• Menu
  • Skip to right header navigation
  • Passa al contenuto principale
  • Passa al piè di pagina

Before Header

Agrigento Ieri e Oggi

Header Right

  • Home
  • In 5 Minuti
  • Agrigento Racconta
  • Attualità
  • Storia Agrigento
  • Storia Comuni
  • Storia Sicilia
  • Storia Italiana
  • Storia Agrigento
  • Storia Comuni
  • Storia Sicilia
  • Storia Italiana

Header Right

  • Home
  • In 5 Minuti
  • Agrigento Racconta
  • Attualità

Il raffadalese che morì per l’Africa

30 Ottobre 2014 //  by Elio Di Bella

Padre Francesco Spoto, uno dei più illustri cittadini di Raffadali, è stato, soprattutto, uno dei più fedeli figli di Giacomo Cusmano, suo settimo successore alla guida della congregazione del “Boccone del povero“, testimone della fede e martire.

Francesco Spoto è nato a Raffadali, in provincia di Agrigento l’otto luglio del 1924, figlio di Vincenzo Spoto e Vincenza Marzullo. Fu la madre a trasmettere a Francesco la devozione alla Madonna degli Infermi, Patrona di Raffadali, una devozione che P. Spoto conserverà per tutta la vita e che ritroverà nei momenti di prova, non ultimo il momento della prova suprema.

L’infanzia di Francesco Spoto trascorse normalmente, fra i giochi e la scuola, ma, indubbiamente, il bambino dovette mostrare segni di quella intelligenza vivace che lo porterà a essere uno dei religiosi più attivi e stimati di una congregazione importante come quella dei bocconisti, tanto è vero che ben presto si cominciò a pensare al modo di permettergli di poter proseguire gli studi. Per le famiglie povere, l’unico modo per studiare era quello di frequentare un istituto religioso.

Nel 1936, a Raffadali si tenne una predicazione in occasione della quaresima, quell’anno fu invitato a predicare P. Vitale Bruno, Vicario Generale dell’Opera del Boccone del Povero, la congregazione fondata da Giacomo Cusmano che si vide, inaspettatamente, proporre dall’arciprete di Raffadali la possibilità di ammettere il piccolo Francesco nel seminario dell’Opera.

Il ragazzino dovette sembrare pronto per il grande salto, tanto che il p. Bruno accettò subito la richiesta e cominciò a mettere in moto tutte le necessarie disposizioni per accogliere il piccolo Francesco. Nel seminario dell’opera cusmaniana, a Palermo, p. Spoto si impegnò negli studi, applicando a essi sia la sua intelligenza sia la sua ferma forza di volontà che aveva ereditato dalla madre.

Fu ordinato sacerdote, il 22 luglio del 1951, dal cardinale Ruffini. L’impegno che egli sentiva di dover assumere era lo zelo missionario, tanto che sull’immaginetta-ricordo fece scrivere una citazione da Mc. 16, 15: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura”, un verso per certi aspetti profetico di quella che sarà la sua luminosa testimonianza sacerdotale.

P. Spoto visse pienamente il carisma cusmaniano, esercitando le virtù tipiche del consacrato ma anche l’ascesi e il servizio umile ai poveri. La sua vita religiosa fu tanto seria e impegnata quanto lo erano stati i suoi studi, al punto che, il 23 luglio del 1959, a soli 35 anni, quando erano passati appena otto anni dall’ordinazione sacerdotale, fu eletto, dal Capitolo Generale della Congregazione, quale settimo successore di Giacomo Cusmano.

Gli anni della guida di p. Spoto furono, per la Congregazione del “Boccone del Povero” anni di grande attività, si iniziarono molti progetti e molti altri si portarono a termine. La Congregazione ricevette l’approvazione definitiva e i religiosi poterono cominciare a emettere i voti perpetui, diede inizio alla causa di beatificazione del p. Cusmano, causa che giunse al fine sperato nel 1983.

Allo stesso modo, con la guida di p. Spoto, nasceva lo studentato teologica a Roma. L’opera più significativa nata con p. Spoto fu, senza dubbio, la nascita della prima missione africana del “Boccone del Povero”: fu p. Spoto a realizzare questa intuizione cusmaniana, inviando a Biringi, in Congo, i primi sacerdoti missionari. Nel far nascere quest’iniziativa p. Spoto cominciava a coltivare il desiderio, sostenuto dal proprio senso del dovere, di recarsi in Congo per seguire da vicino la nascita di questa missione africana della sua congregazione. Avviene così la seconda svolta fondamentale della sua vita, che lo porterà in Africa incontro al martirio.

Quando i missionari bocconisti si recarono nel paese chiamato allora Congo Belga (poi Zaire, adesso Repubblica Democratica del Congo), la situazione politica e sociale era estremamente tesa. Il paese aveva ottenuto l’indipendenza dal Belgio nel 1960, ma subito dopo, passata la momentanea euforia, erano venuti alla luce gravi problemi di origine etnica e territoriale nonchè politica. i due uomini forti del paese, Lumumba e Mobutu, si scontravano per il potere e trascinavano dietro di sé le etnie di cui il paese è composto.
P. Spoto volle compiere, pur consapevole di questa situazione, la sua tanto desiderata visita canonica alla missione di Biringi, in cui da pochi anni erano presenti i suoi confratelli missionari.

All’arrivo nella missione, il superiore dei bocconisti ha modo di rallegrarsi per il fatto che i missionari, in poco tempo, avevano già cominciato un proficuo lavoro e avevano preso contatto con la realtà e con i cristiani presenti nella parrocchia.
Tuttavia in breve tempo la situazione si volge al peggio. Il padre Spoto era giunto a Biringi il 6 agosto del ’64, accolto con gioia e con manifestazioni festose, tuttavia pochi giorni dopo si venne a sapere che i guerriglieri “simba”, sanguinari rivoluzionari, avevano cominciato a prendere il controllo del nord del paese.

Il padre Sanfilippo, tra i primi a mettere piede in Congo, capisce subito che la situazione era prossima a precipitare e che le conseguenze potevano essere imprevedibili, visto che i Simba erano noti per la loro ferocia e per la loro opposizione alla presenza di religiosi nel paese. Il p. Sanfilippo consigliò così al Superiore Generale di approfittare del momento, ancora favorevole, per abbandonare il paese e fare ritorno in Italia, ma p. Spoto, facendo appello al proprio senso del dovere, rifiutò decisamente di fuggire affermando che di un simile gesto avrebbe avuto rimorso per tutta la vita e aggiungendo: “Sono questi i buoni consigli che mi dai? Io non posso, non debbo partire”.

Intanto – siamo ai primi di novembre – la situazione si fa ancora più grave Il p. Spoto descrive una situazione di “ansia e nervosismo” nella consapevolezza che l’arrivo dei Simba causerà gravi problemi (8 novembre 1964).
E, infatti, i Simba arrivano il 14 novembre, preceduti dalla notizia che l’arresto dei missionari è già stato predisposto. I missionari fuggono: “cado la prima volta, mi rialzo con l’aiuto di Corrado dietro di me, ma cado una seconda volta, prostrato dalla fatica; impossibile andare avanti. Allora strisciando mi nascondo nell’erba alta”.

Comincia così l’odissea dei missionari bocconisti, braccati dai guerriglieri e costretti a fuggire nascondendosi nella savana per venti giorni. Giorni e giorni di marcia massacrante, notti passate all’addiaccio: “sete, fame, prostrazione, ansia, sporcizia, malattie sono il nostro tormento” (17 novembre). Padre Spoto conosce momenti di sconforto: “perseguitati come tanti malfattori, braccati come bestie feroci di savana in savana, laceri, affamati, e pieni di ferite, costretti a dormire sulla terra umida e dura e sotto le stelle; P. Sanfilippo ammalato e solo, la Missione completamente saccheggiata, il pericolo della morte sopra di noi! Il mio cuore è al colmo dell’amarezza e scoppio in un pianto dirotto e inconsolabile. A sera cerco di mangiare un pezzo di pane duro, bagnato di lacrime” (19 novembre).

Ma la fiducia in Dio sorregge i fuggiaschi in questa situazione estrema: “Oggi ricorre l’anniversario della nostra Congregazione: è il giorno della nostra professione religiosa. In ginocchio nella nostra capanna, dinanzi al Crocifisso, rinnoviamo l’offerta della nostra consacrazione a Dio con i Voti Religiosi, forza e coraggio nella dura prova” (21 novembre). Braccati dai Simba, i missionari vivono una vera odissea nella savana, la “catacomba verde”; durante le loro peregrinazioni si imbattono in pattuglie che, in una occasione, si scagliano ferocemente contro p. Spoto picchiandolo con il calcio dei fucili e causandogli gravi ferite.

