Anche ad Agrigento l’amministrazione provinciale insediatasi dopo l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia affrontò subito il problema dell’assistenza ai malati di mente, tanto trascurata dal regime borbonico. L’ente Provincia prevedeva tra le sue spese obbligatorie anche quelle relative al mantenimento dei “mentecatti poveri”, tra i quali erano compresi i malati di mente.
In assenza di un ospedale nella provincia di Girgenti, ancora alla fine dell’Ottocento, diversi di questi assistiti si mandavano a Palermo presso il locale manicomio.
Ma tale struttura non godeva di buona fama. Così essa veniva descritta in una relazione del 1879 dallo stesso presidente del consiglio di amministrazione di quella struttura sanitaria:
” ivi non sono dormitori, ma anguste e mal costruite sale, dove alla rinfusa giacciono gli infermi, senza riguardo alla loro misera condizione: non locali di passeggio, di ritrovo, di ricreazione per allontanarli dalle loro fissazioni, non cella d’isolamento, ma umidi bugigattoli”.
Il consiglio provinciale di Girgenti nella tornata del 22 ottobre 1894 diede finalmente mandato alla Deputazione di elaborare un progetto completo per la costruzione di un manicomio provinciale. Solo due anni dopo però, il 20 luglio 1896, si decise di affidare all’ingegnere Enrico Picone l’incarico di elaborare un piano per la costruzione di un manicomio provinciale.
Quell’ingegnere lo pensò costituito di padiglioni ad unico piano, in aperta campagna, perchè i degenti godessero di aria pura, luce, calore e venissero ispirati
dalla tranquillità del luogo. Aveva indicato in contrada Giacatello il sito ideale. Il nuovo manicomio avrebbe potuto ospitare 300 degenti. Il costo dell’impianto non superava le 370 mila lire.
In quegli anni si contavano in provincia di Girgenti 224 malati di mente, 124 uomini e 100 donne. Ma le cifre non potevano essere precise perchè non tutte le famiglie facevano registrare i malati.
il primo progetto
L’amministrazione provinciale concepì un progetto che prevedeva per gli ospiti del manicomio di Girgenti la possibilità di condurre un’azienda agricola, di partecipare a sane attività negli ampi locali della sala di riunione, della sala di ricreazione.
Non sarebbero mancate una cappella, nè una biblioteca. Anche il vitto avrebbe dovuto essere decente: caffè e latte con pane a colazione; minestra, piatto di carne, vino e pane a mezzogiorno; uova, pesce o cacio con pane e vino a cena. Girgenti voleva insomma presentarsi al mondo con un ospedale psichiatrico di primo ordine.
Nessuno allora avrebbe creduto che un secolo dopo il manicomio di Agrigento sarebbe stato indicato dalla stampa come uno dei peggiori in Italia e che persino la magistratura avrebbe aperto più di una inchiesta.
Il manicomio che le amministrazione provinciali della fine del secolo scorso avevano promesso di realizzare non vide però luce. Anche il progetto dell’ingegnere Picone finì tra le carte dell’archivio dove noi lo abbiamo trovato.
Finalmente il 25 ottobre 1925 l’ospedale psichiatrico di Agrigento venne inaugurato.
Il professore Frisco, primo direttore , tenne per l’occasione una dotta relazione sulla storia dell’assistenza ai malati di mente e ricordò soprattutto il filosofo agrigentino Empedocle che si era occupato con tanta sapienza e umanità degli psicopatici e anche per questo – ebbe a dire Frisco – Agrigento poteva essere considerata la patria dell’assistenza psichiatrica (sic!).
Il nuovo ospedale stentò a decollare. Basti pensare che ancora nel 1928 la strada d’accesso allo psichiatrico era in pessime condizioni e alcune strutture non erano neppure state avviate.
Elio Di Bella