
di Gabriella Costantino
Il Comando della Reale Compagnia dei Carabinieri si insedia ad Agrigento nel 1861 in seguito all’Unità d’Italia. Prima di allora operava in città il Comando di Caltanissetta.
Il demanio prima ed il comune di Agrigento poi, impossessatisi dei locali della Biblioteca Lucchesiana, affittarono i locali all’Amministrazione Provinciale per una caserma dei Carabinieri.
In un’aula del primo piano ed al secondo piano della Biblioteca dunque, (compresa quella parte che congiunge l’edificio all’antica Chiesa dell’Itria), costruito quest’ultimo dai Liguorini successivamente e acquistato poi dal comune di Agrigento, i Carabinieri stabilirono la loro dimora con camere da letto, uffici, cucina e sala da pranzo; a pian terreno alcuni vani furono adibiti a scuderia, altri a prigione. Sono stati inoltre rinvenuti alcuni anni fa catene ed anelli in ferro che servivano per legare i cavalli anche all’intemo della chiesa di S. Alfonso. In tale plesso il Comando rimane fino al 1908, anno in cui si trasferì nella nuova sede dove ancora oggi si trova. Tale edificio originariamente era di proprietà di Giovanni Vadala, ricco commerciante di zolfo, legato all’attività del barone Genuardi, il Vadalà già alla fine del XIX secolo, intorno al 1890, aveva iniziato a costruire la palazzina per uso personale.
Il 20 settembre 1895, nonostante l’edificio fosse ancora in fase di costruzione, il Prefetto di Agrigento, ordinò, per pubblica utilità, l’esproprio di tale fabbricato per adattarlo a caserma centrale della Reale Compagnia dei Carabinieri in seguito alla richiesta della Provincia di Agrigento. Il Vadalà oppose ricorso al decreto emesso dal Prefetto, adducendo fra i tanti motivi anche quello che altri edifici erano stati offerti volontariamente alla Provincia, e tra questi quello dell’avvocato Onorevole Commendatore Ippolito De Luca, già ultimato, per il quale la spesa di acquisto sarebbe stata di 150.000 lire contro le 200.000 lire di quello di sua proprietà e quindi più favorevole. Fra l’altro, la palazzina del De Luca, “per il punto dov’è posta e per l’abbondanza e comodità degli ambienti”, era stata ritenuta più idonea dal Comando Generale dell’Arma che aveva voce in capitolo in merito sia al prezzo che all’ubicazione. Inoltre l’edificio del De Luca era già costruito mentre quello del Vadalà ancora in costruzione. Nonostante i ricorsi però, nel 1898 ha inizio la pratica per l’espropriazione “forzosa” del fabbricato Vadalà, probabilmente verificatasi in seguito al fallimento del commerciante che determinò la naturale riduzione del prezzo dell’edificio.
Lo stabile che fu ultimato fra il 1905 ed il 1908, per la sua ubicazione rientrava nel piano di espansione che interessò la zona est della città costruita fuori mura. Costituito da una robusta struttura in blocchi di calcarenite di grande pezzatura, a forma pianimetrica estremamente regolare e simmetrica con piccola corte interna.
Dal punto di vista urbanistico quelli post-unitari sono per la città anni di determinanti trasformazioni. Ha inizio infatti l’espansione fuori dalle mura medievali li.
Sostanzialmente Agrigento aveva mantenuto fino a quel momento una configurazione medievale: le mura, le porte, le torri, il nucleo principale, il Colle di Girgenti dentro le mura e al di fuori, ad occidente il borgo del “Rabato”. Con il riempimento dell’area antistante la Porta Atenea, il così detto Piano San Filippo (Piazza Vittorio Emanuele), nel punto dove alcuni decenni prima il Colonnello Pasquale Flores aveva fatto realizzare un giardinetto pubblico, si determina il collegamento tra il Colle e la Rupe Atenea.
Abbattute le case dei Figuli, vengono edificati nel piano suddetto, l’attuale palazzo della provincia su commissione dell’allora Vescovo Lo Jacono, con l’intento di fame un ospizio, il palazzo Vadalà (oggi caserma dei Carabinieri) e l’Archivio Notarile. Sul punto occidentale della Rupe Atenea viene impiantata, su indicazione del Prefetto Palizzolo, la villa Maria Teresa, poi Garibaldi, in luogo dell’antico calvario posto fuori le mura. Più in alto, a sud-est, l’antico complesso di San Vito con la chiesa ed il convento, nel 1864 vengono adibiti a carcere. Nel 1870-71 si procede al prolungamento e abbellimento del Viale della Vittoria a valle della Rupe Atenea la cui sistemazione era per altro incominciata nel 1848. La via Atenea resta tuttora l’arteria principale della città e mediante strade secondarie si ricollega al tracciato del Viale, in asse quest’ultimo con la nuova stazione ferroviaria che si porrà poi nel secondo dopoguerra, come collegamento con l’espansione urbana a valle.