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Agrigento Urna di San Gerlando

26 Febbraio 2015 //  by Elio Di Bella

L’urna argentea di S. Gerlando rientra nella secolare e profonda devozione che la popolazione agrigentina ha avuto, lun­go il corso dei secoli, per il secondo fon­datore della Chiesa di Agrigento.

La venerazione verso il corpo di San Gerlando si manifestò subito dopo la sua morte, e si accrebbe quando il suo corpo fu traslato dentro la chiesa, nel lato destro, sotto il Vescovo Gentile, nel 1159.

Nel marzo 1264 il Vescovo agrigentino Rainaldo fece la ricognizione del corpo del santo Vescovo, che fu deposto in un’arca di legno che venne dipinta, nell’occasio­ne, dal pittore mastro Vincenzo. Da allo­ra venne anche celebrata, 15 giorni dopo Pasqua, la festa della traslazione.

Dalle numerose e interessanti ricognizio­ni effettuate da diversi Vescovi, da mons. Gentile a mons. Giuseppe Petraha, si può rilevare anche un grande e continuato amore verso San Gerlando.

Nelle preziose pergamene, conservate nell’urna, si ha notizia di una cassa argen­tea, in particolare sotto il Vescovo Matteo de Fugardo (1362-1390). Si tratta di or­namentazione con lamine di argento che rivestivano, in tutto o in parte, la cassa li­gnea dipinta (Cfr.A. Noto, Le ricognizioni delle reliquie di San Gerlando, in Miscel­lanea in onore di mons…A.Noto, Agrigen­to 1985, pp.131-156; D.De Gregorio, San Gerlando, Storia e Racconti popolari, Agri­gento 1975, p.77).

La grande urna argentea, monumenta­le e splendida, risale però al Vescovo Fran­cesco Traina (1627-1651), uomo ricchis­simo quanto munifico, che nel suo lungo e travagliato episcopato realizzò numero­se opere.

Gli studi recenti ci forniscono particola­ri più precisi che arricchiscono le notizie già conosciute con nuovi e preziosi contri­buti per la conoscenza di questo singolare capolavoro.

La prima che valorizzò e inserì la Cassa reliquiaria di San Gerlando (come lei chia­ma) in un contesto più ampio, è stata Ma­ria Accascina che nella sua monumentale opera Orificeria di Sicilia, (Palermo 1975, pp.248 466…) riservò diverse pagine al­l’illustrazione dell’intera urna e di parti­colari, e anche espresse questo entusiastico giudizio: « La cassa reliquiaria di San Ger­lando nel Duomo di Agrigento è tutta sua, di Michele Ricca: iscrizione alla base «ma-gister Michael Ricca panormitanus anno salutis 1639 perfecit »; marchio con le sue iniziali M.R. accanto allo stemma di Pa­lermo ripetuto in ogni dove, dalle testine degli angioletti che sostengono la base fino in alto alla figura del Santo in preghiera.

Integra, nitida, l’opera eseguita senza collaboratori, presenta una unità stilistica serrata, illuminante sulla personalità del­l’autore da permetterne la conoscienza e quel che amava e voleva e come e perché.

Amava la forma bella, i volti nobili, il di­segno accademico senza svolazzi e volga­ri realismi, lavorava con serenità non per seguire maniere ma per spontanea aderen­za ad un proprio ideale. Sarebbe stato un fedelissimo allievo all’accademia dei Caracci ».

Anche mons. D.De Gregorio, nella nuo­va edizione del suo San Gerlando (Agri­gento 1988, pp.192-93), illustra molto be­ne quest’opera: « Nell’iconografia gerlan-diana particolare importanza assume l’urna argentea in cui si conservano le sue ossa, opera dell’argentiere palermitano Mi­chele Ricca che la firmò, datandola al 1639.

Essa, come si era cominciato a pratica­re da qualche tempo in Sicilia, non è più un sarcofago, ma un piccolo carro trion­fale, come allora si usavano per le cele­brazioni religiose.

Sopra uno zoccolo di cornici aggettanti e ornate da ricchi festoni, sostenuto ai quattro angoli da teste di angeli, si innal­za il corpo rettangolare dell’urna, diviso in sei formelle, due ai lati maggiori e una ciascuna ai minori. Ai margini esterni di ogni lato si protendono due volute su cui stanno dei puttini reggenti insegne vesco­vili e accennanti al Santo e ai fedeli.

Il coperchio della cassa costituisce il fa­stigio del carro trionfale; sulla ricca trabea­zione, ai lati minori, sono due angoli che reggono da una parte lo stemma di Sicilia e dall’altra quello del vescovo Traina.

Su di un magnifico plinto, infine, si in­nalza la statua del Santo che il Ricca, imi­tando il Reni dell’estasi di S. Filippo Ne­ri, rappresenta in ginocchio, il volto ispi­rato e illuminato da una luce divina, con le braccia allargate in un gesto che è in­sieme di preghiera, di piena disponibilità alla voce di Dio e di invocazione per la città e diocesi e per i fedeli che lo onorano.

Nelle formelle sono narrati alcuni epi­sodi della vita del Santo; l’incontro con Ruggero, il battesimo di Hamud, i fune­rali del Santo… ».

Due grandi novità vengono a chiarire e integrare quanto già noto. La prima è da­ta dal catalogo Ori e argenti di Sicilia cu­rato da M.C.Di Natale (Palermo 1989) do­ve è riportato il regesto di un lungo atto notarile rinvenuto dalla ricercatrice dott.a Donatella Ruffino. Vi si trova il contratto d’impegno di M. Ricca col Vescovo Trai­na per eseguire una « cascia tutta d’argen­to et bianca… quale ha da servire per lo corpo seu reliquie di Santo Giorlando pri­mo Vescovo Agrigentino ». Subito dopo il Ricca si impegna con Giovanni Nicola Vi­viano che gli deve realizzare 12 puttini d’argento per la medesima urna (p.393).

Inoltre nel catalogo della splendida mo­stra Pietro Novelli e il suo ambiente (Pa­lermo 1990, pp.388-9) è presentato il di­segno della detta urna fatto da Pietro No­velli per il lavoro del Ricca. Si capisce allora come dalla collaborazione di tre grandi maestri sia venuta fuori una splen­dida opera d’arte.

biagio Alessi

 

 

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento storia

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