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Chiesa Madonna degli Angeli e La Badiola ad Agrigento

12 Febbraio 2016 //  by Elio Di Bella

chiesa santa maria degli angeli

Chiesa Madonna degli Angeli  ad Agrigento

Nella storia di Alcamo, fra i cittadini illustri, si trova un celebre giureconsulto e poeta, direttore della scuola di grammatica ed umanità, a nome Sebastiano Bagolino, nato il 25 marzo 1562 dal pittore veronese Giovanni Leonardo, dimorante ad Alcamo, è da donna Caterina Tabone.

Non risulta invero se abbia, o meno, indossato l’abito talare; risulta, però – ed è abbastanza significativo – che fu proprio questo celebre Sebastiano Bagolino che “Verso la fine del 1595, il vescovo Giovanni Orosco Covarruvias e  Leyva, chiamò   a   Girgenti, desiderando da lui voltato dallo spagnolo in versi latini un suo volume di “Emblemas Morales”. Il Bagolino andò e tradusse l’opera dell’Orosco, ma la remunerazione avutane non fu quale egli si attendeva. Restituito ad Alcamo il povero poeta dover rimettersi all’insegnamento, e nel luglio 1598 gli fu affidato dai giurati il pubblico ginnasio…”.

Così si legge nelle “memorie biografiche degli Alcamesi illustri” di F. M. Mirabella; tutto pertanto farebbe credere che il Bagolino ad Alcamo “celebre letterato”, che negli anni 1596 e 1597 fu parroco di San Pietro in Agrigento – e che insieme al vescovo oroscopo e al parroco di San Michele Don Vincenzo li Tara, costituì la famosa triade letteraria ricordata dagli scrittori – non fu il fantomatico Pietro “erroneamente forse indicato nell’elenco al quale attinse il Lauricella) ma il Sebastiano, allievo di Marco Hentiluccio da Spoleto, giureconsulto e poeta, direttore della scuola di grammatica ed umanità, al pari del parroco di San Michele, celebre in tali materie.

Il più illustre dei parroci di San Michele

L’opera letteraria del vescovo Giovanni Orosco Covarruvias e  Leyva – tradotta dallo spagnolo in italiano da Sebastiano Bagolino, venne pubblicata, in tre libri, in Agrigento nel 1601 presso la tipografia pontificia da lui impiantata e dalla quale davano lavoro sia il vescovo che i letterati da lui protetti.

Fra questi, come ho già detto, era il sacerdote Don Vincenzo Littara, letterato insigne, da lui nominato parroco di San Michele, verso il 1596.

Nato a Noto nel 1550, il Littara, all’età di 18 anni insegnò con molta lode umanità, sostituendo il suo precettore Niccolò Lentini.

Ordinato si sacerdote in Catania, ivi compì i suoi studi laureandosi dottore in filosofia, teologia e giurisprudenza.

Fu celebre storico e non comune poeta.

Autore di molte pubblicazioni fra cui una “storia di Noto”, pubblico in Agrigento, presso la tipografia pontificia, nel 1602, i “commenti al donato”, latinista del 15º secolo, “che con rara competenza computò in più punti”.

Il sacerdote Don Vincenzo Littara, fu il più illustre dei parroci che abbia avuto la chiesa di San Michele Arcangelo di Agrigento.

Come si legge nell’atto inedito di morte, esistente nel volume dei defunti di quell’anno, nell’archivio della parrocchia, il Littara morì in Agrigento il 3 maggio 1602.

Divennero tributate solenni onoranze funebri, a cui partecipò il vescovo monsignor Giovanni Orosco de Leyva de Covarruvias.

Due anni dopo il Littara, nel 1604, morì il Bagolino, e due anni dopo di quest’ultimo, nel 1606, rese l’anima a Dio l’ultimo della celebre triade letteraria  cinquecentesca, il vescovo monsignor Giovanni Orosco de Leyva de Covarruvias.

Nella modesta chiesa di San Michele Arcangelo, non sono mai esistiti affresco pitture di un certo rilievo.

Nel secolo scorso, vennero in essa costruite due grandi tribune in legno, dedicate alla Madonna del Rosario e alla Madonna Immacolata, su disegno di Calogero Cardella, che oltre ad essere un valoroso intagliatore, fu anche un buon architetto.

Dal Cardella, vennero scolpite, altresì, per la chiesa di San Michele, tre belle statue lignee: una “Santa Agnese” (eseguita nel periodo 1870 – 1880 dell’attività dell’artista), una “Santa Caterina da Siena”  (scolpita nel periodo 1880 – 1890), ed un “sacro cuore di Gesù e di Santa Margherita Maria Aloque” (gruppo scultoreo eseguito nello stesso periodo di cui sopra.

Queste statue sono state poste in salvo insieme alla sacra immagine di San Michele Arcangelo – scultura di artista sconosciuto – posta sull’altare maggiore.

Al principio del nostro secolo, nella chiesa di San Michele, della quale era allora parroco il trentottenne beneficiale sacerdote Giuseppe Terrasi, e coadiutore il beneficiale sacerdote Calogero Variotempo, ebbero sede – oltre alla confraternita di San Michele Arcangelo, della quale era superiore il signor Calogero tedesco – La “Pia unione delle figlie di Maria” sotto la zelante direzione della signorina Francesca Diana, che si occupava anche lei del “terzo ordine francescano femminile, che allora non aveva sede nella chiesa , di San Francesco d’Assisi.

Dopo la scomparsa del reverendissimo e caro parroco Terrasi, un altro degno sacerdote prese la cura delle anime del distretto parrocchiale di San Michele: il reverendissimo canonico Michele Ravanà , ora addetto alla sacra distribuzione, in cattedrale.

chiesa santa maria degli angeli prospetto principale

Nel 1944, dal vescovo monsignor Giovanni Battista Peruzzo, venne nominato parroco di San Michele il reverendissimo canonico Calogero Licata.

