processione in provincia di agrigento
di Elio Di Bella
In un libro sulle opere pie esistenti in Italia nel 1861 e pubblicato a Firenze nel 1873 viene riportata una Statistica del Regno d’Italia che ci assicura che la provincia di Girgenti nel 1861 comprende 41 comuni, ed ha una popolazione di 263.880 abitanti. Il capoluogo, Girgenti, secondo il censimento al 31 dicembre 1861 secondo un altro quadro statistico pubblicato nel 1866 conta 17.194 abitanti, nel 1865 ne contava 17885; nel 1888 23.860 alla fine del secolo erano circa 25.000.
Descrivendo le condizioni della nostra provincia un anonimo, nello stesso testo sulle opere pie che abbiamo citato sostiene che : ” nella provincia di Girgenti i preti posseggono tutto; ci sono rendite ecclesiastiche sproporzionate: la mensa vescovile calcola annualmente un reddito di oltre i 300 mila franchi, i benefici canonicati ne hanno da 10.000 e in questa scala si trovano gli altri e i minori”.
Tale situazione viene in qualche modo confermata dal primo sindaco di Girgenti dopo l’unità, Baldassare Drago, il quale, chiamato a descrivere le condizioni del capoluogo, soprattutto in riferimento alle opere pubbliche presenta soprattutto una serie di attività e istituti gestiti dalla chiesa locale.
Ma non passeranno sei anni e con la legge sulla soppressione degli ordini religiosi del 7 luglio 1866 e con la disposizione sulla liquidazione dell’asse ecclesiastico, i beni degli ordini religiosi soppressi vengono confiscati, divisi in lotti e venduti. Per quanto riguarda Girgenti, lo storico Calogero Sileci in un suo manoscritto ci rivela che ” a tale legge si da esecuzione in modo brutale. I monaci vengono obbligati a viva forza ad uscire dai conventi, senza veruna eccezione, neppure per quelli che, vecchissimi, naturali di altri comuni, o ammalati o senza amici o parenti si trovavano.
Al baronello Celauro Giovanni, che era Ricevitore del registro, si consegnava bruscamente e con alterigia, con minacce disonoranti, gli oggetti tanto sacri che profani, dei quali quelli si trovavano in possesso. Procedeva con assolutismo, ricevuti gli oggetti, li buttava in una bisaccia… Si ricevette anche Celauro gli animali dei quali erano provveduti i due conventi dei Cappuccini e di San Vito, oggi il primo convertito in distretto militare e l’altro in carcere. Gli animali consistenti in mule erano di valore e Celauro se ne appropriò facendoli apprezzare a di lui vantaggio. I reverendi però di san Vito lo ingannarono, avendo di nascosto mandato le mule in Siculiana, ove dal barone Agnello furono permutate in animali di pochissimo conto. Celauro fece casa del diavolo, ma alla fine dovette acchetarsi.
La stessa tracotante espoliazione si fece alla monache, le quali furono intimate ad uscire dalle proprie abitazioni.. alle stesse fu accordata una pensione di lire una per quelleche erano sotto gli anni 50 e che non si trovavano affette di malattia cronica, e alle altre di lire 1,50 per ciascuna nell’atto che il Governo, appropriatosi delle loro rendite, si mise in possesso delle entrate assai più vistose dell’assegno alle monache”.
Riguardo invece alla vendita dei terreni appartenenti agli enti ecclesiastici agrigentini e incamerati dallo Stato, ecco come il dirigente agrigentino dei Fasci siciliani, Francesco De Luca, riporta cià che accadde: “La formazione di una grossa proprietà terriera, libera dai vincoli feudali, e il conseguente impoverimento, sempre crescente, delle popolazioni lavoratrici furono aiutati dalla quotazione del demanio dei Comuni e dello Stato.
Nel 1862 furono distribuiti ai padri di famiglia poveri, e con preferenza ai danneggiati politici, lotti di terreno appartenenti ai Comuni, con l’obbligo della coltura o bonifica e con divieto dell’alienazione per un numero determinato di anni; pel Comune di Girgenti fu di vent’anni. Essendo i quotisti per lo più poveri, con atti simulati di affitto – gabella – a lunga scadenza vendettero le proprietà a ricchi possidenti, i quali, pagando in una volta l’intero prezzo dei lotti, se li ebbero per un piatto di lenticchie…
Le leggi del 21 agosto 1862 e del 15 agosto 1867 misero all’asta immobili che lo Stato aveva per ragioni proprie, o che gli erano pervenuti dalla Cassa ecclesiastica e dalla soppressione delle Corporazioni religiose. Tali leggi, se, da un lato, non permettevano l’ammissione all’incanto se non di persone che avessero versato il decimo del prezzo dei lotti; dall’altro, davano diritto all’acquirente di pagare l’ammontare dell’aggiudicazione in lunghissime rate, sino a diciotto anni: beninteso che chi pagava con anticipazione otteneva una diminuzione del debito. Tutto ciò naturalmente importava che, se i veri proletari non potevano acquistare alcun lotto, i galantuomini – i signori – disponenti di poche migliaia di lire, potevano con pochi baiocchi comprarsi vastissime estensioni di terra.
Né è detto tutto: le persone più influenti o più temute si mettevano d’accordo e allontanavano gli altri concorrenti dall’asta, che o rimaneva con una sola offerta o andava deserta, e ciò onde ottenere diminuzione di prezzi negli incanti successivi; cose queste che ho voluto constatare leggendo molti verbali d’incanto o richiedendone a persone sulla cui sincerità non può nascere dubbio. Si aggiunge che le terre furono messe all’incanto sul prezzo risultante del vecchio catasto borbonico, che tassava tenuemente gli immobili; e si comprenderà di leggieri quale immensa ricchezza fu arraffata con pochi denari.
E la camorra non finisce qui, chè qualche volta dei campicelli erano rivenduti ai contadini al decuplo del prezzo d’incanto, sicuro il venditore che, o tosto o tardi, i poderi dovevano tornargli in mano per pochi centesimi“. Tutto quello che è detto sopra da De Felice trova una conferma certa nel caso delle terre del Cannatello a Girgenti. Nel 1868 fu fatto nel capoluogo un elenco dei cittadini poveri ai quali si dovevano distribuire le terre del Cannatello, località a pochi chilometri dalla Valle dei templi , ma si trattò di un espediente poco proficuo per le ragioni sopra esposte da De Luca. Dopo soli due anni, infatti, questi dovettero soccombere alla sorte comune.
In tal modo grazie a tali operazioni inevitabilmente a Girgenti i poveri diventavano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi.