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valle dei templi
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Agrigento, Il Paesaggio: Una Riflessione

29 Ottobre 2017 //  by Elio Di Bella

valle dei templi
valle dei templi

L’Italia ha accolto con un’apposita legge il programma per l’Agenda XXI che comprende gli orientamenti generali per adeguare l’uso del territorio alle condizioni specifiche dei luoghi secondo parametri di operabilità e durata (Ferrara e Campioni 2005). Tale opportunità occorre anche nel caso di Agrigento. Gli effetti prodotti dalle attuali modalità di governo del territorio e di gestione dei flussi turistici, sul paesaggio e sui giacimenti archeologici e minerari, inducono infatti alla seguente riflessione: il patrimonio di natura e cultura che ha rappresentato sino ad oggi uno dei motori dell’economia cittadina corre il rischio di essere dissipato qualora si insista nel considerarlo bene inesauribile e i parametri di riferimento siano quelli propri della città, del sistema urbano, dell’edificazione.

Per quanto riguarda il recupero del degrado e, soprattutto, lo sviluppo del paesaggio della Valle si configura allora un modello che, nella più assoluta garanzia di tutela del patrimonio culturale e ambientale disponibile, intende rapportarsi al paesaggio come risorsa economica e produttiva primaria su cui fondare un processo di sviluppo e, con esso, trovare soluzione a problemi aperti, quali le attività commerciali, l’occupa-zione, i trasporti e i servizi, nel pieno riconoscimento dei bisogni che la città esprime da tempo. Attività e servizi non generici, adatti a qualsiasi contesto, ma direttamente funzionali a fare della Valle un luogo di iniziative d’eccellenza, capaci di decuplicare i visitatori nell’anno.

Il paesaggio della valle è il risultato dell’incontro tra i caratteri naturali e l’ingegno dell’uomo, è un progetto collettivo che ha misurato la necessità del produrre con le risorse disponibili e con i caratteri dell’ambiente. Tutto questo fa parte della nostra identità – da tutelare e valorizzare – soprattutto perché il progetto per il parco di Agrigento non è solo un progetto locale, è un progetto che appartiene alla cultura europea. Pertanto non si può pensare che un progetto di valorizzazione del parco che interessa, affascina e appartiene alla cultura dell’intero popolo europeo possa essere qualcosa di svantaggioso per gli agrigentini; è su questo che bisogna lavorare per far vivere i vinco¬li non come limitazioni alla proprietà ma come occasioni di sviluppo economico

  Il paesaggio e la Kolymbetra

Ad Agrigento, il paesaggio greco è caratterizzato da una grande varietà di luoghi naturali. Esso sembra rappresentare una varietà di forze naturali e non accetta la volontà di “dare ordine rispetto al caos”, qui l’intervento antropico è di assoluto rispetto della conformazione orografica assolutamente unica8.

Per riportare un esempio che ponga insieme agricoltura e paesaggio, si ricorda, in questa sede, che nella valle, vicino al tempio dei Dioscuri e a quello di Vulcano, si stende il Giardino della Kolymbetra. Ai tempi della città greca in questo fossato c’era una grande piscina, un vivaio abitato da pesci e cigni, e vi sfociavano alcuni acquedotti. Diodoro Siculo la descrive narrando che le ricchezze del bottino della vittoria d’Imera fornirono la manodopera dei 50.000 prigionieri cartaginesi che furono impiegati da Terone nella realizzazione di una colossale rete di acquedotti che confluivano, dopo aver percorso l’intera area urbana, nel grande bacino della Kolymbetra, la cui diga concorreva alla fortificazione della città), opera dell’architetto Feace. Questa sontuosa vasca era attorniata da: – l’ulivo, albero sacro per eccellenza, che raggiunge dimensioni straordinarie, – l’alloro sacro ad Apollo, le cui fronde venivano intrecciate, simbolo di gloria a coronare il capo dei vincitori dei giochi,

– il mirto, sacro a Venere, con i cui rami si facevano ghirlande per i poeti,

– il mandorlo, prezioso per i fiori e per le virtù medicinali e cosmetiche degli olii, – il melograno, spettacolare allo sguardo sia nella fioritura che nella fruttificazione, – l’acanto, con le sue belle infiorescenze, le larghe foglie rappresentative del capitello corinzio.