Il sacerdote, ferito e prostrato, cerca rifugio nella Madonna degli infermi, Patrona di Raffadali e oggetto della devozione fiduciosa e filiale della mamma di p. Spoto che gli aveva trasmesso questa stessa fiducia; racconta un testimone: “il giorno dopo incominciò con fratel Corrado la Novena alla Madonna degli Infermi. E il padre ci dice: ‘pregate, pregate molto. Se la Madonna ci salva, torneremo tutti a lavorare in questo povero Congo'”.

Ma le condizioni di salute di p. Spoto si aggravano di giorno in giorno. La notte di Natale i padri sono costretti a fuggire ancora, trascinandosi dietro il loro Superiore Generale ormai moribondo su una barella improvvisata. Il 26 dicembre, dopo aver avventurosamente recuperato gli olii santi, viene impartito al p. Spoto il sacramento dell’unzione degli infermi.
Il 27 dicembre, assistito dai confratelli missionari, p. Spoto muore alle 8:40 del mattino.

Il p. Spoto fu seppellito la notte immediatamente dopo la sua morte, direttamente nella nuda terra, nei pressi della capanna nella quale era morto. La situazione di pericolo imminente e la paura di offese che potevano essere recate al suo corpo suggerì di tumulare il padre quanto prima e senza segni esterni di riconoscimento. I pochi confratelli e cristiani locali presenti alla cerimonia funebre ricordarono a memoria il luogo di sepoltura del padre.

Fu solo 3 anni dopo la morte che si poté far ritorno sul luogo di sepoltura di p. Spoto ed esumare i poveri resti. Provvisoriamente il corpo del p. Spoto fu collocato nella chiesa parrocchiale di Biringi, da poco ricostruita dopo i tragici giorni delle persecuzioni. Tuttavia, quella sepoltura non soddisfaceva i confratelli del p. Spoto che desideravano riportare i resti mortali del superiore generale nella sua terra. Questo desiderio si potè realizzare soltanto nel 1984, venti anni dopo la morte dell’eroico sacerdote raffadalese. Prima della partenza per la Sicilia, moltissimi fedeli si recarono a rendere omaggio al padre Spoto, in segno di saluto e di riconoscenza per il suo sacrificio.

Il nulla osta della Santa Sede del 5 giugno 1992 ha dato avvio all’inchiesta diocesana sulla vita e sulle virtù del servo di Dio. Gli Atti del processo diocesano sono stati approvati con il decreto di validità del 20 dicembre 1996, emesso dalla Congregazione delle Cause dei Santi. Il 29 luglio 1998 è stata presentata la Positio super Martyrio.

Il 27 giugno 2006 il quotidiano “Avvenire” scriveva: “La Congregazione per le cause dei santi ha promulgato 19 decreti che avvicinano alla beatificazione i servi di Dio. Fra di loro sei italiani: Maria Maddalena della Passione Starace, Maria Rosa Pellesi, Marco Morelli, Francesco Pianzola, Antonio Rosmini e Francesco Spoto “

La celebrazione liturgica della beatificazione del servo di Dio padre Francesco Spoto si è tenuta sabato 21 aprile 2007 a Palermo, in Cattedrale, presieduta dall’inviato speciale di Papa Benedetto XVI, l’Arcivescovo Metropolita emerito di Palermo il Cardinale Salvatore De Giorgi.

Il Servo di Dio padre Francesco Spoto, settimo superiore generale della Congregazione dei Missionari Servi dei Poveri, fondata a Palermo dal Beato padre Giacomo Cusmano, è stato beatificato in seguito alla dichiarazione sul Martirio emessa dalla Congregazione per le Cause dei Santi il 26 giugno 2006.

frutto di letture (vedi giornale Comunità in cammino) e da ricerche sul web tra le quali segnaliamo http://it.geocities.com/aldibb/ curato da Alessandro Di Benedetto
ALTRO ARTICOLO
Beato Francesco Spoto, martire
Autore: Silvestro Terranova
24 Settembre

Raffadali, Agrigento, 8 luglio 1924 – Erira, Congo, 27 dicembre 1964

Nato l’8 luglio 1924 a Raffadali in provincia di Agrigento, nel 1936, Francesco Spoto entra nel seminario dei padri Bocconisti a Palermo e il 22 Luglio 1951 viene ordinato Sacerdote dal Cardinale Ernesto Ruffini. Nel Capitolo generale del 1959, ad appena 35 anni, i confratelli lo eleggono superiore generale.

