Recenti scavi nell’area del santuario
delle divinità ctonie in Agrigento
di Ernesto De Miro
Uno scavo condotto negli anni 1965 – 66 nell’area del santuario delle divinità ctonie – riprendendo una precedente ricerca effettuata negli anni 1953 – 55 – ha riportato alla scoperta completa di un nuovo tempietto, a ridosso delle fortificazioni greche di Porta V: tempietto interessante non solo per le sue fasi strut-tive ma ancora per quello che di riflesso apporta alla cronologia dell’intero santuario.
Infatti lo scavo ha mirato non solo a mettere in luce il tempietto, ma a precisare la stratigrafia archeologica in relazione al tempietto medesimo e all’area immediatamente circostante, dove, in effetti, appariva chiara la consistenza di un riempimento favorevole ad una tale ricerca.
L’importanza del problema apparirà evidente se consideriamo la situazione delle nostre conoscenze del santuario agrigentino, a buon diritto definito il più ricco di storia.
Come è noto, tutta la parte occidentale del santuario – di grande rilievo dal punto di vista monumentale – fu scavata da Pirro Marconi negli anni 1927 – 1932. Fu allora messo in luce un complesso di strutture di cronologia varia, ma facenti parte di un unico complesso, di cui si riconobbe il limite occidentale in un tratto di muro di « temenos ». Rimase ancora da scavare la parte orientale del santuario.
Il Marconi – che nello scavo arrivò uniformemente al piano di roccia – (sicchè oggi nessun controllo si può effettuare in quel settore) – diede una ricostruzione della storia del santuario, dall’età preistorica sino alla fine del V sec. a. C. . Indicò le premesse del santuario negli avanzi di un focolare preistorico, della tarda età del bronzo, al di sotto del muro di « temenos, » a contatto con il cappellaccio – La vita greca sarebbe iniziata già alla fine del VII sec. a. C., e continuata sempre più intensa nel VI sec. a. C.: sarebbero prima sorti i due « temène », (i due recinti con altari all’interno e ripartizione dello spazio a guisa dei sacelli) ; quindi i due sacelli « a megaron » 1 e 2 e la cella del sacello 3, oltre agli altari rotondi e quadrati disseminati nell’area; insomma già nella prima metà del VI sec. sarebbe esistito tutto il nucleo settentrionale del santuario. Verso la metà del VI sec. si sarebbe iniziata la fondazione di un tempio vero e proprio, tentativo che non avrebbe avuto seguito – Alla fine del ‘VI sec., si sarebbe ingrandito, con l’aggiunta di un pronao, il sacello 30, interessando la fondazione del tempio iniziata e poi abbandonata; e vi sarebbe stato un altro tentativo di costruzione di tempio, che anche questa volta non sarebbe andato al di là della piattaforma di fondazione che si conserva.
Nei primi decenni del V sec. si sarebbe realizzato il grande tempio delle divinità ctonie (quello detto dei Dioscuri) . Infine, nella 2′ metà del V sec., avanti la distruzione cartaginese, sarebbe stato costruito l’altro tempio a Sud, con altare monumentale a Est, tempio del quale rimangono – oltre alla platea di impostazione – solo Tronchi di colonne.
Questa era dunque la successione delle fasi fornite dal Marconi.
Purtroppo una tale soluzione del problema cronologico non muoveva da una impostazione articolata alla stratigrafia dei singoli e vari monumenti, bensì da una stratigrafia rigida unica accertata in un punto e generalizzata all’intero complesso. Ne conseguiva che la storia del santuario nella molteplicità delle sue strutture,
- se voleva uscire dal dato stratigrafico irrigidito e impoverito
- doveva essere ricostruito su considerazioni prevalentemente tipologiche e struttive, e sempre nell’ambito di una cronologia relativa.
Agrigento – Il Santuario delle divinità ctonie
E’ proprio quello che fece il Marconi.
D’altra parte noi sappiamo come le cronologie cc a posteriori » rischiano di far cadere nell’astratto e nell’arbitrario.
Pertanto, ricapitolando, dopo lo scavo Marconi due erano i problemi da affrontare in una ripresa dello scavo di quell’area sacra:
- A) – definire tutta la parte orientale del santuario non ri cercata dal Marconi; ritrovare il punto di « contatto » con il santuario attiguo di Zeus.
E’ quello che si è fatto con lo scavo Griffo degli anni 195355, quando è stato messo in luce la restante parte del santuario, nella sua configurazione tarda di età ellenistica: un grande portico a L aperto su di una strada N-S, fiancheggiata da botteghe dall’altro lato, strada che sbocca nella Πλατεια più meridionale (della serie che tagliava trasversalmente la valle), nella quale confluiva anche la carreggiata che entrava dalla Porta V.
- B) – Il secondo problema era quello di accertare la stratigrafia e la cronologia di questo restante settore del santuario, e cogliere gli elementi che di riflesso avrebbero potuto eventualmente costituire controllo della cronologia del Marconi (su cui già il Dunbabin espresse le sue ragionate riserve). E quanto abbiamo preso a fare con uno scavo che – come dicemmo all’inizio – ha interessato un edificio affiorante su di un terrazzo a ridosso di Porta V.
