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Agrigento Viaggiatori Raccontano

22 Febbraio 2015 //  by Elio Di Bella

ian strang a girgenti

Agrigento vive ancora e ha circa 20.000 abitanti. Lo aspetto di quella sommità coronata di case fitte, elevantisi sulle antiche fondamenta e sui fianchi tagliati della roccia, è grandioso, austero. La mancanza di acqua, l’aspetto arido della campagna, inducono ancora alla tristezza.

    La città moderna, con le sue vie strette, il suo aspetto tetro inaccessibile e chiuso, la sua cattedrale strana, tutta spagnuola, pare un avanzo di un altro mondo. A mezza costa si estende la città antica con i suoi sette o otto tempii, situati per la maggior parte lungo l’antico muro, in modo che dal porto quella linea di edifizii profilasi sul cielo.

(renan)

Senape_Girgenti_1840

 Eccomi ora errante per le vie scoscese della città originale, intravista jersera sotto le stelle. La strada principale dove sono le botteghe e qualche albergo, segue la curva del colle; questa sola ha rapporto con la linea orizzontale. Qui è il centro degli affari, ma la strada conserva ugualmente la sua impronta locale: vi passano i mulattieri, e i venditori d’arance fanno sentire ogni poco una specie di lamentevole cantilena per richiamare l’attenzione dei compratori.

    Poi non vi sono che vicoli tortuosi, stretti, quasi impraticabili e spesso s’incontrano delle scalinate che s’intrecciano, le quali conducono alla cima su cui s’innalza la cattedrale.

    Prima però bisogna fermarsi un momento dinanzi un antico palazzo d’aspetto spagnolo, dalle muraglie corrose dal tempo, posto su una piazzetta; vi si ammirano le ringhiere dei balconi, in ferro battuto d’un gran carattere e di un lavoro bellissimo; ciò sorprende altamente in mezzo a quel vicinato di casupole.

    A me piace questo labirinto di viuzze, le quali presentano ogni tanto, da qualche buco, un bel punto di vista sul mare, dalle prospettive luminose sulla pianura o dei lembi di cielo turchino. Tutto è pittoresco in questo quartiere, e la chiesa di Santa Maria dei Greci è degna di considerazione.(vuiller)

 

