincenzo furono fatti alla fine dello scorso secolo da alcuni zolfatai del posto e sono riferite da P. Orsi che nel 1897 così scrive: «Nell’aprile del 1986 sul monte S. Vincenzo, presso Caldare, alcuni zolfatai disoccupati si imbatterono a caso in un sepolcro scavato nella roccia conchiglifera calcare-terziaria, il cui contenuto intatto essi si affrettarono a portare a Girgenti (…): due grandi anfore alte cm. 32 e 45, plasmati di una creta bigia nell’una rossastra nell’altra, non tornite, però ben cotte, con timbro quasi metallico, presentano, dove la superficie è meglio conservata, tracce di una diligente ingabbiatura a stralucido, bruna e rossastra».

Nelle tombe esplorate da P. Orsi e A. Mosso, oltre a quelli descritti, furono fatti altri ritrovamenti molti dei quali si trovano nel museo di Siracusa. In prevalenza furono trovati diversi frammenti policroni di ceramica e fondo rosso, roseo, giallastro, con fregi lineari bruni e alcuni con filettatura bianca, alte anse tra cui una con margini dentati, simili alla sega di un pesce spada e due bicornute in testa. La presenza di questi materiali mostrano come il villaggio preistorico di Caldare fosse collegato al mare e avesse dei rapporti con la civiltà egea e minoica. A mezzo chilometro di distanza dalle tombe, tra la stazione di Caldare e una cava di pietra, A. Mosso individuò il villaggio preistorico ed effettuò diversi scavi trovando molte tracce di pavimenti sovrapposti di capanne risalenti a periodi diversi, segno che la popolazione preistorica ha abitato nella zona per diversi secoli. Secondo la ricostruzione che ne fece A. Mosso, alcune capanne si trovavano addossate alla parete rocciosa dove erano state scavate delle alcove. Le capanne erano chiuse intorno con pali

« abbastanza grossi e non con semplici frasche. Sembra che tali capanne fossero a livello del terreno e non scavate a fossa…. Dobbiamo ritenere che dopo distrutte le capanne non fu abbandonato questo luogo. Anzi debbono essere vissuti per molti secoli gli stessi abitatori che coprirono il fondo delle capanne con uno strato di detriti alto più di un metro ».

Il Mosso negli scavi che effettuò nel villaggio trovò anche quattro astragali, tre corna votive, scheggi di selce lavorata, frammenti di macine e di conche calcari per triturare semi, accette di pietra, coltelli ossidiana e un idolo femminile « di argilla chiara, fine e ben cotta: di sotto è aperto e le pareti sono spesse 20 mm ». Nella parte superiore l’idolo presenta tre sporgenze e un buco tra le mammelle e due ai fianchi, tutti alla stessa altezza. L’idolo, secondo la classificazione di P. Orsi, risale al primo periodo siculo e somiglia molto ad altri idoli presenti a Cipro.

Quasi tutti i reperti trovati nel corso degli scavi fatti a Caldare si trovano nel museo di Siracusa. I resti del villaggio e quelle poche tracce che di esso rimangono stanno per scomparire del tutto per dare posto ai molti villini che vanno sorgendo nella zona, distruggendo queste preziose testimonianze del passato. Alcune tombe che ancora rimangono della necropoli sono completamente abbandonate e rischiano di scomparire completamente.

Francesco Graceffa in Agrigento Nuove Ipotesi,  n.3, 1988, Agrigento

Categoria: Storia ComuniTag: aragona, necropoli, provincia di agrigento

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