Ed io, che nato in riva al Faro gli anni passai di mia fanciullezza in Girgenti fra lo spettacolo di una immensa città che fu, e dalle cui mute ruine appresi la futilità delle grandezze umane, e l’alternante saliscendere della opulenza delle nazioni, io già sento la speranza di vedere immediati sotto la savia influenza dell’attuale Intendente Cav. Speciale di S. Andrea, spontaneamente dal Re (N. S.) nominato , i destini di quella Provincia.
Le reminiscenze dell’età infantile che vi passai e che formano il secol d’oro di questa lagrimosa vita, l’imponente veduta delle sue antichità, che, mentre ne fanno insuperbire per quel che fummo, ci coprono di vergogna per quel che siamo, e la tomba che racchiude le ossa della tenera e virtuosa mia madre, mi hanno legato a quei luoghi,e talmente li tengo cari, che ardentemente desidero poter dessa riprendere quel posto, quella opulenza che in una epoca di minore civiltà, e di minore sviluppo scientifico-industriale godute.
E se non torni qual fu, sia almeno qual dovrebbe essere con quel dolce clima, con quei fertili terreni, con quell’abbondanza di prodotti, e con quello spirito vivace e penetrante dei suoi abitatori: sia se non progredente in tutto, almeno in talune industrie: sia se non dotta, istruita almeno: sia se non ricca, tale almeno che i pochi capitali ed i molti prodotti vi circolassero e che lo spirito di associazione si conoscesse per così preparare gli elementi di un’avvenire men tristo.
con quel dolce clima, con quei fertili terreni, con quell’abbondanza di prodotti
Questo desiderio è nei cuori, è nelle bocche di tutti; da tutti si confessa la cagion dei mali, e la necessità de’rimedj; da per tutto si sente l’ ardore dello spingersi innanti, ed in tutti si scorge la vergogna di vedere l’estere nazioni correre a grandi giornate ad uno sviluppo mirabile di operosità produttiva, perdendoci affatto di vista.
Giace Girgenti nella parte meriggia della Sicilia, rimpetto l’Africa, distante tre miglia e più dal mare; con un Porto artificiale, unico ricovero che si rincontra per tutta la costa che dal Boreo corre al Pachino: ricovero non molto sicuro. e perché Navi di media portata vi si ancorassero, lavori vi abbisognerebbero la cui spesa non è affatto sostenibile dalla Provincia.
per la esportazione dei suoi grani, che la resero un dì il primo caricatore del Mediterraneo
Pur non di manco Girgenti per la esportazione dei suoi grani, che la resero un dì il primo caricatore del Mediterraneo, e per quella della Trite, dalla Linosa , della Cantaride, della Soda, dei legumi, e specialmente dello zolfo, suo importantissimo articolo, ha esteso in questi ultimi tempi le sue speculazioni ed il suo credito nelle piazze le più commercianti del mondo.
Ne al solo Girgenti si limita l’ estero commercio, che Sciacca, Licata, e Siculiana, abbenchè non siano che semplici scari, pur non di meno gli oli , le acciughe salate, i grani, la soda, lo zolfo, e le frutta vi attirano legni di tutte nazioni.
Ad onta di ciò è annuale il ristagno di taluni prodotti; e con ispecialità di quelli dell’interno ove mancano linee di strade carozzabili , per le quali da moltissimi anni ingenti somme paga la Provincia, e di cui appena oggi ed in parte incomincia a godere.
Laonde l’attuale Intendente, conoscendo l’importanza di por fioca tanto danno, appena entrato nell’Amministrazione, fu sua precipua cura conoscere appieno le risorse e i bisogni della Provincia e prelevare fra questi quelli, i cui rimedi eran sentiti e necessari; per lo che alle volenterose brame del Sovrano, unendo l’operosità sua degna di chi sente il peso della carica,e la necessità di ben distinguersi e di ben rispondere alle mire del Monarca, le più forte istanze avanzò, onde l’approvazione e l’esecuzione delle strade rotabili provinciali e comunali prontamente s’impartissero.
