TRA LE VIE DEL RABATO
CORTILI-CHIESE- TRADIZIONI
Akràgas venne fondata nel 581 a.C. da coloni provenienti da Gela nella zona compresa fra il colle di Girgenti, la rupe Atenea, e la Valle dei Templi. Conquistata dai Romani prese il nome di Agrigentum e per tutta l’età repubblicana fu il maggior centro della Sicilia meridionale grazie anche ad un’economia basata sulla produzione cerealicola e vitivinicola, sullo sfruttamento delle miniere di zolfo e sulla raccolta del sale. A partire dal III secolo d.C., la città lentamente comincia a spopolarsi e con la caduta dell’impero romano d’occidente nel 476 d.C. fu brutalmente travolta dalla furia devastatrice dei Barbari, che cessò solamente con l’arrivo dei bizantini nel VI sec. d.C. La popolazione era ormai notevolmente ridotta e concentrata per lo più nella zona del quartiere ellenistico romano.
Tuttavia, finchè il Mediteranneo centrale rimase saldamente sotto il controllo bizantino, Agrigentum godette se non di prosperità, quanto meno di sicurezza; ma quando, a partire dalla seconda metà del VII secolo, si fecero più intense le scorrerie dei musulmani stanziatisi in nordafrica, la popolazione si spostò gradualmente a vivere su quella parte della città corrispondente all’antica acropoli sul lato occidentale del colle Girgenti -al riparo dal mare – dando origine ad un
insediamento trogloditico più facilmente difendibile.
Le grotte trogloditiche

Oggi è possibile vedere soltanto quello che rimane dell’ l’antico villaggio sorto nella contrada denominata “balatizzo”. Si trattava di un borgo di case scavate nella roccia, scoperto da Salvatore Bonfiglio nel 1898 e che si estendeva tra l’odierna Via Dante e l’attuale Parco dell’Addolorata ad ovest, fino al quartiere Santa Croce a nord e verso est nell’area ove poi fu costruito, nel ‘300, il convento del Carmine. Stupisce alquanto il silenzio delle fonti su quella che oggi è una innegabile realtà archeologica: queste grotte, infatti, erano presenti dalla protostoria fino ai secoli dell’alto Medioevo sul colle di Girgenti ed erano ubicate, come indicato puntualmente dalle fonti, “sul lembo occidentale della collina che a mezzogiorno del Rabato discende a picco verso la vallata”.
Si tratta di abitazioni trogloditiche collegate da un sistema viario abbastanza sviluppato, distanti una dall’altra da 13 a 15 metri, le quali si aprivano su uno spiazzo reso pianeggiante dalla ablazione della roccia intermedia. La casa tipo era composta da un atrio rettangolare che dava sulla strada, due piccoli vani intermedi e alle spalle un cortile quadrangolare; vicino questi edifici sono state trovate numerose cisterne a campana scavate nella roccia che dovevano servire per la raccolta dell’acqua
piovana. Alcune di queste cisterne, durante la costruzione della chiesa dell’Addolorata, furono trasformate in cripte; ve ne sono sotto il sacrato della chiesa e sotto la navata e alcune di esse sono tutt’oggi visitabili. In una di queste cisterne sarebbero stati ritrovati anche resti di ossa umane, dato che, fino all’Ottocento, accanto all’attuale sacrato, vi era un cimitero.
Il complesso trogloditico, quindi, che, come si è detto, dovrebbe risalire addirittura all’età predorica (forse realizzato dai Sicani insieme alla fitta rete di ipogei, come ci testimonia Diodoro), venne utilizzato a scopo difensivo nel periodo bizantino (per difendersi dagli arabi). Dopo la conquista da parte dei Musulmani, avvenuta nell’ 828, fu ampliato ulteriormente, infatti la città (in arabo Kerkent) ricominciò a crescere e a prosperare da un punto di vista demografico e urbanistico: essa era costituita da abitazioni trogloditiche scavate nella roccia nel Rabad, in arabo sobborgo, e da abitazioni in muratura nell’hisn, rispettivamente a sud e a nord della via Garibaldi.
Queste abitazioni scavate nella roccia continuarono poi ad essere utilizzate anche in epoche più recenti fino agli anni cinquanta da gente povera come è possibile vedere dai resti di intonaco e muratura all’interno di alcune di esse.
