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enzo lauretta

E’ morto un maestro: Agrigento perde Enzo Lauretta

6 Agosto 2014 //  by Elio Di Bella

 

enzo lauretta

di Elio Di Bella

In una della ultime occasioni in cui ho incontrato Enzo Lauretta, scomparso stamani ad Agrigento, il professore mi ha raccontato alcune vicende dalla sua lunga e straordinaria vita di intellettuale, operatore culturale, amministratore.

Vogliamo ricordarlo riproponendo quel testo che mi ha consegnato e autorizzato a pubblicare sul Giornale di Sicilia.

“Era il luglio del 1943: gli americani erano appena entrati in città e gli agrigentini contavano le ferite. L’ultimo bombardamento aveva tagliato in due la piccola città raggomitolata sulle due colline, dal manicomio a San Francesco, massacrando la passeggiata e la via Atenea. Ma fra noi giovani serpeggiava il brivido dell’inizio di una vita nuova: niente più divise fasciste ed inutili esercitazioni militari, ma associazioni libere in cui brillavano desideri, gioia di vivere, scoutismo, balli serali ed escursioni.



Padre Noto, incontrandomi per la salita San Giacomo, mi disse che era l’ora che dall’Azione cattolica, di cui ero consultore regionale aspiranti, passassi alla politica; mi unii a padre Ginex e all’avvocato Totò Scifo che avevano già aperto in settembre la sede della democrazia cristiana. E nel mese di gennaio salimmo su un carrozzino e andammo a fondare la sezione di Favara. A padre ginex che parlava in una chiesa fecero osservare che i tedeschi erano ancora al Carigliano, ma io ero già a capo di 1200 uomini e donne del gruppo giovanile.

I comunisti erano altrettanto bene organizzati e con Carmelo Nobile andavamo ai contraddittori che si tenevano nell’ex ricovero sotto il campo di tennis in via San Vito. Erano fortissimi sindacalmente e perciò l’avvocato scifo mi disse di andare come segretario della corrente cristiana nella camera del lavoro dove fui rispettatissimo anche se a capo di una sparuta minoranza di cattolici che si rifiutavano di entrare nella camera del lavoro. Dopo l’attentato a Togliatti, Giulio Pastore mi chiamò alla guida dei sindacati liberi da cui nacque la Cisl, ma  io preferii passare alle Acli e promuovere senza fortuna un sindacato cristiano.

Le città era in grande fermento per le prime elezioni amministrative del 1946: padre Scalfani guidava lunghi cortei per le vie cittadine, i giovani moltiplicavano i giornali murali che i comunisti distruggevano, apparivano sui muri delle case le prime stelle americane con le scritte separatiste, ma la città viveva. Venivano cancellati i danni di guerra e ognuno preparava il proprio futuro e quello della città.

lauretta con moravia



Fui consigliere comunale e assessore al turismo nel 1952, fondai l’Akragas sulle rovine della fallita Agrigento, a capo dell’Azienda Turismo presi in mano la Sagra del Mandorlo in Fiore e organizzai il primo festival internazionale del folklore, diedi il via al primo gruppo folklorico di canti e danze; poi venni eletto Sindaco e cominciai un forte dialogo con la città, prima ancora di fondare il Centro nazionale di studi pirandelliani e il Centro di ricerca narrativa e cinema: tutte istituzioni che in atto vivono ancora e sono presenti al servizio della comunità. 

La mente lavorava con il cuore e la gente seguiva con ammirazione e simpatia. Ora tutto sembra spento: la politica pare un vermicaio paludoso, senza spinte ideali; i giovani con i loro telefonini e i loro computer ma privi della febbre e dell’ansia di mete da seguire; i vecchi vegetano chiusi nei ricordi posti in malinconico paragone con un presente deluso e un avvenire enigmatico.

Eppure io dico che non bisogna perdere la fiducia nel futuro, che l’uomo ha in serbo forze sconosciute da riscoprire, affascinanti invenzioni da realizzare forti ideali da ritrovare, perché solo così la città tra le due colline potrà svegliarsi e riprendere a vivere. 
Agrigento era una città a forte maggioranza cattolica e la democrazia cristiana aveva la maggioranza assoluta del consiglio comunale. 

Monsignor Peruzzo guidava la provincia con in mano fermissima e tutte le grandi decisioni passavano attraverso di lui. Egli si interessava di tutto, della vita religiosa come di quella politica e sociale. Io ero molto vicino a lui e ricordo che mi parlava delle dighe , quando ancora nessuno aveva in mente cosa fossero e dove potessero sorgere. Si interessava della situazione agricola per avere i finanziamenti necessari. persino dei villaggi popolari e ricordo che il villaggio Peruzzo e una testimonianza in tal senso. Quando uscimmo dalla democrazia cristiana per andare a a confluire nell’unione cristiana sociale di Milazzo, Monsignor Peruzzo ci incoraggiò in un primo tempo, salvo poi fare marcia indietro quando il santo uffizio dichiarò i cristiano-sociali peccatori pubblici.

Quando passammo a cristiano-sociali io ero molto vicino a Milazzo, Corrao, Pignatone e fui nominato vice segretario del partito e perciò ebbi la possibilità di seguire l’evolversi di tutta la situazione che dopo un anno degenerò, sicché io fui incaricato di prendere segreti contatti con l’onorevole d’angelo, che era allora capo della democrazia cristiana siciliana per realizzare un governo tra Dc e cristiano-sociali. Come cristiano sociale diressi la provincia per oltre due anni e tra le altre cose ricordo che realizzammo l’attuale via Demetra e la parallela al lungomare di San Leone. 

Ricordo il momento della frana come un trauma terribile. Ero presidente di commissione per la maturità classica al liceo Empedocle di Agrigento quando sentimmo un vocio che saliva saliva per le strade e una voce venne subito ad informarci che c’era una frana che si allargava. Allora le notizie volavano e non si sapeva esattamente se la frana fosse avvenuta al quartiere di Santa Croce o se si stesse propagando per la città. Abbandonammo tutto e fuggimmo verso San Leone dove la gente si riversava abbandonando Agrigento. Il momento della frana fu un momento terribile per Agrigento. nacquero le famigerate zone A, B e C. La città si bloccò. 

Però poi si aprì quando venne fatto il viadotto Morandi e tutti reclamarono un intervento perché, se non si poteva costruire, come mai si realizzava allora un simile viadotto che tagliava la Valle dei Templi, dove era impossibile costruire ? Momento terribile che spaccò la città e lasciò un centro storico desolato, tanto che ancora oggi il centro storico aspetta di essere ricostruito. Ortigia a Siracusa con una identica legge speciale è rifiorita mentre ancora langue il centro storico dell’Addolorata ed è lo stesso San Michele che fu chi versa in quasi assoluto abbandono”.

Categoria: Agrigento Racconta, AttualitàTag: agrigento, enzo lauretta

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