” La Sagra di lu Signuruzzu d’a navi ” veniva celebrata ad Agrigento la prima domenica di settembre nella Chiesa di San Nicola.
Uno dei suoi momenti tipici di questa festa dagli antichi sapori paganeggianti era la preparazione e la successiva distribuzione all’aperto della salsiccia.
Nei terreni attorno alla Chiesa di San Nicola, nella Valle dei Templi, venivano macellati e subito dopo arrostiti i maiali. Poi i macellai davano fondo al loro repertorio culinario, e cominciavano a distribuire alle allegre comitive le prelibate salsicce nelle baracche improvvisate con grandi lenzuola e nelle taverne allestite all’aperto, tra barili di vino, panche, tavole, ceppi di macellaio e grossi fornelli portatili. Così ricorda la Sagra Luigi Pirandello: “un velo di fumo grasso misto alla polvere annebbiava lo spettacolo tumultuoso della festa; ma pareva che non tanto quella grossa fumicaja, quando lo straordinario cagionato dalla confusione e dal baccano impedisse di vedere chiaramente. (…). I venditori ambulanti, gridavano la loro merce; i tavernai invitavano alle loro mense apparecchiate; i macellai ai loro banchi di vendita, intonavano il bando, senza forse saperlo, su le strida terribili dei porci che là stesso, in mezzo alla folla, erano macellati, (…). E le campane della gentile chiesina ajutavano le voci umane, rintronando all’impazzata, senza posa, a coprire pietosamente quelle strida” (Pirandello, La Sagra del Signore della Nave, 1922).
Fra le bancarelle si aggirano i marinai miracolati, scalzi e accompagnati da tamburini. Hanno sul petto una tabella votiva, un “ex voto” insomma , sul cui è dipinto un mare in burrasca e una barchetta col suo nome ben visibile, che è la barchetta su cui navigava il marinaio scampato alla morte.

« Sui prati, sulle siepi, sui ruderi della Casa Romana, nel giardino retrostante alla chiesa — scrive un cronista dei primi anni del Novecento, Calogero Ravenna — sotto i pini ombrelliferi, ovunque sono capannelli, famiglie che mangiano per la prima volta carne di maiale e bevono scialano… e e i bicchieri si svuotano uno dietro l’altro, con l’epicurea spensieratezza degli antichi agrigentini ».
Vi era naturalmente anche la funzione religiosa e cioè una messa cantata e la processione del fercolo, ossia del Crocifisso, portato a spalla dai contadini fino alle porte della città. Nella Chiesa di san Nicola si ammira ancora l’altare del Sacramento e il Signore ligneo.
Si tratta di “un Crocifisso ligneo policromo comunemente chiamato Signore della Nave. Questo stupendo Cristo morto in croce, forse di scuola greca di fine ‘400, era appartenuto, secondo la tradizione, ad una nave proveniente dall’oriente e portato fino all’antico caricatore di Girgenti da una ciurma straniera. E’ un Cristo ossessivamente attorniato da una sofferenza senza tempo. La sua drammaticità è sottolineata dal sangue che fuoriesce dalle ferite e dalla verità anatomica di un corpo lacerato dalla flagellazione. Il Signore della Nave, che peraltro ha una denominazione ispirata al mare, per secoli è stato oggetto di una intensa devozione da parte di marinai” (Anna Ceffalia – Isidoro Passanante, Miti e tradizioni del mare: Il Signore della nave).
Ma c’è anche una leggenda a riguardo che narra “di una nave che lo trasportava e che in mare fu colta da un violento nubifragio che lo fece affondare; i naviganti si aggrapparono a quel Crocifisso, destinato ad una nobildonna trapanese, e si salvarono approdando sulla costa sanleonina” (Allotta di Belmonte – 2000, 153).
Un libretto venne ricavato dal musicista agrigentino Michele Lizzi dall’omonima novella/commedia di Luigi Pirandello
La Sagra venne celebrata ad Agrigento almeno fino al 1940
Elio Di Bella