Il Quartiere Rabato
Il nome del quartiere, in arabo Rabad, vuol dire sobborgo fuori le mura. Esso è situato nell’estremità occidentale del colle di Girgenti in corrispondenza di una delle porte della Città: Porta Cannone ( detta
“u cannuni” ), poi Porta Addolorata. La zona doveva risultare particolarmente affascinante, fino alla fine del Settecento, quando ancora, accanto alla porta, dominava una possente torre circolare che fungeva da sistema difensivo, con un pezzo d’artiglieria soprastante;
di essa ci rimane un disegno del francese Desprez del 1785, riportato in un libro di Vivant Denon e Saint-Non (Vojage Pittoresque). Nell’Ottocento, non perdurando ragioni per quel tipo di difesa militare, la torre venne abbattuta e nell’area, sul poggiolo ove essa sorgeva, furono costruite abitazioni civili munite di cortili, ora non più esistenti (cortile Garretta, poi Avvampalavori e Giglio). Nel 1864, in seguito all’abbassamento di Via Garibaldi e del successivo livellamento, anche la porta fu demolita.
Testimonianza ulteriore dell’abbassamento di Via Garibaldi (ex Strada Maestra del Rabato) è quello che rimane di un elegante portale chiaramontano incastonato nel muro e situato ben più in alto del livello stradale. Si tratta di un portale trecentesco cieco, con le classiche modanature chiaramontane nelle due ghiere segnate a zig zag. Non si conosce esattamente a quale chiesa appartenesse ma è certo che il portale faceva parte delle due vicine chiese trecentesche del Rabato, San Luca o San Giuliano, demolite nel 1583 per la costruzione del primo convento dei Mercedari Calzati (Convento della Misericordia chiuso nel 1666). Il portale
trecentesco fu inglobato nelle murature del convento cinquecentesco, oggi non più esistente, fatta eccezione per questo meraviglioso rudere chiaramontano circondato da recenti e forzati interventi edilizi.
La frana
L’evento franoso del 19 luglio 1966 che ha sconvolto la fisionomia del quartiere, è cominciato nel 300 d. C.,
continuando per secoli sino ai nostri giorni. La causa principale è rappresentata dalla penetrazione profonda, nel sottosuolo dalle acque dell’Ipsas oggi Drago, che scorre sul calcare marmoso di origine miocenica (cioè in un letto altamente permeabile) e che ammorbidisce e scioglie le argille che servono da base ai due colli di Girgenti e di Montaperto. L’indebolimento delle basi porta inevitabilmente all’indebolimento (per ragioni artesiane!) delle argille più elevate su cui poggia il tufo arenario dei due colli: da qui, la frana sulle due zone prospicienti la valle del Drago.
Il fenomeno, che dal 1745 appariva stazionario, si è ripresentato in tutta la sua crudezza non soltanto per il “boom” edilizio su terreni geologicamente non idonei, ma anche per le colossali cave di tufo che sono state scavate sul lato ovest della collina di Girgenti. Queste cave, infatti, hanno turbato l’equilibrio delle masse proprio nella zona più declive e più pericolosa, dato che sotto di essa esiste il già citato ammorbidimento delle argille ad opera del Drago.
Il Calvario
In occasione della famosa processione del Venerdi Santo il quartiere del Rabato, che reca ancora i segni di una storia tanto travagliata, sembra prendere nuovamente vita. Proprio qui, infatti, avviene puntualmente, ogni anno, ai piedi delle tre croci del Calvario, l’incontro tra Gesù Appassionato e la Madonna Addolorata. La chiesa dell’Addolorata, dopo le funzioni religiose del Giovedì Santo, è già parata a lutto, un grande arazzo nero ricamato in filo oro, chiamato appunto lutto, pende davanti la facciata del Santuario, la Madonna si trova già sistemata sulla vara, davanti l’altare maggiore, dove è li ad aspettare la visita dei fedeli agrigentini.
Alle prime luci del Venerdì Santo incominciano i pellegrinaggi in piduni, (a piedi scalzi), verso il Santuario. Alle 9.00 in punto dalla Cattedrale, al suono di strazianti marce funebri, ha inizio il corteo dei devoti del Crocifisso, delle donne con i ceroni votivi, con i piedi scalzi e delle Consorelle. Dietro un artistico Crocifisso argenteo ci sono i Confrati, conclude la processione il clero con la Statua: dò Signuri ca cruci ‘ncapu i spaddi, Gesù Appassionato. Alle 10.30 dalla scalinata S. Croce, proviene la processione del Cristo Appassionato, che dopo aver attraversato le impervie strade e le piccole, tozze scalinate giunge nel cuore del Rabato, devastato dalla frana.
L’Addolorata lascia il suo Santuario accompagnata dalla sua Arciconfraternita. .Facendosi spazio tra la folla e tra le mille lacrime di emozione e suggestione i due simulacri si mettono vicino: pari ca si parlanu! (sembra che parlino). Avvenuto quindi, l’incontro tra Gesù Appassionato e la Madonna Addolorata, dopo un pensiero espresso dal Rettore del Santuario, ripartono le due processioni al completo verso il calvario predisposto in Cattedrale dove avverrà la crocifissione.
DA UNA RICERCA DEGLI STUDENTI DEL LICEO PSICO-PEDAGOGICO POLITI DI AGRIGENTO