Il 4 Agosto 1964 si reca a Biringi, nello Zaire, nella missione aperta tre anni prima, per visitare i suoi fratelli, ma viene sorpreso dalla rivoluzione dei «Simba» e il 3 dicembre è catturato insieme a quattro missionari. Padre Spoto riesce ad evadere e, a piedi nudi ed esausto dopo per aver vagato tutto un giorno in mezzo nella boscaglia si inginocchia e prega: «Signore, ti offro la mia vita, ma salva i miei confratelli». Muore il 27 dicembre 1964 a soli 40 anni, in seguito ai maltrattamenti subiti dai «Simba» mentre i tre confratelli, si salvavano. Le sue spoglie vengono portate in Italia e dal 1987 si trovano nella chiesa «Cuore Eucaristico di Gesù» a Palermo. Il 21 aprile 2007 è stato proclamato Beato. (Avvenire)
Nacque l’8 Luglio 1924 a Raffadali (AG). I genitori con la vita gli trasmisero la fede, la correttezza morale e uno straordinario senso del dovere.
Nel 1936 entrò nel seminario dei padri Bocconisti a Palermo e il 22 Luglio 1951, nel santuario “Madonna dei Rimedi”, venne ordinato sacerdote dal Card. Ernesto Ruffini. Alcuni giorni prima aveva scritto a un suo cugino sacerdote: “… un senso di trepidazione mi pervade riflettendo sulla grave responsabilità di cui dovrò essere rivestito…”.

Nel Capitolo generale del 1959, ad appena 35 anni, era tale la stima di cui era circondato che i confratelli lo elessero superiore generale. Scriverà alla madre alcuni giorni dopo: “questa elezione è stata una sorpresa per me: ho cercato di vivere sempre nel nascondimento e nella ritiratezza… ora in un momento ho compiuto un balzo in avanti impensabile ed imprevedibile. Bisogna rassegnarsi alla volontà di Dio… confido nel Signore che non mi farà mancare mai né la salute né la prudenza e la sapienza nello agire. Alle mie debolezze riparerà Lui che è Onnipotente”. Portò a termine l’approvazione delle costituzioni da parte della Santa Sede e fece introdurre la Causa di canonizzazione di Padre Giacomo Cusmano.

Il 4 Agosto 1964 si recò a Biringi (Zaire) nella missione aperta tre anni prima, per confortare i suoi fratelli. In Zaire lo sorprese la rivoluzione dei “Simba”.
Il 3 Dicembre i quattro missionari furono catturati. Padre Spoto riuscì ad evadere, a piedi nudi, ed esausto di forze per aver vagato tutto un giorno in mezzo alla spessa boscaglia si inginocchiò e pregò: “Signore, ti offro la mia vita, ma salva i miei confratelli”. Il 27 dicembre 1964 a soli 40 anni, in seguito agli stenti, alle percosse e alle vessazioni dei Simba, moriva e i tre confratelli, di lì a poco, misteriosamente si salvavano.
Le venerate spoglie furono portate in Italia e dal 1987 si trovano nella chiesa “Cuore Eucaristico di Gesù”.
Il 26 giugno 2006 papa Benedetto XVI ha riconosciuto ufficialmente il martirio di Don Francesco Spoto ed il 21 aprile 2007 è stato beatificato.
La Congregazione dei Servi dei Poveri (comunemente chiamati Bocconisti) fondata dal Beato Giacomo Cusmano lo celebra il 24 settembre, giorno del suo Battesimo

Categoria: Storia ComuniTag: chiesa di agrigento, raffadali

Post precedente: « Un agrigentino racconta: la guerra, la fame, i rifugi, gli americani
Post successivo: Agrigento nelle pagine della letteratura mondiale girgenti di g. vuillier»

Footer

Copyright

I contenuti presenti sul sito agrigentoierieoggi.it, dei quali il Prof. Elio di Bella è autore, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti perché appartenenti all’autore stesso. È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma. È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07/03/2001.

Privacy

Questo blog rispetta la normativa vigente in fatto di Privacy e Cookie . Tutta la docvumentazione e i modi di raccolta e sicurezza possono essere visionati nella nostra Privacy Policy

Privacy Policy     Cookie Policy

Copyright © 2023 Agrigento Ieri e Oggi · All Rights Reserved