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Agrigento, Liceo Classico Empedocle Amarcord: divertenti aneddoti

6 Settembre 2016 //  by Elio Di Bella

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docenti e studenti del liceo classico emepdocle di tanti anni fa

Intendo  rievocare alcuni, spero, divertenti  aneddoti aneddoti su tre dei tanti personaggi che nei  remoti anni trenta dello socrso secolo tenevano la scena al Ginnasio-Liceo Empedocle di Agrigento : il preside La Rocca, Michele Gaglio e Beniamino Sciascia .

Aneddoti , ripeto, e non profili biografici, né tanto meno “amarcord” tentatori..

Iniziamo dal  Preside La Rocca, detto anche Miciacio, se non erro.

Alto, corpulento, dalla faccia rosea alla Charles Laghton, abito scuro e bianca camicia inamidata, occhio vigile e severo. Una impeccabile bombetta, ancora di moda in quegli anni, completava il suo dressing. Ma andiamo ai fatti.

Un pomeriggio, non so dire di quale anno, mentre passeggiavo per via Athenea insieme ad alcuni compagni di scuola, chi ti incontriamo? Dì, proprio lui, il burbero Miciacio. La nostra prima idea fu quella di darcela a gambe come ladruncoli sorpresi a rubare. Non volevamo sorbirci certe ramanzine, peggio ancora probabili minacce per il fatto che a quell’ora non eravamo a casa a studiare. Idea subito scartata, perché eravamo stati notati dal Preside. Sicché non ci restava che affrontare in souplesse quel Moby Dick e rassegnarci ai suoi rimbrotti.

 

 

 

 

Appena fummo vicini al Nostro, osammo balbettare: ” Buon giorno , signor Preside”. Miciacio volse lo sguardo verso di noi, ci offrì un dolce sorriso compiaciuto, sollevò la bombetta e come usa con le gentili signore esclamò dopo aver fatto un leggero inchino: ” Buon giorno, bimbetti:

La nostra meraviglia di dodicenni, quella cioè di essere stati riveriti e di aver ricevuto un’incredibile scappellata niente di meno che da quell’omone burbanzoso e spesso ringhioso, pari alla gioia di aver scoperto in lui una parte nascosta della sua personalità, e cioè un animo di un vero gentleman.

 

 

 

 

Secondo fatto. Il cortile del Liceo era dotato di un piccolo orticello con alberi di frutta, per lo più pesche, oggetto di continui furtarelli. Ebbene, un bel mattino in combutta con un mio compagno, oggi defunto, si decise una bravata, quella di andare a raccogliere qualche pesca, che in verità credevamo fosse mandorla, essendo ancora acerba. Ma fummo colti in flagrante dal bidello e, manu militari, condotti dal Preside per essere giudicati per…direttissima. Seguì il solito rituale. Miciacio, com’era noto, applicava sempre la sanzione di fare inginocchiare i rei di qualche infrazione davanti al busto marmoreo di Empedocle, che troneggiava dinanzi al suo studio, perché chiedessero perdono al grande filosofo agrigentino. Io, contritissimo, mi stavo accingendo a genuflettermi per impetrare il chiesto perdono, allorché il mio socius sceleris, noto per il suo profondo odio per la lingua italiana, esclamò: ” Signor Preside, ” una solo mandorla ho cogliuta”! A quella frase il volto di Miciacio divenne paonazzo e in un battibaleno decise di aumentare la pena al malcapitato mio compagno. E infatti rivolto a un gelido Empedocle gridò a squarciagola: ” Sputagli Empedocle”.

 

 

 

 

Nonostante il grande pensatore concittadino non avesse l’abitudine di emettere sputi in faccia a chicchessia, preferendo invece più nobili usi dell’adiafora e dell’atarassia un soffuso velo umidiccio pervase l’aria sfiorando i nostri visi. Proveniva quell’acquolina polverizzata dalla bocca di Empedocle o non piuttosto da quell’altra bocca convulsa di Miciacio? Ma ufficialmente, direi, quegli sputi, non interamente morali, erano registrati come quelli di Empedocle.

Secondo personaggio è il prof. Michele Gaglio, emerito latinista, che usava dettare le lezioni, per cui nessuno comprava libri di testo. Lo ricordo per la sua prorompente umanità, per i suoi numerosi figli nostri coetanei e amici, ma anche per per la sua miracolosa conversione al tifo calcistico.

Per anni aveva stigmatizzato il foot-ball, che riteneva adatto ai perdigiorno, ma una volta che dovette assistere per dovere scolastico ad una partita di calcio in cui giocava la squadra locale fu talmente stregato dal tifo della gente che d quel momento divenne una vera e propria bandiera del tifo agrigentino.

 

 

 

 

Terzo personaggio è Beniamino Sciascia, grecista e latinista del liceo.

Aveva l’abitudine di scandire la metrica battendo ininterrottamente il dito della mano destra sul tavolo.

Un giorno un allievo gli chiese: “professore, non si fa male battere per tanto tempo il dito sul tavolo”?

Il professore, sul momento, restò catatonico e incredulo, forse indeciso su quale interpretazione dare a quella domanda, se considerarla cioè come una affettuosa preoccupazione per il suo dito o non piuttosto come un vero e proprio sfottò. Alla fine tagliò corto e sempre battendo rumorosamente il dito sul tavolo esclamò a gran voce: ” se mi fa-ce-sse ma / le –io- non- lo- fa-rei!” Senza accorgersene aveva scandito un suo verso di dodici sillabe, un alessandrino per l’appunto, con cesura sulla sesta, precisamente come quei versi che stava spiegando. Ovidio avrebbe detto:” Quidquid tentabam dicere versus erat”, ma per il momento nessuno pensò ad Ovidio, mentre tutti si abbandonarono ad una irrefrenabile risata.

di Francesco Lentini

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Categoria: Agrigento Racconta

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