E già talune di esse sono a buon fine, talune altre progrediscono, altre se ne tracciano , altre se ne progettano : e sperasi fra non molto quella popolazione avere un beninteso sistema di viabilità a ruota che riunisca tutti comuni nel capovalle e tutti i prodotti ne’ punti di smercio. Utilissima idea, e fra le più lodevoli, lodevolissima, come la più adatta a migliorare i destini dell’agrigentina Provincia, che eran già ridotti in uno stato estremo.
E dissi strenuo perchè il risultato di una misura creduta coscienzialmente utile nel 1838, ridusse intere famiglie alla miseria e la mancanza il lavoro alle infine classi molti rotto il freno della morale, empirono le campagne di sbanditi
maggior parte dei proprietari in uno stato deplorabile: perché, mancato il lavoro alle infine classi molti rotto il freno della morale, empirono le campagne di sbanditi, le città di latruncoli; ed i pochi, impotenti al brigantaggio, si ridussero a piloccare di porta in porta uno stentato nutrimento. Quindi invilissi il commercio per la insicurezza delle comunicazioni, l’ agricoltura venne meno per lo scoraggiamento dei capitali, e si chiusero le miniere per la deficienza degli sbocchi.
Mali tanti gravi furono ocularmente osservati dal nostro augusto Sovrano, che ordini severissimi ed esecuzione pari alla violenza di essi promanò, onde restituirsi alla Provincia quella sicurezza e quella parte fiduciale, senza di che gli elementi della società urtandosi fra di essi, dissolvono la comunanza civile, e la fan ritornare nello stato di barbarie o poco meno di selvatichezza.
Ma questo però era un lenire promodalmente la piaga, non mai sanarla: la mancanza del lavoro riproducendo la causa di tanto disastro ricondur dovea gli uomini e le cose allo stato primiero. L’alta mente adunque del Sovrano conobbe bisognarsi attaccare il male nella sua radice. Opera tanta grave venne affidata a quell’Intendente.
Egli comprendendo il dovere di rispondere alla Sovrana fiducia, tenendo presente il desiderio dei suoi amministrati che tutto il bene possibile in lui ripongono, valutando i mezzi pecuniari di cui poteva disporre, e misurando la fermezza della sua volontà con l’estensione dei suoi talenti purificò pria d’ogni cosa l’amministrazione di tutti gli elementi che opponer potevansi al paterno desiderio del re, ed al laudevole scopo, cui tendono tutte le disposizioni ministeriali: e poscia incominciò la delicata opera di tutto far rispondere al principio di unità e di semplicità amministrativa.
Il sistema di centralizzazione è per me indispensabile pei governi Monarchici, e per quei paesi ove lo spirito di municipio toglie il posto allo spirito associativo delle Provincie, ove l’istruzion pubblica non ha ancora spezzato il ridicolo gonfalone di parte, ed ove, a scorno della civile filosofia,vi serpeggia ancora l’immorale assioma «non potersi arricchire un paese che con la miseria del suo vicino>>. Errore madornale che ritarda positivamente la prosperità pubblica e la civiltà de’ popoli.
Ora la natura dell’adottato sistema burocratico cambierà d’indole, quando nella sua esecuzione i veicoli de’ poteri speciali col centrale non rispondano con celerità alla loro missione; o viceversa , quando tutto riconcentrato si lascia poi ammortizzare: tolto questo inconveniente, armonizzato così la parte dispositrice colla esecutrice, niun danno ne soffrirà il pubblico e le dimande ed i progetti e le riforme e le modifiche bene istruite partoriranno un effetto sorprendente. Così le nostre forme amministrative e finanziere sarebbero le più filosofiche, che altre mai, se, replico il Capo della Provincia e quello dello Stato ne conoscessero l’importanza e ne comprendessero la saviezza.
Fate che i decurionati si compongano d’individui non invisi nella Comune, che i consigli Provinciali si popolino non d’ignoranti proprietari, ma di gente che conosca il paese, ed i bisogni, e che ne sappia indicare i rimedi: fate che le loro sessioni verbalizzate abbiano pronta esecuzione, che l’amministrazione corra semplice e celere, che si tolga ogni pregiudizio e le opere Pubbliche rispondano allo scopo per cui furono istallate: fate insomma che un occhio vigile, non guardi solamente, ma indaghi tutti i rami di essa, e voi non desiderete nè la forma amministrativa inglese, nè la federale americana, nè la municipale germanica.
