
Nel 1907 ad Agrigento è dura lotta politica: clericali contro anticlericali.
Il professore universitario l’anticlericale Francesco Scaduto e Gregorio Gallo si presentavano come candidati al Parlamento italiano per le elezioni suppletive.
Siamo in pieno periodo liberale, in cui vige il sistema elettorale a suffragio ristretto e a collegio uninominale, per cui era naturale che il siciliano Scaduto, con interessi e legami nella zona dell’agrigentino potesse essere considerato un candidato autorevole.
A lui si oppone Gregorio Gallo che potrebbe apparire un candidato designato a continuare alla Camera la tradizione liberale del defunto padre. Eppure, malgrado le equivoche smentite, invece la sua elezione viene fortemente appoggiata e sostenuta dai clericali. Anzi, così come riporta il Giornale d’Italia del 18 aprile 1907:« Il Cittadino, organo dei clericali di Girgenti, annunziò ufficialmente che il Papa aveva tolto il non expedit in favore di Gallo». Numerosi giornali danno oltretutto notizia di una letter circolare inviata dal sacerdote Michele Sclafani, presidente della Federazione diocesana delle opere economico-sociali, ai parroci e alle Casse rurali il cui testo viene pubblicato sul giornale locale “Il Moscone” e ripreso da altri.
In tale lettera circolare il sacerdote Sclafani di Agrigento comunica agli elettori «Reverendissimo signore, sono incaricato dal vescovo comunicarle ufficialmente che la Santa Sede ha tolto il “non expedit” per la prossima elezione politica unicamente in favore dell’avvocato Gregorio Gallo: quindi Vossignoria voglia influire su parenti e amici, trattandosi di grave impegno. Gallo è di idee nostre. Scaduto anticlericale e divorzista. M. Michele Sclafani».
In realtà, il ruolo di Sclafani nella contesa elettorale appare ancora più attivo se si leggono le notizie riportate da Il Giornale d’Italia dove si afferma che fu proprio il sacerdote, nonché assessore comunale di Girgenti, che offrì a Gallo la candidatura a Roma «e lo persuase ad accettare, garantendogli l’appoggio incondizionato del Vaticano e dell’amministrazione municipale di Girgenti, la cui maggioranza è clericale».
«Il sacerdote Sclafani capitanò, con fervore, circondato da molti preti, le diverse dimostrazioni nelle quali insieme al grido di Viva Gallo, risuonava l’altro di Viva il clericalismo agrigentino, motto che fu anche dipinto sul lastricato delle vie. Il sacerdote Sclafani parlò per Gallo ed offerse i balconi della sua casa agli altri oratori. Il sacerdote Sclafani, per mezzo di telegrammi, incitò tutti i preti e tutti i cattolici a votare il nome di Gallo, proclamato dai circoli cattolici», si legge su Il Giornale d’Italia, 18 aprile 1907.
Sembrerebbe, dunque, che il giovanissimo Gregorio Gallo venisse designato dal mondo politico di Agrigento quale espressione dell’ambiente clerico-moderato contro il professore Scaduto, considerato senza dubbio anticlericale e certamente meno duttile. Clericali contro anticlericali in una lotta politica molto aspra
Scrive il barone Mendola di Favara nel suo diario “Scaduto era ripudiato in Vaticano per le sue massime contrarie al fondamento del diritto ecclesiastico. Egli nella sua prima prolusione, quando fu nominato professore di diritto ecclesiastico nell’Università di Palermo, sostenne la dottrina che la Chiesa era negli Stati, non gli Stati nella Chiesa. Poi ha assunto la presidenza del Congresso Internazionale del Libero pensiero, tenuto in Napoli (sic), che significava rinnegazione dell’indole dogmatica del diritto ecclesiastico[…]. Poi, mentre si dibatteva nella Camera e in Italia la legge sul divorzio, Scaduto si pose alla testa di un comizio pro divorzio.
Tutte queste macchie nere il Vaticano le notava nel suo libro nero in Roma, accanto ai nomi delle persone distinte per sapienza politica. Per queste notizie bigie il Vaticano ha escluso assolutamente Scaduto».
Sosteneva invece la candidatura del professore Scaduto, il consigliere provinciale di Girgenti Giovanni Guarino Amella, esponente dell’Unione Democratica popolare.
Tuttavia, Gregorio Gallo telegrafa subito dopo l’elezione, in data 8 aprile 1907, a La Tribuna affermando di voler proseguire il programma politico del padre e respingendo come tendenziose le notizie dell’appoggio clericale.
La lettera di Gregorio Gallo, datata 11 aprile 1907, è invece la seguente:
«Onorevole signor Direttore,
Ritornato ora da Girgenti, vedo, leggendo i giornali, che la mia elezione è stata oggetto dei più strani apprezzamenti; e la stranezza maggiore consiste in ciò: che nonostante il mio telegramma diretto a lei e nonostante il risultato così eloquente della mia elezione, mi si voglia attribuire una fede politica che non è la mia.
Ora, contro tale asserzione sta in fatto:
1. Che la candidatura non mi fu offerta né da una persona né da un partito: ma fu invece proclamata dalla mia città natìa, alla quale fecero seguito altre sezioni del collegio; e la scelta cadde sul mio nome non pure per rendere omaggio ad una memoria sacra ai miei concittadini quanto a me, ma anche perché parve che solo sul mio nome si potesse eliminare ogni lotta di partiti locali ed assicurare invece la continuazione di quella concordia che era stata la base essenziale della posizione politica di mio padre nel suo collegio.