Irrimediabilmente compromessa dalle forti lesioni provocate dalla frana del luglio 1966, la chiesa costituiva un grave pericolo per l’incolumità pubblica, per cui ne è stata ordinata la demolizione.

Cara chiesa di San Michele, scolta avanzata sulle antiche mura della città, che per nove secoli hai dato il nome al popolare quartiere di Agrigento; cara chiesa, scarsa di tesori d’arte, ma ricca di storie di ricordi: addio!

La Badiola

La parrocchia di San Michele e stappata portata nella chiesa di Maria Santissima del soccorso, più comunemente intesa con il nome di Badiola (esistente in via San Girolamo, nel distretto parrocchiale) per l’annesso ex monastero di monache.

La chiesa di Maria Santissima del soccorso, detta “Badiola” venne fabbricata nel 1529 del reverendo sacerdote Fabrizio Rizzo del terzo ordine di San Francesco d’Assisi dei padri di Sant’Anna di Agrigento, mentre governava la diocesi il vescovo monsignor Giuliano Cybo di Genova. E poiché anche la Badia o la ebbe il suo tetto ligneo dipinto, e seguito quasi nello stesso periodo di quello del Duomo agrigentino, ed a credere che probabilmente vennero adoperati gli stessi artisti.

L’atto notarile inedito relativo alla costruzione della chiesa della Badia o la porta la data del 18 novembre 1528.

Oltre al pronao, sostenuto da colonne in pietra da taglio del secolo 16º, nella sacrestia della chiesa si notano delle finestre del 1500, una delle quali non ancora del tutto messe in luce.

L’antica cappella cinquecentesca – della quale si è trovata la base in marmo in una delle due colonne, oltre ad un pezzo dell’arco – è stata ricostruita, nel 1919, sull’antico stile ed in essa posta l’artistica statua di Gesù redentore, opera pregevolissima del valoroso e compianto scultore agrigentino Calogero Cardella, eseguita nel 1920 su commissione del sacerdote Salvatore Schillaci, allora rettore della chiesa.

La chiesa di Maria Santissima del soccorso, detta la Badia o la, venne dichiarata monumento nazionale con decreto del tre dicembre 1920.

La statua lignea

Questa statua la tradizione assegna a Girolamo Bagnasco, il più valoroso della notissima famiglia di scultori oriundi da da Torino, operante in Palermo. Girolamo, nato nel 1759 e morto in Palermo nel 1832, scolpì per le chiese della Sicilia, moltissime statue di santi.

Quello di Santa Maria degli Angeli era un gruppo scultoreo composto da due figure: la Madonna che porgeva il cordone francescano e l’abitino a San Francesco d’Assisi, che stava inginocchiato ai suoi piedi – nel lato sinistro guardando – con le mani protese per prendere quanto la vergine Santissima gli porgeva.

Così si vedeva il gruppo sull’altare maggiore della chiesa di Santa Maria degli Angeli al principio del nostro secolo, e così veniva venerato e portato in processione nei giorni uno e 2 agosto, nel 1901, quando era superiore della confraternita il signor Gerlando Falzone.

Bisognevole di restauri, così come la chiesa, ad essi provvedete, nel 1910, il reverendissimo colto il fattivo sacerdote dottor Angelo Di Piazza che insieme a reverendissimo sacerdote Michele di Bartolo Zuccarello  formava il rettorato a cui la Chiesa era stata affidata da Sua eccellenza il vescovo monsignor Bartolomeo Lagumina.

 Il sacerdote dottor di piazza arredò la chiesa di tutti gli arredi sacri, facendo restaurare la statua della Madonna con San Francesco.

Sconosco quando e principalmente perché, il gruppo statuario venne mutilato, togliendo inopportunamente la figura di San Francesco d’Assisi, unico segno tangibile della francescanità della Chiesa per la quale tanto fatico il rettore Di Piazza – di Bartolo Zuccarello nel 1912, per ottenere l’indulgenza della “Porziuncola” o  “perdono di Assisi” di cui venne dotata.

L’antica devozione – infatti – di visitare di nuovo e più volte le chiese francescane, allo scopo di conseguire “toties quoties” l’indulgenza plenaria (applicabile anche defunti) ebbe sovente dalla sede apostolica la sovrana approvazione, giacché Gesù Cristo medesimo la proponeva San Francesco d’Assisi, per tutti quelli che – contriti dei propri peccati – visitassero l’oratorio della “Porziuncola” (Santa Maria degli Angeli) col mandato che Francesco La impetrasse dal romano pontefice.

Ed il Papa Onorio terzo, nel confermare l’indulgenza, stabilì che l’asilo crasse dai vespri del 1 agosto a quelli del giorno seguente, anniversario della consacrazione dell’antica chiesetta, culla dell’ordine francescano.

Per il tale fatto, il rettorato della Chiesa agrigentina, dato che quest’ultima portava il titolo dell’oratorio della Porziuncola: “Santa Maria degli Angeli, e perciò e numerata fra le chiese francescane, edotto delle facoltà concessi agli ordinari  con il decreto “Portiuncolae” del Sant’Officio del 26 maggio 1911 fece subito istanza monsignor Bartolomeo Lagumima, vescovo di Agrigento affinché alla chiesa fosse “in perpetuum” concesso ed annesso il privilegio della celebre indulgenza della Porziuncola per dare maggiore comodità ai fedeli d’usufruire di un tale tesoro spirituale.

testo di Francesco Giuliana Alaimo in L’Amico del Popolo 14 agosto 1966

 

 

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento storia

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