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Agrigento, l’ebraismo nel territorio agrigentino

17 Aprile 2018 //  by Elio Di Bella

Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, da parte di Tito, gli ebrei, trovarono rifugio anche in Sicilia. La loro presenza è già registrata nel 590 d.C., ed assieme a loro, le popolazioni che gravitavano nel Mediterraneo, erano certamente presenti, in nuclei più o meno consistenti,  Gli ebrei vissero e prosperarono in Sicilia, tranquilli, per secoli, con le loro attività commerciali. Si ritiene che fossero cinquemila e ad Agrigento circa 500 nei primi anni.Fonti varie danno come ubicazione del loro quartiere, il ghetto, nella zona attorno al quartiere di San Giacomo, ove forse era la sinagoga (il loro luogo di culto) e tutto attorno le loro abitazioni, i negozi; quindi l’area della chiesa di S. Giacomo fino ad arrivare a via Orfane.

I guai per loro e per il nucleo di musulmani, arrivarono con la conquista della città di Granada, in Spagna, da parte di Ferdinando di Castiglia ed Isabella, la Cattolica, dopo dieci anni di assedio.  O sovrano spagnoli decisero di cacciare gli Ebrei da ogni parte del loro regno.   Ciò costituì  motivo di arricchimento per il Portogallo che li accolse, a caro prezzo, facendo pagare un pesante balzello di ingresso. Gli altri si dispersero, nel resto del Mediterraneo ed anche in Sicilia  Fu emesso, quindi, il Decreto con cui veniva costituita l’inquisizione nei confronti di coloro che erano accusati di eresia e deicidio, come gli Ebrei.

 In Sicilia il Tribunale dell’Inquisizione, operò intensamente, fin dall’inizio, anche per la necessità di crearsi i mezzi di funzionamento ed infatti all’accusa, appena emessa,senza che vi fosse alcuna prova, si incameravano i beni dell’interessato.Il decreto di espulsione degli ebrei, prevedeva che i malcapitati andassero via, solo con i vestiti che avevano indosso, usati e qualche coperta, subendo perquisizioni, per evitare che nascondessero valori. Venivano esonerati, soltanto, quelli che si convertivano alla religione di Cristo e naturalmente furono i più abbienti. Fra questi ad Agrigento vi fu un tale Guglielmo Raimondo Moncada, di grandissima cultura ed apprezzato anche in ambiente della Curia romana che conosceva oltre la lingua ebraica, l’arabica, la caldea ed il latino.

Come spesso i rinnegati, si oppose con grande determinazione alla apertura di una scuola ebraica, accanto alla Sinagoga, sostenendo che in tal modo si sarebbe rafforzata l’eresia impedendo le conversioni. Naturalmente gli si diede ragione….ma soprattutto, dopo la chiusura della Scuola, gli si assegnò la rendita di 100 onze d’oro, stanziate dal commerciante, ebreo girgentano, Salamone Anello. La sua gioia fu breve durata, perché dopo poco tempo il beneficio venne trasferito ad altri. Il Moncada fece, durante un suo soggiorno a Roma una triste fine, forse di pugnale o di veleno.Gli ebrei residenti in Sicilia, nei loro commerci ed attività si occupavano anche della pesca e della lavorazione del corallo che avveniva a Trapani e ne troviamo due al molo di Girgenti, Aronne il Girgentano e due Vice Portulani, omonimi, di nome Matteo Pugiades.

Una pubblicazione del 1748 del Canonico Giovanni Di Giovanni, della Santa Metropolita Chiesa di Palermo ed Inquisitore Fiscale della Suprema Inquisizione di Sicilia, intitolata “l’Ebraismo della Sicilia, ricercato ed esposto”, fa un elenco accurato delle località Siciliane, sede delle 49 Sinagoghe, oltre Palermo: Piazza Armerina, Caltabellotta, Randazzo, Monte San Giuliano (ora Erice), Salemi, Corleone, Augusta , Castronovo, Milazzo, Paterno, Castiglione, Palazzolo Acreide, Ciminna, Caccamo, Geraci, Giuliana, Modica, Caltanissetta, Ragusa, Alcamo, Re- galbuto, Savoca, Piana dei Greci, Malta, Gozzo, Pantelleria, Catania, Messina, Siracusa, Trapani, Cefalù, Mazara del Vallo, Noto, Caltagirone, Termini, Marsala, Lentini, Castrogiovanni (ora Enna), Polizzi Generosa, Taormina. Nella nostra provincia le sinagoghe erano a: Girgenti, Sciacca, Naro, Licata, Bivona, Caltabellotta, Cammarata.

La popolazione ebraica in Sicilia era talmente ricca che potè permettersi di dare in prestito 100 onze d’oro, all’Infante di Ferdinando, Don Giovanni (successivamente avrebbero fatto lo stesso i banchieri fiorentini a Carlo d’Inghilterra), attirando però anche l’invidia dei concorrenti siciliani che per sbarazzarsi dei loro nemici, li denunciavano, con un anonimo, di eresia al Santo Ufficio. Per sottrarsi ad eventuali condanne, bastava versare il 45% dei loro averi. In tal modo si ottenevano due risultati, quello di avere meno concorrenti sul mercato per la ridotta capacità di denaro, impinguando le casse degli Inquisitori che spesso le utilizzavano per loro personali attività, tanto da provocare inchieste ed ispezioni.