Il tempietto, messo interamente in luce,è interessante sia per le forme architettoniche e la particolare sistemazione che ebbe nel V sec. a. C., sia per la molteplicità di fasi struttive che ci è possibile seguire in relazione con i dati stratigrafici.
Si sono distinte 4 fasi:
- Una fase di impianto: il tempietto lungo m. 14.50 X m. 4.80 con la triplice ripartizione in pronao, cella e adyton; qualche traccia di stele all’esterno. L’impianto si data nel 30 quarto del VI sec. a. C. (due statuette ioniche di derivazione rodia: tipo della figura femminile as-sisa e velata, e ceramica T C. II sono state raccolte sulla superficie di uno strato residuo di terra bruna a contatto di roccia, strato che appare tagliato dall’impianto del tempietto) .
- Nella II fase al tempietto viene aggiunto un vano quadrangolare di m. 5.15 X m. 4.15 comunicante con il pronao per mezzo di soglia, aperta nel muro del pronao medesimo, della quale rimane parte della lastra. Non possiamo precisare per lacuna della conservazione se tale vano costituisse un nuovo vestibolo di accesso al tempietto da Est; o fosse chiuso verso l’esterno e ad esso si accedesse solo dall’interno del pronao originario. L’impianto del muro orientale del vano ha tagliato un piccolo edificio contemporaneo al tempietto.
- c) In una III fase al tempietto viene aggiunto a Nord una sorta di « προπιλον » pilastrato (si conservano le basi) che avvolge il pronao originario del tempietto su tre lati. La 2′ e la 3″ fase si possono datare nel corso del V sec. a. C.
Il tempio originario ad ante è venuto così assumendo forme complesse, e in un certo senso singolari: con tre corpi sporgenti che ci riconducono all’illustre esempio di tempio
a tre facce », come fu detto l’Eretteo – Nello stesso periodo, all’esterno, il terrazzo antistante al tempio e a ridosso a Porta V risulta sistemato con una massiccia pavimentazione a grossi conci: un piazzale pavimentato di m. 21.50 x m. 25 limi tato sui lati Ovest e Nord da un muro che, allo stato attuale della ricerca, non saprei definire se di « temenos » delimitante l’area sacra del tempietto con il piazzale antistante (ma non è stato ritrovato il lato Est di tale peribolo) ovvero muro di un portico prospettante sul piazzale dal lato opposto al tempietto (come sarà più tardi in età ellenistica) .
Agrigento – Santuario delle divinità ctonie – Settore a ridosso di Porta V: tempietto – Propylon con altare
Al terrazzo si doveva anche accedere dalla strada che entrava da porta V (o per via di una rampa a Nord – Ovest del piazzale o da Nord), nel punto ín cui la strada raggiungeva il livello del piazzale.
- d) In una IV fase assistiamo alla sopraelevazione del livello interno del tempietto e della pavimentazione del piazzale; all’interno del « προπιλον » è sistemato un recinto con altare quadrato.
Considerazioni di scavo pongono tale fase nella 2′ metà del IV sec. a. C., comunque in età ellenistica.
- e) L’ultima fase, romana, deve aver visto l’abbandono del tempietto: alcuni poveri ambienti rimasero addossati, a livello ben sopraelevato rispetto a quello originario.
Una tale cronologia è basata su un saggio stratigrafico eseguito a Est, a contatto del tempietto, in un punto di consistente riempimento. La stratigrafia ci ha dato infatti una successione di strati: uno strato arcaico quasi a contatto di roccia, uno strato di V sec. a C. e strati ellenistico – romano.
Altro saggio stratigrafico (per adesso molto limitato per le difficoltà presentate dalla massiccia pavimentazione) nell’area del piazzale ha dato un risultato notevole, facendoci intravedere le grandi possibilità che la zona potrà offrire alla continuazione degli scavi ai fini degli accertamenti stratigrafici e cronologici.
La lastronatura di superficie di età ellenistica non posa direttamente a contatto con la pavimentazione più antica, ma su di un interro di cm. 25 c. con materiale del V sec. a. C.; la pavimentazione più antica posa su di uno spesso e sodo battuto arenario sterile, al di sotto del quale è uno strato di terra nera (di cm. 50) con avanzi preistorici a contatto di roccia.
Questo strato preistorico a contatto di roccia risponde a quanto riscontrò il Marconi con spessore pressocchè identico – nel settore occidentale del santuario; il battuto arenario che suggella lo strato preistorico è da mettere in relazione con il momento arcaico del santuario, del nostro tempietto in particolare (2″ metà VI sec. a. C.) . La grossa pavimentazione in conci è in relazione con le fasi del tempietto, nel V sec. a. C.; l’interro di tale pavimentazione, con l’uso e l’abbandono nella prima metà del IV; il lastricato di superficie, sovrapposto, con la ripresa di vita nella 2″ metà del IV sec. (ripresa di vita che, al di là del nostro caso particolare, è documentato dalla quantità di terrecotte e vasi timoleontei ritrovati già nell’area dello scavo Marconi.) .
Concludendo è la prima volta che nell’area di un santuario della collina dei tempi si individua e riconosce una stratigrafia archeologica: l’importan–za del fatto trascende i limiti del monumento scoperto e sarà ancor più evidente negli sviluppi a venire della ricerca.
ERNESTO DE MIRO