La fondazione della Biblioteca Lucchesiana è legata all’instancabile attività del vescovo Lucchesi Palli, dei principi di Campofranco, vescovo della diocesi di Agrigento dal 1755 al 1768. Questo insigne prelato amava profondamente gli studi e faceva parte della celebre Accademia del Buon Gusto, nella quale ricoprì la carica di direttore.
Con un testamento, il 16 ottobre 1765, rogato dal notaio Giovanni Giudice, monsignor Lucchesi Palli confermò la donazione al pubblico della biblioteca lasciando con un testamento oltre che beni librari anche numerosi amuleti, gemme, pietre dure ed un preziosissimo medagliere di monete greche, romane e siciliane.
I volumi lasciati dal Vescovo ammontavano a più di 10 mila e comprendevano tra l’altro 180 manoscritti, 32 preziosi codici arabi, cinquecentine, incunaboli e un gran numero di edizioni rare. Oltre a testi di cultura sacra, numerosi erano i testi di filosofia, medicina, giurisprudenza, storia, ecc.
Il Vescovo Lucchesi Palli aveva donato la biblioteca alla cittadinanza agrigentina, ma ne aveva affidato l’amministrazione ad una deputazione di canonici della Cattedrale.
Il regolamento della biblioteca – scritto da monsignor Lucchesi Palli – è inciso in latino su una lapide collocata nella sala d’ingresso e così recita: “Il Conte Andrea Lucchesi Palli Vescovo di Agrigento rende di uso pubblico la propria biblioteca. In tutti i giorni feriali da due ore prima a due ore dopo mezzogiorno sarà consentito a chiunque di accedervi. Nessuno varchi la soglia furtivamente nè ponga mano agli scaffali. Il libro che desideri, richiedilo, usalo, mantienilo intatto, non ferirlo dunque di taglio o di punta, non segnarlo di postille. E’ consentito inserirvi un segnalibro e copiare quel che si vuole. Non appoggiarti sul volume, se devi scrivere non metterci sopra la carta, l’inchiostro e la sabbia per cancellare tienili un po’ distanti, sul lato destro. L’analfabeta, il servo, il chiacchierone, lo scansafatiche, il vagabondo si tengano alla larga. Osserva il silenzio, non disturbare gli altri leggendo a voce troppo alta, al momento di andare chiudi il libro, se è piccolo restituiscilo a mano, se è grande lascialo sul tavolo dopo aver avvertito l’inserviente. Non pagare nulla, ma vattene più ricco e ritorna più spesso”
Ben presto ai libri donati dal Vescovo se ne aggiunsero molti altri, in particolare dopo il 1860 quando vennero disciolte le congregazioni religiose e pertanto anche i loro beni librari vennero conservati alla Lucchesiana. Moltissime le donazioni di privati cittadini, non solo Agrigentini, come il giurista Vincenzo Crisafulli, il canonico Giuseppe Russo, il sacerdote Calogero Sciascia Carbonaro.
Così si arriva oggi ad un patrimoni librario di 50.000 volumi ed opuscoli, di cui 23.000 anteriori al 1830. La parte più preziosa di questo patrimonio librario è costituita da 350 manoscritti in greco e in latino, 32 codici arabi, 82 incunamboli, 3000 cinquecentine. Tra le edizioni rare segnaliamo: una Historia Naturale di Plinio del 1470, le Historiae di Erodoto nell’edizione del 1494, le Metamorfosi di Ovidio del 1502, un Corano in magrebino, manoscritto del XV secolo. Vi si trovava anche una collezione di monete e medaglie che era ammiratissima dai viaggiatori che l’hanno potuta vedere ed apprezzare. Essa purtroppo è stata trafugata nel 1858.
La biblioteca fu affidata ai Padri Redentoristi che la fecero funzionare utilizzando le rendite costituite dal fondatore.
L’edificio della biblioteca è stato costruito in un lustro. E’ evidente lo stile tardo settecentesco, reso più armonioso dai balconcini a ringhiera inginocchiata e dall’antico portone d’ingresso sormontato da un arco su cui spicca la lapide marmorea con l’antica scritta “Biblioteca Lucchesiana pubblico donata anno MDCCLXV”. All’interno, articolato in tre piani, ammiriamo innanzitutto la “sala lignea” ove si trovano la statua marmorea del Lucchesi Palli (opera dell’artista siciliano Giuseppe Orlando) e i vari scaffali lignei.
La Lucchesiana è stata sempre molto apprezzata dagli studiosi di tutto il mondo ed è divenuta presto la seconda biblioteca pubblica siciliana (la prima era quella di Messina). Ma il disinteresse della città e delle sue amministrazioni ne hanno accelerato il declino.
Alla invasione delle termiti nel 1963, che fece crollare il tetto del salone, ed alla frana del 1966 si sono aggiunti contrasti e polemiche tra le diverse autorità, vecchie e nuove, che gestiscono la biblioteca.
Dopo lunghi e complessi lavori di restauro e di consolidamento, finalmente alla fine del 1990 la biblioteca è tornata a svolgere il suo prezioso servizio pubblico
DI ELIO DI BELLA