II museo civico di Agrigento ha sede nell’ex Collegio dei Filippini. Il palazzo venne costruito nel 1703 su progetto dell’agrigentino Simone Mancuso e commissionato dalla congregazione dell’oratorio di San Filippo Neri, fondata ad Agrigento dal sacerdote Antonio Antinori. Dopo il 1860 ospitò l’istituto tecnico “Michele Foderà” e successivamente un museo di storia naturale, un osservatorio astronomico ed una biblioteca. Tornò ad essere oratorio della vicina Chiesa di San Giuseppe e dopo lunghi lavori di restauro, negli anni recenti è diventato sede del museo civico.
Il settecentesco palazzo apre le porte a pupi, scenari, sipari e marionette sicule create dal maestro agrigentino Carmelo Guarneri.
Dell’Opera dei Pupi già l’Unesco aveva parlato nel maggio del 2001 proclamandola “Chef-d’oeuvre du patrimoine oral et immatériel de l’humanité”, ossia capolavoro del patrimonio orale ed immateriale dell’umanità.
Adesso anche Agrigento, con una carrellata storica di ben 40 esemplari che rievocano le epiche gesta cavalleresche dei Paladini di Carlo Magno in lotta contro i Saraceni, si impone all’attenzione dei turisti nel proprio centro storico con un’ offerta culturale che non ha molti esempi in Sicilia. Ed i primi ad apprezzare la novità, che ha ulteriormente impreziosito le sale museali, sono proprio i turisti. “Abbiamo voluto una nuova sede espositiva nell’ex Collegio dei Filippini proprio perché siamo consapevoli del fascino che la straordinaria tradizione dei pupi siciliani continua ad avere, ma anche perché avevamo bisogno di più spazio volendo dare seguito a questa proposta con la realizzazione un teatro dei pupi che verrà allestito e realizzato dal maestro Guarneri”, annuncia l’assessore comunale Beniamino Biondi. Un’operazione culturale che nasce per merito dell’artista Carmelo Guarneri che dice di amare fin da piccolo i pupi siciliani e ha deciso di esporre in maniera permanente nel museo agrigentino una quarantina di sue creature.
“Sono molto contento perché sono numerosi i turisti che apprezzano le mie opere e scrivono sul registro dei visitatori di emozionarsi entrando nella sala e vedendo da vicino le mie marionette che rievocano le epiche gesta cavalleresche dei Paladini, che ho curato col massimo dettaglio. Sono l’unico in provincia a realizzare questo antico artigianato artistico e uno dei pochi in Sicilia”. Nella nuova sala oltre ai pupi c’è anche una mostra di tele ad olio, anche queste opera di Carmelo Guarneri. Ritraggono con gusto naif alcuni degli angoli più suggestivi del centro storico di Agrigento.
Quest’anno poi un altro importante intervento l’amministrazione comunale ha realizzato per il recupero di alcuni presepi artistici dell’agrigentino Roberto Vanadia che versavano in stato di abbandono. Lo stesso Vanadia è intervenuto per restaurarli. Tanti i turisti si affollano attorno alle ricostruzioni di Vanadia che riproducono fedelmente, in scala 1:10, botteghe, architetture, interi paesini. Un realismo scenico che non ha eguali e nel quale trovano espressione i mestieri e le arti della Sicilia del diciottesimo e diciannovesimo secolo, riuscendo a ricreare il colore e la suggestione di tradizioni contadine ed artigiane quasi dimenticate.
La sala dei pupi e i presepi si trovano al piano terreno del Museo Ex Collegio dei Filippini di Agrigento, la Sicilia delle grandi tradizioni popolari continua poi a commuovere i turisti che salgono nei piani superiori ad ammirare i dipinti di Gianbecchina. Attualmente sono ventuno le opere esposte, tutte olio su tela: “Capretta nera” (1936); “Maria” (1935); “Abbraccio” (1933), “Maternità” (1946); “Mondello” (1946); “Le sorelle” (1957); “Scrivimi Salvatore” (1957); “Aspano” (1975); “Discorso II”; “Raccolta delle olive” (1982); “Fazzoletto rosso” (1983); “Cola Pirripiu” (1975); “Pampini” (1980); “Cielo solo cielo” (1981), “Moltiplicazione dei pani e dei pesci” (1953); “Valle dell’Anapo” (1982); “Fichidindia” (1985); “Monti Sella del Carabiniere” (1987); “Lava tra le ginestre” (1983); “Cratere dell’Etna” (1971); “Lava nel fosso” (1971).
La vita dei contadini rivive nella sua pittura, attraverso i volti duramente segnati dalla fatica e i gesti pieni di amore. Egli stesso nel 1997 scrive: “Ho interpretato le ansie e i problemi di quel piccolo mondo antico, di quella vita che pulsava intorno a me nella prima metà di questo secolo. Un mondo fatto di semplicità e di saggezza, di sacrifici e di privazioni”.
La mostra è il risultato di una serie di importanti donazioni e celebra un pittore che ha amato così tanto la sua terra da saperne esprimere l’anima popolare in tutti i suoi innumerevoli profili.
Un altro godimento è la Galleria donata alla fine dell’ultima guerra al Comune dal mecenate Giuseppe Sinatra con decine di quadri del pittore Francesco Lojacono. Vi si rivela un’intuizione profonda del paesaggio, soprattutto del paesaggio solitario, che rimane tale anche quando vi appare la figura umana, che Lojacono schizza con poche pennellate come in “Raccolta delle ulive”. Lojacono è apprezzatissimo dai numerosi visitatori del museo agrigentino come lo fu dal re Vittorio Emanuele II che acquistò alcuni sui capolavori. Oltre che del mare, delle acque quiete e del sole, è il poeta del silenzio e della solitudine e la cosa è ben compresa dai visitatori che ammirano il religioso e commosso silenzio le opere dell’artista siciliano.
“Abbiamo realizzato una armonizzazione delle opere in possesso del Comune, evitando un certo affastellamento. Dando al museo un orizzonte più chiaro, con una linea progettuale unica e originale – spiega l’assessore comunale Beniamino Biondi – Così abbiamo il piano delle tradizioni popolari, quello delle opere più antiche e quello delle opere contemporanee. Attualmente ci sono percorsi espositivi con opere di Raffaello Politi e Tommaso Santella, interpreti della cultura figurativa dell’Ottocento e del Novecento; una mostra antologica dell’artista di San Giovanni Gemini, Giovanni Filippone; altre opere del Seicento e del Settecento, alcune delle quali provengono dal museo palermitano di Palazzo Abatellis; una stanza è dedicata ad una miscellanea di artisti contemporanei. C’è poi una mostra temporanea di Giosuè Gino Vetro costituita da opere d’arte in ferro battuto e denominata “I ferri di Vetro”, anche questa molto apprezzata. I visitatori possono essere accompagnati su richiesta da una guida e ricevono una dettagliata brochure che illustra i percorso”.
Elio Di Bella