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racalmuto

Racalmuto, arrivano i Gesuiti

10 Giugno 2021 //  by Elio Di Bella

Racalmuto, terra del val di Mazzara e della diocesi di Girgenti, da cui dista un cinque leghe, quanto pur dista dal mare africano, comprende intorno ad ottomila abitanti, fendo della famiglia Requesens, dei Principi di Pantelleria. Esso è un paese alquanto ripido e disagiato; ha però delle case nobili e facoltose, ed è cinto intorno da un territorio piuttosto fertile e fruttifero. Amanti quei terrazzani della ospitalità, amanti della religione, per questa implorarono con calore; per quella accolsero con cortesia una coppia di missionari. Dunque portaronsi i PP. Giuseppe Zappala e Frigdiano Belli nel 1813.

Qual fosse il profitto di quella sacra spedizione, quanto la stima che i Padri si guadagnarono, può rilevarsi dallo impegno che in quegli abitanti sorse di ritenerli una coalizione universale del popolo determinò di volere ad ogni costo in quel territorio una sede stabile della Compagnia, da cui sì gran bene era quivi provenuto, e maggiore ancora se ne prometteva. Ai detti risposero i fatti, ai voti le istanze: tutti, chi più chi meno, contribuiscono all’impresa; ma sopra tutti si segnalò la liberalità del Vicario Nicolò Tulumello che con atto solenne profferse di presente il capitale di duemila scudi, da sborsar come prima la Compagnia mettesse piede in quel paese: altrettanto promisero di dare in danaro con un secondo atto altri divoti; ed altri quale un genere, qual un altro esibirono.

 Quanto all’ abitazione vi avea un antico convento di Agostiniani, sotto il titolo di S. Giuliano, abolito di già e pressochè demolito. Questo essi tolsero a ristaurare: vi ebbe chi diede per tale fabbrica un’intera proviggione di calce e di gesso. Ed è a nominare con lode la generosità dell’abate Calogero Salvo Campanella che prese per sè l’ assunto di rendere quella Casa non solo abitabile, ma per quanto il luogo lo comportava magnifica.

12.  Egli si, diè a fornire il refettorio di tavole, di sedili, di Mensili; a provvedere le stanze di letti, di scrittoi; di sedie: le scuole di cattedre, di panche. di leggii; a riparar le pareti ed i tetti con nuovi stucchi e sostegni; di fornir le officine di suppellettili e di provviste. Innalzò di pianta un nuovo salone, ristaurò i corridoi: insomma d’ un squallido abituro riuscì a formarne un agiato collegio, questo è quanto fece quell’insigne benefattore, ed era già pronto ad ulteriori benefici; e già si accingeva ad arricchir d’arredi la sacrestia. se la partenza dei Nostri di colà noli avesse arrestato. Uomo cui dobbiamo saper molto grado, comechè pervenuti non fossimo a gustare i frutti della sua generosità; ed in tanto avergli maggior gratitudine, quanto che dove altri non perdermi ciò che promesso aveano, egli non potè recapitare l spese già fatte.

Tornati adunque i due Padri a Palermo, ed in quest’anno andato il Belli a Salemi Rettore di quel Collegio, lo Zappalà fatto Compagno del Provinciale tolse a trattar presso di lui l’intrapreso negozio, ed a sollecitare quella fondazione che riguardava come un frutto di sue apostoliche fatiche. Per la qual cosa il Pastori nel corso della sua visita provinciale, volle nel presente anno recarsi di persona a Racalmuto, insieme al detto Compagno che, essendovi conosciuto tanto e stimato, era inoltre inteso di quanto era fatto e restava da fare. Furonvi accolti squisitamente ed albergati in casa del Provicario Carmelo Troisi, uno dei precipui promotori della pia impresa. Quivi fu presentata al Pastori la relazione dell’operato, le oblazioni già fatte ed altre in sol da farsi, la casa ormai arredata, gli averi non insufficienti.

  Oltre le donazioni sopra indicate dicevano altre esser già pronte in moneta contante, altre in generi differenti; concedersi al nuovo Collegio le rendite e le terre dell’abolito convento; il Maestrato assegnar di presente cento scudi annuali e prometter d’aumentare tale dote a mantenimento di due scuole; del tutto formarsi una perpetua rendita di circa un migliaio di scudi. non tenne certo in tenne paese. Pregavano quindi e scongiuravano, non volesse il Provinciale spregiare le loro suppliche, le loro offerte, le  loro dimande; non volesse defraudar quella gente delle concepite speranze, dei lunghi desideri e l’apparato degli  imminenti servizi, e soprattutto il frutto di quella missione e la salute di quelle anime.

E  a tante ragioni, a tanti prieghi, a tanti doni e profferte non potè contraddire il Pastori: lodò com’era giusto, lo affetto sincero e la benefica volontà di quei Signori, promise di contentarli, e conclusa ogni cosa se ne tornò a Palermo. Indi mandò il P. Salvatore Macaluso qual Superiore di quella Residenza; il quale, fornito assai bene di prudenza e di zelo, mentre coll’una portava innanzi l’affare, coll’altro occupavasi in pro delle anime. Per la custodia e l’amministrazione delle cose domestiche andò con esso lui il F. Rocco Casciano, uomo di limita esperienza e destrezza: egli si diede a coltivare le terre a noi concesse, e pel vantaggio di quella Casa non guardò ai propri interessi, avendo a sue spese arato e seminato dei campi, donde non giunse a mieterne e percepirne i frutti.

Vi dimorarono colà dal 25 del corrente settembre al 23 del giugno seguente, quando il Macaluso fu dai nuovi Superiori, che succedettero al Pastori, chiamato a dar contezza di quella bisogna. E veduto che un tal domicilio mal potrebbe animarsi dai Nostri, si per essere alquanto ristretto, e sì perché non bene dotato, e più ancora per ritrovarsi in piccola terra, dove non avrebbe la Compagnia un campo adatto allo svolgimento dei suoi ministeri; fu deliberato doversi per sempre abbandonare. Così le opere da un Superiore avvantaggiate rimasero distrutte da un altro e quel Macaluso che fu il primo, fu anco l’ultimo di quella Residenza.

fonte P. Alessio Narbone, Annali siculi della Compagnia di Gesù dal 1805 al 1859, Vol primo, Palermo 1907

Categoria: Storia ComuniTag: gesuiti, racalmuto

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