E il risultato della elezione offre appunto la riprova di questa concordia. In cinque sezioni del collegio, infatti, io ottenni 1680 voti contro 317 dati al mio competitore. E sarebbe temerario anche per chi non conosca le condizioni dei nostri paesi, affermare che quei 317 voti su 2000 votanti possano costituire un partito, come sarebbe ingenuo ritenere che un solo partito, come sarebbe ingenuo ritenere che un solo partito possa dare 1680 voti!
Nella sezione di Favara si ebbero la identica posizione e le stesse proporzioni, con questa sola differenza: che ivi i partiti locali si trovarono uniti con 617 voti contro il candidato di Girgenti, ossia contro me che ne ebbi solo 63.
2. Che prima dell’elezione e prima di qualsiasi telegramma patrocinatore della mia candidatura, rivolgendomi pubblicamente agli elettori, dichiarai che il mio programma politico non poteva essere se non la continuazione ideale di quello di mio padre, a tutti noto.
Questa è la verità delle cose che tronca ogni discussione, e che ho voluto rilevare, s’intende, per le persone e la stampa di buona fede: chè con altre non intendo aprire né accettare alcuna polemica, specie se a base di insinuazioni e di malignità
Mi creda con ossequio
Roma, 11 aprile 1907
Dev. mo Gregorio Gallo».
La smentita di Gregorio Gallo di qualsiasi appoggio da parte dei clericali e, d’altro canto, l’accusa da parte di certa opinione pubblica di ambiguità o comunque di una non sincera adesione al programma paterno, si giustificano alla luce del significato politico che la partecipazione del defunto Nicolò Gallo al governo Giolitti aveva rivestito. Tra gli ex zanardelliani, il ministro Gallo rappresentava, «l’ala di sinistra e laicista, anzi anticlericale» del terzo ministero Giolitti.
L’appoggio clericale alla candidatura del figlio Gregorio non poteva, dunque, non destare un certo clamore poiché evidenziava un radicale cambiamento di rotta nella politica locale, ma soprattutto nazionale: indeboliva l’ala più laica del parlamento e ingrossava le fila del gruppo cattolico già rappresentato dai deputati Cornaggia, Cameroni, e Piccinelli.
Il giovane Gallo tende ad evidenziare che l’esito a lui favorevole delle elezioni di Girgenti era fondato su un prevedibile consenso derivante dall’essere in un certo senso candidato naturale perché nativo e radicato nel Collegio, diversamente da Francesco Scaduto che aveva il suo bacino elettorale concentrato principalmente nelle sezioni di Favara. Nato a Bagheria, i legami del professore Scaduto
con Girgenti nascevano, infatti, dal matrimonio con Angela Mendola, di Favara.
Il Collegio di Girgenti verrà, pertanto, rappresentato alla Camera dei deputati da Gregorio Gallo che sarà rieletto anche nella successiva legislatura.
La scelta elettorale operata dal Collegio diviene un criterio di giudizio sulla maturità politica degli elettori. È una scelta tra due concezioni contrapposte della stessa politica: l’una basata sugli intrighi e sulle clientele, l’altra sul valore personale, disinteressato e al servizio del pubblico interesse al fine di rappresentare i reali bisogni e le aspirazioni del Mezzogiorno.
Efficacemente Francesco Nitti sottolinea:
«Vincitore o vinto nella lotta elettorale il professore Scaduto non guadagnerà e non perderà nulla. Nella estimazione nostra egli rimarrà sempre quello che è ora».
Secondo alcuni osservatori la campagna elettorale dello Sclafani mirò, in realtà, non tanto alla vittoria del candidato più idoneo a rappresentare i clericali, quanto alla sconfitta di Scaduto.
L’appoggio elettorale dei clericali al figlio di Nicolò Gallo appare poco oculato e coerente dal momento che il compianto deputato si era dichiarato un seguace convinto della politica di Cavour.
L’esito delle elezioni suppletive di Girgenti, tuttavia, evidenzia che la sola forza delle idee e del prestigio personale non furono sufficienti ad ottenere la vittoria. Come icasticamente scrive nei suoi diari l’affezionato zio di Scaduto, il barone Antonio Mendola:
« […] La votazione constava di voti e si faceva in Girgenti. I professori, i deputati, i giornalisti erano a Napoli e in altre città d’Italia, non erano in Girgenti e non davano voti. […] Scaduto credeva che questo numero unico gli avrebbe procacciato l’elezione; ma s’ingannava. Gli elettori se ne infischiavano di queste carte stampate; il partito era preso, i voti già fissati per Gallo; mi rincresceva ripeterlo: Scaduto era destinato a riportare una solennissima sconfitta. Si vince coi voti, non con le sole stampe. I voti sono la sostanza, il nerbo delle elezioni. I numeri unici, i giornali, etc. sono sussidi che ampliano, facilitano l’elezione»
Tuttavia, seppure non verrà mai eletto al Parlamento, Francesco Scaduto rivestì importanti cariche politico amministrative. Nell’agosto del 1903 era stato eletto al Consiglio Provinciale di Girgenti per il mandamento di Favara, ufficio che mantenne fino al 1923; dal 10 agosto 1914 al 6 novembre 1920 e dal 9 agosto 1921 al 2 febbraio 1923 ricoprì la carica di Presidente dello stesso Consiglio; fu eletto, inoltre, consigliere comunale di Roma il 14 giugno 1914, conservando tale carica fino al 1920.
Coronerà, infine, il suo desiderio di partecipazione alla vita politica con la nomina a senatore del Regno, il 1 marzo 1923
Nel 1932 si iscriverà al Partito Nazionale Fascista
Questo testo è una mia Sintesi del breve saggio di Maria d’Arienzo “Un episodio inedito della biografia di Francesco Scaduto”, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it), Giugno 2008
per approfondire la conoscenza di Francesco Scaduto vedi: http://www.favara.biz/memorie_storiche/personaggi/personaggi_vari/scaduto_francesco.htm