Nella porzione orientale dell’abitato di Agrigento, a sud della Rupe Atenea ed a poca distanza dal cuore della Valle dei Templi, è presente il Giardino Botanico della Provincia Regionale di Agrigento, notevole esempio di valenza paesaggistica, geologica ed ambientale di elevato pregio. Oltre alle rilevanti bellezze presenti in superficie, e facilmente percepibili dal visitatore, quest’area nasconde all’interno del proprio sottosuolo spunti di notevole interesse storico e speleologico. Tale aspetto è stato il tema
centrale di una ricerca effettuata all’interno dell’area, per una precisa e puntuale catalogazione degli imbocchi delle cavità presenti, per ragioni legate anche ad una fruizione del sito in condizioni di totale sicurezza. La ricerca sistematica delle cavità artificiali ricadenti all’interno
del perimetro del Giardino Botanico ed il relativo studio e rilievo hanno permesso di pervenire ad un prodotto finale che traccia un quadro preciso delle «emergenze» speleologiche presenti.
Geologicamente il substrato dell’area è costituito da litologie sedimentarie pliopleistoceniche di natura calcarenitica e limo-argillosa caratterizzate dal rapporto eteropico fra i depositi argillo-sabbiosi e i sedimenti di taglia arenacea, più o meno grossolani, cementati, a costituire corpi rocciosi calcarenitici.
In particolare l’area del Giardino Botanico è caratterizzata dalla componente calcarenitico-sabbiosa della «Formazione di Agrigento» che, lungo le pareti che de limitano il settore settentrionale
Le bellezze nascoste
Oltre alle rilevanti bellezze presenti in superficie, quest’area nasconde all’interno del proprio sottosuolo spunti di notevole interesse
storico e speleologico della struttura, è ampiamente rappresentata dai fronti risparmiati dalla notevole attività di cava che in questa zona era fortemente presente in periodi precedenti a quello attuale.
Morfologicamente la zona in esame è caratterizzata da un rilievo naturalmente condizionato dalle differenti peculiarità delle litologie affioranti che costituiscono l’assetto geologico dei luoghi; è infatti possibile riscontrare un’alternanza di morfologie a secondo della zona: nella porzione più settentrionale è possibile notare notevoli salti di quota impostati sulle calcareniti che verso sud, grazie alla presenza di ampi terrazzamenti, tendono alla sub-orizzontalità. L’interazione dei terreni calcarenitici con quelli argillosi consente, da un punto di vista idrogeologico, la formazione di una falda idrica sotterranea che tende in linea generale a defluire verso Sud-SudOvest.
Tale contesto geologico ha determinato la possibilità di potere realizzare in epoche passate strutture cunicolari – gli «Ipogei di Agrigento» – atte al reperimento delle acque in falda, come nel caso delll’ipogeo di Bonamorone», che proprio all’interno della porzione più orientale del Giardino Botanico presenta un pozzo di aerazione.
Storia degli ipogei agrigentini
L’escavazione delle cavità artificiali presenti nel territorio di Agrigento viene fatta risalire dagli storici a partire dal 480 a.C.: in particolare Diodoro Siculo (I sec. a. C.) dà un’attendibilissima collocazione storica attribuendo, nei suoi Libri XI e XII, la realizzazione di tali opere all’architetto Feace nel periodo in cui regnava, nell’antica Akragante, Terone.
Secondo Diodoro fu Terone a volerne la costruzione utilizzando le migliaia di schiavi cartaginesi catturati durante la vittoriosa guerra di Imera, appunto nel 480 a. C..
Va precisato che nei periodi seguenti queste cavità hanno subito continue variazioni sia architettoniche che di utilizzo. La maggior parte di questi Ipogei sono stati realizzati per l’emungimento di acque dalla falda e, senza dubbio alcuno, buona parte degli Ipogei dell’area del Giardino Botanico rientrano in questa categoria. Altri storici considerano alcune di queste cavità come delle opere militari di difesa e altri ancora come dei depositi sotterranei per lo stoccaggio di derrate alimentari.
In particolare l’area del Giardino Botanico presenta delle peculiarità morfologiche notevolmente legate all’attività che l’uomo, per lunghi periodi, ha portato avanti attraverso lo sfruttamento sia degli affioramenti di roccia per l’estrazione di conci di calcarenite sia, in un periodo successivo, della colonia agricola dell’ex Ospedale Psichiatrico; la presenza di un elevato numero di pozzi per l’emungimento delle acque dal sottosuolo viene ricondotto alle notevoli pratiche agricole portate avanti all’interno di quest’area.
Le cavità artificiali censite durante i rilievi sono state diverse ed, in particolare, sono state classificate secondo due tipologie ovvero «opere idrauliche» e «cavità stanziali». Nelle opere idrauliche rientrano tutte le cavità realizzate per il reperimento e l’emungimento delle acque, siano esse superficiali che sotterranee; lo sviluppo piano-alti- metrico di queste cavità può essere differente in quanto è possibile riscontrare un andamento esclusiva- mente verticale (pozzi), un andamento esclusivamente sub-orizzontale (gallerie) o ad andamento misto (pozzi e gallerie).
Nella categoria delle cavità stanziali rientrano tutte le strutture ipogee realizzate come abitazioni, stalle o magazzini ed adibite, in periodi differenti, ad usi diversi. Le dimensioni piano-altimetriche e le forme delle stesse cavità variano in funzione di quelli che erano gli usi per cui erano state realizzate: nella quasi totalità dei casi le stesse si presentano sub-orizzontali o con dislivelli minimi.
In tutto le cavità censite sono risultate essere sedici, di cui nove cavità stanziali e sette opere idrauliche: queste ultime sono rappresentate essenzialmente da pozzi ad andamento verticale in cui le profondità rinvenute oscillano da dieci a più di venti metri.
Nell’ambito della ricerca è stato eseguito il rilievo plano-altimetrico delle cavità, la restituzione cartografica ed una relazione descrittiva delle strutture censite; il prodotto finale è rappresentato da schede monografiche che permettano l’identificazione delle principali peculiarità delle strutture ipogee presenti.
Attraverso lo studio effettuato, in perfetta collaborazione con i tecnici della provincia responsabili dell’area, si sono notevolmente aumentate le conoscenze sul patrimonio sotterraneo esistente all’interno dell’area del Giardino Botanico della Provincia Regionale di Agrigento, conoscenze che verranno utilizzate sia per operare una messa in sicurezza generale del sito sia per approntare un progetto che punti alla valorizzazione di tutte quelle strutture che presentano peculiarità tali da potere essere fruite in sicurezza.
Giuseppe Lombardo, in Agrigento Nuove Ipotesi, n.5, anno 2004