La dominazione araba (IX sec. d.C.,) segna la rinascita dell’agricoltura e la Kolymbetra diventa un giardino, chiuso naturalmente e riparato dai venti, arricchito dagli agrumi coltivati su terrazzamenti realizzati con muretti a secco; compaiono:

– l’arancio amaro coltivato per la bellezza dei suoi frutti da cui si ricavavano sciroppi

e canditi, per l’intenso profumo della zagara da cui si estraevano olii essenziali e per le virtù medicinali della sua corteccia;

– il limone, che nelle stagioni presentava ininterrottamente fiori e frutti,

– il carrubo (i cui semi “quirat”, carati, vennero usati come unità di peso dell’oro), dai dolci frutti e dalla grande chioma che offriva refrigerio,

– il pistacchio con cui già gli arabi lavoravano nella preparazione di dolci.

Nel Medioevo la proprietà del giardino passò alla Chiesa, denominato Horti abbatiae o Badia bassa, come ancora oggi risulta negli archivi del catasto. Fu coltivato ad ortaggi dai monaci cistercensi che risiedevano nell’allora monastero adiacente alla chiesa di S. Nicola.

Sino agli ultimi decenni del 1900 la Kolymbetra, ormai di proprietà privata, fu coltivata ad agrumeto ed orto, infine infestata dai rovi, tristemente utilizzata come discarica. Area protetta fin dal 1957 con il D.M. n. 165 e, in termini più rigidi, con leggi e decreti che si sono susseguiti dal 1966 in poi.

Giuseppe Barbera, professore di Colture arboree all’Università di Palermo, con Giuseppe Lo Pilato, agronomo agrigentino hanno, in accordo con la Soprintendenza e con la Regione, grazie al Fondo per l’Ambiente Italiano avviato il risanamento nel 1999. Il Giardino è oggi uno spettacolo di agrumi e di altre piantagioni (gelsi, pistacchi, noci, melograni), con un piccolo torrente protetto da canne e bordato da salici e pioppi. Divenuta proprietà della Regione e affidata al FAI, la Kolimbetra è oggi ricca della vegetazione di un tempo, dei percorsi delle acque e rimane una testimonianza archeologica delle grandiose opere idrauliche realizzate9 .

  Il Museo vivente del mandorlo e il Parco Archeologico e paesaggistico

Il valore del bene-paesaggio non può che partire dal riconoscimento dei valori già attualmente presenti nel territorio: tanto relativi agli elementi fisici e produttivi che a quelli culturali. Si fa riferimento all’ambiente geologico che manifesta non solo preoccupanti fenomeni di degrado, ma anche aspetti di spettacolarità relativi ad alcune emergenze come i calanchi argillosi alla base della Collina dei Templi; al ruolo della Valle come contenitore di biodiversità sia tra ecosistemi che tra specie ed entro specie. Ad esempio, il Museo vivente del mandorlo, realizzato nel 1997 con il patrocinio della Sovrintendenza di Agrigento e della Provincia Regionale, raccoglie la biodiversità della specie in Sicilia e si propone di diffondere le produzioni, tipiche e di qualità. Per il XIX secolo e ancora fino a metà del XX, il mandorlo è infatti una pianta che si espande, sinonimo di un’agricoltura rigogliosa, attenta alla manutenzione dei terreni (le radici del mandorlo sono di ostacolo all’erosione) e ai valori paesaggistici.

La Legge Regione siciliana n.20/2000, ha istituto il Parco Archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi (oltre 1400 ettari) e indica nel Piano del Parco lo strumento strategico per il governo del territorio. E ciò sia perché vieta di “eseguire nuove  9

       Nell’articolo di F. Erbani (La Repubblica, Marzo 2004) si trovano ulteriori informazioni. Nel Numero speciale sulla situazione urbanistico-edilizia della città di Agrigento (Bollettino del Centro di documentazione, 1975) riscontriamo che nel 1945 contava 37.814 abitanti e 15.889 vani di cui 4528 erano stati “dichiarati” distrutti dagli eventi bellici e che ancora, all’inizio del 1952, ne erano stati riadattati soltanto 237.