Gli ebrei erano costretti a pulire le stalle pubbliche, a fare le guardie alle città, tutto a carattere gratuito, tanto che spesso erano costretti a rivolgersi alle massime autorità per essere esonerati. Non potevano sfuggire, però, dal portare “la rotella” un pezzo di panno rosso circolare, del diametro di 10 centimetri, sia gli uomini che le donne, come anche sulla porta dei loro negozi.Non potevano intrattenere rapporti sessuali neanche con le prostitute cristiane e contrarre matrimonio, tra gli appartenenti alle due diverse religioni II Di Giovanni, attribuisce l’incremento della popolazione ai Musulmani che dominarono la Sicilia, lasciando loro molta libertà e nessuna restrizione, cosa che non avvenne per i cristiani, riteniamo anche se non dice, per il fatto che gli ebrei erano vittime del loro odio.I maggiori timori degli ebrei si verificavano nel periodo Pasquale, tanto da essere costretti a rivolgersi alle autorità cittadine perché invitassero i Predicatori a moderare il loro zelo e non spingere le popolazioni contro di loro, con l’accusa di deicidio.Erano, però, costretti a presenziare alle prediche ed a seguire il culto religioso dei cristiani.

Nella Chiesa, non tutti erano d’accordo su tale imposizione, non ritenendo che portasse ad alcunché di proficuo per le conversioni. Comunque il Decreto di espulsione destò nella maggioranza della popolazione siciliana ed anche presso i maggioranti grande giubilo, tanto che il Di Giovanni, trascrive nella sua pubblicazione, l’iscrizione di una tabella, in marmo, apposta in Palermo nella Chiesa dell’Ospedale di San Giacomo, nella lingua rozza dell’epoca: AD. MCCCCXI. Re Ferranti Serenissimi Re di Castella et prisi lu regnu di Granata et AN.MCCCXXXXII. Foro cachati li Judei di quistu Regno di Sicilia.

Tale era il potere dell’Inquisizione nella nostra Isola che nel 1504, morta Isabella tutti i membri del Tribunale religioso, inscenavano per le vie di Messina (altra sede era a Palermo), una specie di processione, con i paramenti sacri, mentre gli eretici, preda del Tribunale, costretti a seguirla venivano fustigati a sangue. Il Santo Ufficio – come veniva chiamato, per chissà quale santità – viene soppresso definitivamente dai Borboni, restituendo la libertà di pensiero alle popolazioni.Il Di Giovanni elenca, molto puntigliosamente, come sopra, i centri ove sorgevano, in Sicilia le aggregazioni, le Sinagoghe, tuttavia non segna i centri di Siculiana ed Agira. Nel primo, nel Battistero del Santuario, è custodito un sarcofago, in pietra dura, riportante, seppure in maniera molto sbiadita, gli stemmi della Casa di Aragona e la scritta in ebraico, del 1475, dedicata a Famule. Evidentemente un bambino, date le dimensioni di cm. 73×50 con una profondità di cm. 19.  Il coperchio, spezzato in otto formelle, rappresentanti scene dell’antico testamento, è stato sistemato, in delle nicchie, tutto attorno alle pareti.

Per sottrarlo alla distruzione, come avvenne con il sarcofago di Ippolito e Fedra nella Cattedrale di Agrigento, rivestito di gesso, per coprirne le sculture pagane è stato murato con l’Incisione dentro il muro stesso e creando, in maniera rozza, un arrotondamento della parte che veniva in vista. Non si sa se proviene dalla Chiesa del Castello, distrutto, se vi era un nucleo ebraico, una Sinagoga oppure un personaggio, forse un medico, presso il nobile del luogo, un catalano Gilberto Isfar e Corillas, investito da Re Alfonso il Magnanimo del Baronato di Siciliana. Ad Agira, invece, è stato reperito un raro reperto archeologico, l’Aron Ha Kadesh o Arca Santa, l’armadio della Sinagoga, dove venivano conservate le scritture sacre, la Torah, realizzati in pietra invece che in legno, come era solito.

Un nuovo interesse, sulla presenza ebraica in Sicilia, è stato dimostrato dalla Mostra realizzata a Palermo, nel Convento della Magione e del Seminario sul Giudaismo in Sicilia ad Agira.Un progetto di ricerche e scavi è stato approntato, ricevendo un finanziamento da Agenda 2000, dai Comuni di Cattolica Eraclea e Naro. La cacciata degli Ebrei non è stata, peraltro, la sola diaspora di popolazioni che dopo tanti secoli, potevano considerarsi indigene (parlavano l’ebreo-siciliano) perché, precedentemente, nel 1154, per cause sconosciute un consistente numero di girgentani, vassalli e villani, furono costretti a lasciare il territorio.

 Non fu un fatto isolato perché sulla strada a loro si aggiunsero altre popolazioni, esuli dalla Calabria e dalla Basilicata. Forse due o trecento persone, su carri traballanti, sugli asinelii, con tutte le loro masserizie, le poche che avevano che si trasferirono, forzosamente, sul Cicolano, a milleduecento chilometri dalla loro casa. Un dramma in cui perirono chissà quante persone. Popolazioni che andavano a valorizzare nuove terre, il sistema feudatario dei normanni e che venivano “donate” a questo o a quel feudatario. Il giornalista Aldo Alessandro, visitò il borgo medioevale di Girgenti nelle Marche, con le sue casette, attorno ai ruderi del castello, sentendo accenti della vecchia Girgenti di Sicilia, del culto di San Calogero, dei vecchi colori di Sicilia, dei carretti siciliani. Il capoluogo è Rieti e per raggiungere il paesino si percorre l’autostrada A24 per l’Aquila.

di Ermogene la Foreste

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, ebraismo

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