Nel Belìce rinasce il borgo fantasma
L’impegno degli emigrati e dei vecchi residenti per restituire al pubblico Poggioreale antica, un museo a cielo aperto
A 48 anni dal sisma che ne segnò il destino, Poggioreale antica, piccolo centro barocco della Valle del Belìce, si prepara a tornare in vita, grazie alla caparbietà di un gruppo di cittadini che tenta di salvare il salvabile e riportare gli emigrati nei luoghi d’origine. Ma è una lotta contro il tempo

Nel cuore della Sicilia occidentale v’è una cittadina fantasma sopravvissuta alla sua notte più scura, che ha sfidato le forze della natura e l’indifferenza degli uomini, rimanendo miracolosamente in piedi. Un piccolo centro barocco, ricco di arte e di storia sino a ieri oltraggiate e dimenticate, che torna a pulsare nella sua anima mai scalfita, a 48 anni dal terremoto che ne scosse le fondamenta, in una lotta appassionata contro il tempo e l’inciviltà.
Ogni sole nuovo che sorge sugli edifici feriti di Poggioreale antica rischia, infatti, di essere l’ultimo per molte delle bellezze incustodite per quasi mezzo secolo da quel 15 gennaio 1968, data che segnò le sorti dei paesi della Valle del Belìce, tra cui le limitrofe Salaparuta e Gibellina, ridotte a un cumulo di macerie in un gelido inverno.
“Sebbene Poggioreale nel complesso non presentasse danni irreparabili, ai suoi abitanti fu chiesto di abbandonare le loro case – racconta il poggiorealese Giacinto Musso – Successivamente, diverse costruzioni, tra cui edifici storici, furono abbattute con la dinamite per fare posto alle baraccopoli. A molti cittadini il governo pagò anche un biglietto di sola andata per America e Australia. Oggi, un gruppo di noi vuole dare un segno a favore della rinascita culturale ed economica di questa piccola perla”. Trapela amarezza ma anche un cauto ottimismo dalle parole di Giacinto, presidente dell’associazione Poggioreale Antica, che mi accompagna in un tour esclusivo per le vie del vecchio centro agricolo, uno dei paesi ricostruiti altrove dopo il sisma, nuovi nuclei privati della loro identità e condannati a una rapida desertificazione.
Percorrendo le vie di Poggioreale antica, fondata nel 1642 su concessione del re Filippo IV di Spagna dal marchese di Gibellina Francesco Morso (poi principe di Poggioreale), pare che il tempo si sia fermato: ancora ben visibile è l’impronta della casata spagnola di Aragona, rintracciabile nei palazzi nobiliari e nelle chiese, ben sette, che adornano la cittadina. A sormontarla è il monte Castellazzo, dove campagne di scavi hanno portato alla luce i resti archeologici di un insediamento indigeno dell’età del Ferro, che tradizionalmente si tende a identificare con la città di Elima. Arroccato in una posizione strategica, il monte dominava un’importante via di comunicazione fluviale e terrestre, nonché il centro rurale di Poggioreale, che si espanse rapidamente, data la necessità di manodopera nei feudi, come spiega Musso.
Giacinto Musso è uno dei volontari che si stanno impegnando per la rinascita di Poggioreale antica
Costruttore edile, Giacinto Musso è fra i volontari che da oltre quattro anni si spendono per la manutenzione e la vigilanza a Poggioreale vecchia. Dopo vent’anni al Nord, tornato al paese natio, ha stentato a riconoscerne i tratti caratteristici: la vegetazione ne aveva inghiottito la pietra, la terra e l’erba ricoprivano le strade. “Il corso era inaccessibile, i marciapiedi impraticabili. Così, ho iniziato a ripulire. Quindici giorni dopo, eravamo in cinque o sei cittadini a dare il nostro contributo la domenica mattina – racconta – A metà 2011 abbiamo costituito l’associazione, pur sapendo di violare l’ordinanza che vieta l’accesso a Poggioreale antica”.
In effetti, all’ingresso della cittadina, è impossibile non notare l’avviso che vieta “severamente l’accesso e il transito a qualsiasi titolo”. Il divieto dell’amministrazione comunale è recente, così come la chiusura del cancello principale, per anni rimasto aperto. Quasi un invito a profanare quel che rimaneva di un centro spogliato di gran parte dei suoi tesori (statue, maioliche, suppellettili, persino capitelli e balconi) e danneggiato dai pastori che utilizzavano gli edifici abbandonati come ovili. Tuttavia, aggirare i divieti resta facile per i molti curiosi che si intrufolano da ingressi secondari, sfidando il pericolo crolli, per respirare le atmosfere incantate della città fantasma.
Inoltrandosi per corso Umberto I, si può ammirare quel che resta del teatro dei principi, già funzionante nel Settecento, nonché il palazzo della famiglia Tamburello, forse uno degli esempi meglio conservati dei numerosi edifici affrescati di Poggioreale. Vandalizzato negli anni, il palazzo ospitava al pianterreno l’ufficio postale, di cui rimane testimonianza nelle decorazioni del soffitto, tra le quali spicca nitido il telegrafo di Guglielmo Marconi.
Fiore all’occhiello della strada maestra è l’incantevole chiesa di Sant’Antonio da Padova, dalle colonne imponenti e dai colori accesi che le conferiscono un fascino immutato, nonostante il saccheggio dei suoi marmi. Il prezioso lavoro dell’associazione, che opera essenzialmente grazie alle offerte dei turisti bramosi di storie perdute, ha suscitato il plauso del comitato di Sant’Antonio in Australia, fondato da compaesani emigrati, che ha espresso l’intenzione di destinare dei fondi alla ristrutturazione di edifici religiosi di valore significativo: il santuario dedicato al patrono, già messo in sicurezza dall’amministrazione lo scorso decennio, potrebbe essere tra quelli favoriti.
“Tra i nostri obiettivi – spiega Musso – vi è quello di riabbracciare i compaesani all’estero, in particolare la forte comunità in Australia e in America, in Louisiana. Raggruppare figli, nipoti e pronipoti degli emigrati, per conoscerne la storia e magari dare loro la possibilità di visitare la casa dei nonni”.
Grazie al costante impegno dell’associazione, oggi c’è attenzione anche da parte della politica, per anni latitante di fronte alle razzie e al decadimento, come spiega il presidente: “È in fase avanzata l’iter di approvazione del progetto di messa in sicurezza di corso Umberto I e di piazza Elimo, che verrà finanziato con fondi dell’Unione europea. Obiettivo condiviso con l’amministrazione comunale, in continuità con la precedente, è fare diventare il luogo un museo a cielo aperto, fruibile dai turisti, ma la priorità è arginare i crolli”.
Basta affacciarsi sulla scenografica piazza Elimo, set prescelto da Giuseppe Tornatore per alcune scene delle celebri pellicole Malena e l’Uomo delle Stelle e più recentemente dal gruppo Marta sui tubi per un video musicale, per constatare come l’abbandono abbia deturpato il volto di uno dei luoghi più evocativi della vita poggiorealese. Cinque anni fa, infatti, è crollato il campanile dell’antica Chiesa Madre, che era diventato uno dei simboli del Belìce dopo il sisma del 1968. Ma a cadere sono anche pezzi del vecchio Comune o abitazioni private, che si sgretolano sotto l’azione dell’umidità e del vento, a ogni folata dagli effetti potenzialmente più devastanti. Salvare il salvabile diventa, allora, una lotta contro il tempo.
I vecchi residenti impegnati nei lavori di conservazione di Poggioreale antica