Entrati a Girgenti dalla Porta dei Ponti si è sul corso Ateneo il solo che in qualche modo sia tragittabile in carrozza e sul quale sboccano tutte le scale, che portano alto, nel resto della città (a 350 m. dal livello del mare).
E´ questa la strada più commerciale della città, perché in essa vi sono gli alberghi, i ristoranti i pochi negozi di generi diversi, tessuti, merci pochissimi gioiellieri, parrucchieri, sarti.
Sotto la via Atenea, e perciò fuori la città, v´è una passeggiata estiva bellissima, dalla quale si ammira in parte lo stesso spettacolo che dalla rupe Atenea: vi stanno delle graziose palazzine costruite di recente, del resto anche questa passeggiata è di recente costruzione.
Anche la villa, piccola ma assai carina, sta sotto la rupe Atenea, di fronte un maestoso palazzo: quello della Prefettura, da cui è divisa da un´ampia piazza d´armi.
Per recarsi a visitare i templi bisogna uscire da Porta dei Ponti e scendere un paio di chilometri verso il mare.
Girgenti di ora non l´Agrigento o Agragas di un tempo. Mentre questa stava appunto nella valle ove sono i templi, quella è situata come ho detto sopra una collina.
Stupendo e meraviglioso doveva essere il panorama di Girgenti antica, e colla fantasia può essere rievocato da chi se ne stia a contemplare i ruderi da uno dei balconi dell´Hotel des Temples o dalle vecchie mura della villa pubblica, o meglio ancora dalla famosa rupe Atenea: ove oggi è la polveriera del Distretto militare.
Si va ai templi in carrozza a due cavalli, già a Girgenti le vetture pubbliche, pochissime, che fanno il servizio dalla stazione alla città e dalla città ai templi, sono sempre a due e magari a tre cavalli, per la difficoltà del suolo.
Oltrepassato l´aristocratico Hotel des Temples, la fonte dei Greci, che altro non è che un residuo di antico acquedotto, ci si ferma ad ammirare i residui del tempio di Giunone Lacinia, la cui costruzione ricorda la cosiddetta arte dorica.
Le colonne sono ben fatte, ne ha trentaquattro a venti scanalature per ciascuna, alte, slanciate.
Solo venticinque però di esse resistono ancora, le altre sono rotte o mutilate.
Il tempio più importante è quello della Concordia, anch´esso di costruzione dorica, dalla forte ossatura e che per ben venticinque secoli si è conservato in modo perfetto e mirabile.
Più in là trovansi rovine del tempio di Ercole, che è creduto il più antico edificio agrigentino, il tempio di Castore e Polluce del quale non restano che quattro belle colonne e un pezzo della cornice, del tempio di Giove, che doveva essere un colosso, non rimangono che pochissime informi rovine. Vi sono ancora i ruderi d´una casa greca. La pretesa tomba di Terone, si presenta quasi intatta.
Tornando in città è da visitarsi il nuovo teatro Margherita, che nella sua piccolezza è assai grazioso.
Di antichità se ne trovano molte in città, specialmente nelle chiese. Alcuni sarcofaghi greci sono raccolti nel museo Archeologico di Girgenti, che deve la sua esistenza all´insigne prof. Alfonso Celi, che con amore di padre ne ha assunto la direzione.
Sono poi degne di nota la porta della chiesa di San Nicolò, magnifica costruzione greca, la porta della chiesa di San Giorgio di stile gotico. E´ bella anche la cattedrale di Girgenti, che sta in cima alla collina. Venne costruita nel secolo XVII, e perciò nulla conserva oggi della primitiva costruzione rifatta e restaurata come è stata a più riprese da allora in qua. Il duomo desta curiosità, e per questo ci si arrampica sino alla retta del monte, su cui si stende la moderna Girgenti, non per la costruzione, sebbene per le due note leggende: la famosa lettera del diavolo e il sarcofago di Ippolito.
La lettera del diavolo è racchiusa in un libraccio di pergamena antica, tutto consunto e sciupato, di colore indescrivibile, con borchie di rame dorate ed annerite.
Le pagine di questa lettera sono imbrattate da numerosi sgorbi e segni, geroglifici e stellette, punti e linee, curve e macchie d´inchiostro che vorrebbero rappresentare i caratteri del diavolo!
La città di oggi non offre alcuna attrattiva, monotona, noiosa, incomoda, niente commerciale e quantunque capoluogo di provincia molto più piccola e meno bella di Sciacca o di Canicattì e nulla ha di comune con:
“la città dei piaceri, la più bella dei mortali” come la chiamò Pindaro: se non che ha un cielo splendido, eternamente azzurro, un clima mite e dolce anche nel rigore dell´inverno, la maestà dei suoi templi, il culto che ispira per l´arte, la magnificenza dei suoi tramonti.
Girgenti, Agosto 1905.
(Marchese di San Giorgio. Pubblicato in “Sicilie illustrée”, anno V, n. II, 1910).

templi 1898

Girgenti 1898

Di buon mattino Alfonso Celi, direttore del Museo Archeologico di Girgenti e padre di Empedocle Celi, console del Touring, venne gentilmente a prendermi all´albergo.
Un vetturino aspettava alla porta, fece sul manico della frusta divotamente il segno della croce, la baciò, saltò allegramente in serpe e via con gran fracasso di sonagliere e traballare di pennacchi alle lucenti bardature. Girgenti è sulla cresta di una collina, di cui il punto più alto è il Duomo, a 330 metri e scende sul fianco di essa, calando ripida sull´altipiano ove un tempo si stendeva, come sul fondo di un´arena, l´antica Agrigento. L´altipiano triangolare, di alcuni chilometri di superficie, è conterminato da un salto di rocce, ai piedi delle quali scorrono i due storici fiumi Akragas e Hypsas; due chilometri più oltre si stende la spiaggia del mare. La mia carrozza scende prestamente nella principale e quasi unica via della città, dove si trattano gli affari, in mezzo a un gran movimento di folla. Si direbbe che due popoli vi si mescolino. Uno è quello di tutte le città di provincia: impiegati, soldati, bottegai, piccoli borghesi; l´altro è quello indigeno, vivacissimo, molto marcato pel tipo selvaggio, le carni scurissime, il parlare concitato, la figura inculta.
Fuori di questa strada non vi sono che vicoli scoscesi, stretti, rotti da lunghe scalinate, passanti sotto arcate oscure. È un labirinto, che tratto tratto ha delle scappate d´azzurro sul mare poco lontano, tra due case dove la vista sfugge libera.
La vettura, uscita dalla Porta del Ponte, scende per una strada a rompicollo fino alla Fonte dei Greci, posta all´estremità di un antico canale lungo 7 chilometri dove è un viavai continuo di carri e mulattieri che vi attingono per la città. Che macchiette interessanti, in quel brulichìo di gente col diavolo in corpo, che si disputano la precedenza alle bocche d´acqua e si fanno largo tra gli otri e le bigonce!

Luigi Vittorio Bertarelli

 

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento

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