Un Intendente dunque che a tali principi lega le sue operazioni amministrative, che in essi tempra e limita la sua missione; un’Intendente,dico,che tende al vero bene dei suoi amministratori, perfezionando le capacità loro morale-economico-industriali, sarà sempre il savio tutore, il padre, l’idolo della provincia. E tale per conoscenza di fatto mi sembra quello di Girgenti.Il bene andamento della amministrazione Comunale e Provinciale, le opere pubbliche ben dirette, le strade ruotabili che per ogni dove si aprono, il passaggio infine operatosi dall’inerzia al progresso, ed il movimento generale che vi si osserva, fanno isperanzire che fra non guari Girgenti si metterà a livello colle altre Provincie; molto più che l’economia dei suoi fondi scrupolosamente tutelata darà campo d’imprendersi qualche opera, che sia della più forte necessità.
le opere pubbliche ben dirette, le strade ruotabili che per ogni dove si aprono, il passaggio infine operatosi dall’inerzia al progresso
Io ammiro i suoi sforzi nel fare lastricare la strada maestra del Capovalle, abbattendo l’angolo sporgente, o per dir meglio la Z della chiesa di S. Sebastiano per renderla meno tortuosa; e nel volervi condurre l’ acqua necessaria pel giornaliero consumo della popolazione.
In pochi mesi di sua amministrazione, quell’attimo Intendente ha fatto dar principio alla costruzione della traversa Comunale che d’Aragona conduce a Girgenti, ora
quasi finita. Si è bensì prinicipiata la strada, che da Canicattì unendosi colla Provinciale di Caltanissetta, e traversando per Grotte e Racalmuto, dove pur si travaglia con alacrità, conduce al Capo- Valle; cosicché da qui il popolo godrà di una linea di strada rotabile che l’unisca a Palermo. Altri tronchi sono in attività come quello che da Raffadali, e da Favara porta a Girgenti, e quello che da Licata giunge a Canicatti.
Ammiro altresì i progetti,che coll’aiuto di un savio Ministro, e con la paterna cura di un ottimo Sovrano vorrà forse realizzare; però, sicuro della candidezza dell’animo suo, mi permetto osservare; che per la prosperità della provincia non basta il solo perfezionamento materiale ed economico della stessa: bisogna anche assicurare e promuovere un’ordinamento d’istruzione almeno elementare. Ecco di che quasi assolutamente manca il Valle in discorso. Tolti quattro Collegi, ove la grammatica superiore ed inferiore s’insegna, ed i principi di leggere e scrivere alla Lancastriana, nessun’altra scuola pubblica si conta in tutta la provincia all’infuori del Capovalle, nel cui Vescovado si ha un seminario, ove la teologia è il principale insegnamento.
La gioventù adunque penuria d’istruzione regolare, mancandogli ancora una pubblica libreria, dove passare utilmente quelle ore, che oziosamente impiega nei caffè e nei bigliardi. So esisternene una donata alla città da un Lucchesi Palli con un’annuo assegnamento; ma so puranche esser sempre deserta, non bastando la sua dotazione al mantenimento dei Custodi, e trovandosi topograficamente posta fuori centro.
D’altronde non vi sono libri di scienze moderne, nè giornali di utili conoscenze, nè opere periodiche che viva tengano la curiosità dei giovani, e dian pascolo alla loro fervida mente. Niente di tutto questo essa non è che una piccola raccolta di libri ascetici, o di scienze che toccano solamente la metà del secolo passato.
Ora chi non sa che in quello, a noi giunge , si è scritto e con filosofia più naturale,e con esperienza più assodata, e con principi più uniformi, e con tendenza più progressiva, e con utilità più umanitaria, che non si era scritto in addietro ?
Certamente questo stato deficiente di studio elementare non sarà sfuggito all’occhio penetrante di quello esimio Intendente: il rimedio vi sarà portato; e tanto più celere sarà, quanto più importante se ne conosce la mancanza. Egli curerà questa branca di pubblica amministrazione con una gelosia lodevolissima. E sul proposito intervenendomi, non credo ardito il far riflettere, che quelle istituzioni e quelle cattedre deggionsi creare, che più si confanno ai bisogni della Provincia, ed allo spirito dei suoi abitanti.