Il programma di fabbricazione del 1957 consentì di edificare interamente il declivio franoso e complessivamente prevedeva la cubatura di mc 12.491.425 (cioè pari a 125.000 vani) per un centro che contava appena 40.000 abitanti. Nel 1958, secondo il regolamento edilizio (art. 39), era consentita per gli edifici qualsiasi altezza; nel 1961 l’amministrazione comunale trovava cavilli burocratici per boicottare la redazione del Piano regolatore generale. Il lungo iter della gestione amministrativa portava, nel 1964, a dichiarare illegittimi i vincoli del piano territoriale paesistico perché privo dei decreti istituzionali.

costruzioni, impianti e opere di qualsiasi genere, anche se di carattere provvisorio”, sia perché chiede al Piano di precisare i modi d’uso delle tre zone immodificabili nella struttura di base, ovvero archeologica, paesaggistico-ambientale e naturale-attrezzata.

La gestione sarà finalizzata ai soprassuoli agricoli (bosco di mandorli e ulivi, giardino mediterraneo, agrumeti, edilizia rurale sparsa).

  Un ricordo personale, infine

Walter Gropius, il maestro dell’architettura razionale e fondatore del Bauhaus nella Germania di Weimar, è stato a Palermo nel 1967, ha fatto una chiaccherata con gli studenti nell’aula che poi ha portato il suo nome; e si è fermato come turista per circa dieci giorni, visitando Segesta, Agrigento e Selinunte. A Segesta lo accompagnai io in macchina col mio Maestro: Gropius si fermava a guardare non solo il tempio, ma anche i filari di vigneti. Ha detto il maestro: “Sono venuto in Italia questa volta seguendo un mio vecchio sogno: avevo sempre desiderato di vedere i Templi d’Italia, incominciando da Paestum e poi scendendo in Sicilia a vedere i templi greci. Posso dirvi che questo tempo felice dell’architettura greca, da Paestum fino alla Sicilia, è uno dei più alti, forse è il più alto tempo dell’architettura e lo posso dire dall’alto dei miei 84 anni di età. Non credo che in nessun altro posto del mondo gli architetti abbiano capito la natura dell’ambiente in modo così grandioso. Pensiamo come doveva essere l’ambiente (agricolo e monumentale), entro cui si situavano, la tecnica, l’estetica e il resto”10.

BIBLIOGRAFIA

7     Non dimentichiamo, infatti, che il Parco della Valle dei Templi, istituito di recente con L.R. 20/2000, è denominato “archeologico e paesaggistico”.

8     Ricordiamo che nel 1997 l’UNESCO ha dichiarato la Valle “Patrimonio mondiale dell’Umanità”.

9     Nell’articolo di F. Erbani (La Repubblica, Marzo 2004) si trovano ulteriori informazioni. Nel Numero

speciale sulla situazione urbanistico-edilizia della città di Agrigento (Bollettino del Centro di documentazione, 1975) riscontriamo che nel 1945 contava 37.814 abitanti e 15.889 vani di cui 4528 erano stati “dichiarati” distrutti dagli eventi bellici e che ancora, all’inizio del 1952, ne erano stati riadattati soltanto 237. Il programma di fabbricazione del 1957 consentì di edificare interamente il declivio franoso e complessivamente prevedeva la cubatura di mc 12.491.425 (cioè pari a 125.000 vani) per un centro che con¬tava appena 40.000 abitanti. Nel 1958, secondo il regolamento edilizio (art. 39), era consentita per gli edifici qualsiasi altezza; nel 1961 l’amministrazione comunale trovava cavilli burocratici per boicottare la redazione del Piano regolatore generale. Il lungo iter della gestione amministrativa portava, nel 1964, a dichiarare illegittimi i vincoli del piano territoriale paesistico perché privo dei decreti istituzionali.

Barbera G. e Lo Pilato G. (1995). Il paesaggio della Valle dei Templi. Provincia Regionale di Agrigento.

10 Cfr. Architetti di Sicilia 13 (gennaio-marzo 1967).

Di Giuseppe Carta, Valeria Scavone  Professore Associato in Urbanistica , nel Dipartimento di “Architettura, dell’Università degli Studi di Palermo,

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, valle dei templi

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