Condannato a queste puoche linee non posso dir tutto quanto sento sullo stato presente,e sullo avvenire di Girgenti.Certo è però che le savie ultime disposizioni governative, tendenti a distruggere l’ultimo avanzo della feudalità in Sicilia, ed a togliere quell’ammasso voluminoso di dritti promiscui porterà immensi terreni in potere dei comuni, e produrrà di conseguenza una numerosa classe di piccoli proprietarii utili non che a loro, ma allo Stato, ed alla agricoltura del paese.
Vorrei però che lo zelo di tanta riforma non oltrepassi i limiti del giusto, e non porti danno alla proprietà altrui. Poichè sono pochi i dritti feudali che si esercitano ancora in Sicilia: essi sono più in parole che in fatto: avendoli i Baroni stessi nel Parlamento del I812 volontariamente aboliti: ma molti sono i dritti promiscui che infettano la proprietà di tutta l’Isola. In questo più che in quello era sentita la riforma, e sù questo sarebbe da portarsi più che in quello la mano riformatrice del Governo.
Ora la Provincia, cui è parola, mercè la savia direzione di quell’Intendente, e dell’ottimo segretario generale Signor Domenico Lopani, i quali entrambi non disconoscono i principii di dritto, e comprendono i limiti sin dove si fermano le loro attribuzioni, la Provincia io dico, sentirà tutto il bene della promulgata riforma.
Del resto non ignoro non potersi tutelare tutti gl’ interessi, nè rispettare tutti i dritti. La proprietà territoriale siciliana è talmente complicata per le svariate assegnazioni volontarie e forzose, e per li diversi atti passati in cosa giudicata, e muniti del verbo regio da rendersi diilicile che ogni uno possa conseguire giustizia.
Dunque il minor dei mali è il maggior dei beni, in simili circostanze: e siccome molto arbitrio è dato agli lntendenti, così è giusta conseguenza il conchiudere: da essi dipendere l’ottimo risultato del volere Sovrano. Queste cose qui gette alla ventura son già state comprese da chi le operazioni ne dirige nella Provincia in discorso; ed i fatti non tarderanno a comprovare il mio detto.
Girgenti adunque si apre nuovi destini: il suo progredire la testimonianza della savia amministrazione che vi si tiene: i risultati diranno più delle mie povere parole. Io spero molto nei talenti, e nella operosità mirabile di quel prelodato Intendente, nella sveltezza della mente di quella gioventù , nella elevatezza del suo ingegno, specialmente quando, a chi non può correre alla capitale per ivi apprendere le lettere, e le scienze, si daranno i mezzi di potere ottenere nella propria patria parte di quel pane scientifico che il secolo a tutti appresta.
Tale è lo stato della Provincia agrigentina; tali le speranze; tale l’av venire. L’ora del risorgere è sonata. La Sicilia, punto centrale del più grande e del più commerciante bacino del mondo, deve la prima fra tutti fruire di quegl’immensi benefici che i grandi avvenimenti commerciali, di cui è teatro il Mediterraneo, apporteranno. La Grecia è risorta,l’Egitto è ricomparso, l’Algeria ritorna qual fu ai tempi di Cartagine, la stessa Turchia lasciato,l’antico suo turbante, si riveste di principii progressivi; il commercio abbandona di giorno in giorno il lungo giro del capo di buona speranza, e riprende la prisca via dell’lstmo di Suez;in somma l’oriente ridomanda all’occidente parte della sua civiltà. Che più si attende? Tutto concorre a ricondurre nel Mediterraneo arti, industrie, commercio, e civiltà.
Quanti non vi guadagneranno ! ma più la Sicilia pei suoi comodi porti, per l’abbondanza e varietà dei suoi prodotti, per l’attitudine al progredire dei suoi abitanti, ed in fine per esser centro a molte nazioni incivilite, e limitrofe all’Europa da cui è appena disgiunta, all’Asia che le stà accanto, ed all’Africa che tien rimpetto.
Poteva la natura esserle più benigna!!!
Cenno sulla provincia di Girgenti di Stellario Salafia pubblicato a Firenze nel 1842