SULLA PROBABILE UBICAZIONE DELLA PISCINA DEGLI ANTICHI AGRIGENTINI
OSSERVAZIONE ALLE NOTE DEL DOTTOR GIULIO SCHUBRING PER ALFONSO CELI
Stampato a Girgenti nel 1889
PREAMBOLO
Molti — e in ogni tempo – scrittori egregi e cultori delle storiche discipline sono stati, i quali hanno illustrato coi loro studii le opere dell’antichità, e specialmente di questa nostra Agrigento, le cui rovine monumentali hanno attirato ed attirano tutto di l’attenzione di nostrani e stranieri.
Fra gli antichi occupa il primo luogo Diodoro Siculo, indi, per tacere di altri, Fazello : tra i moderni lo Scinà, il Politi e il nostro Cav. Giuseppe Picone. Ultimo per tempo, ma non per merito, giunge il Dr. Giulio Schubring, il quale nella sua eccellente monografia rivolge la sua attenzione alla ricerca della grandiosa piscina, che fu maravigliosa nei tempi della grandezza della città.
Diodoro Siculo — testimonio oculare — ne parla con pienezza di cognizione : ma l’ ala demolitrice del tempo – e sono più che 2000 anni – spazzò via ogni cosa, sicché di tale opera monumentale oggidì non si vede quasi segno.
Resta all’ occhio indagatore dello archeologo il cómpito di cercare o d’indovinarne col pensiero la ubiquità.
E il Cav. Picone e il Dottor Schubring hanno fatto di tutto per venire a capo di questa scoperta.
Guidato io dai loro pazienti studii, e parendomi, dopo ripetute osservazioni, di aver trovato qualche cosa che non meriti di essere disprezzata, ardisco, povero pigmeo tra si fatti giganti, esporre timidamente una mia idea.
Ecco lo scopo di questo scritto, che presento all’attenzione del benevolo Lettore.
L’erudito archeologo Dr. Giulio Schubring (Topografia Storica di Agrigento, traduzione dal tedesco con note ed aggiunte del professore Guglielmo Toniazzo, Torino, Ermanno Loescher, 1887), associandosi all’idea di Fazello (Decade i , L. VI), sostiene che la Piscina degli antichi Agrigentini, ossia Colimbetra, secondo la denominazione dello stesso Schubring, era situata nella località detta Badia Bassa, che trovasi presso le proprietà del signor Caruana, il che egli prova con argomenti dedotti da prove di fatto.
Prima di andare innanzi credo opportuno di qui trascrivere un passo importantissimo di Diodoro Siculo ( Diodoro Siculo — Biblioteca storica, traduzione di Messer Francesco Baldelli Venezia, presso Gab. Giolito, 1574.), il quale può darci gran lume nella ricerca della verità.
Egli scrive :
« Fecero gli Agragantini una peschiera, che teneva sette stadii di giro, e era venti cubiti profonda. Et havendo in essa certe acque di fiumi e certi ruscelletti, che da fontane si derivano, dirizzati; e perché il luogo era atto a produrre cose da cibargli, e per lo temperamento dell’acque, vi cominciarono dei pesci a nascere, e ivi nodrirsi; et essendo poi in successo di tempo maravigliosamente accresciuti, fecero quei vivaio, che fu non solamente dei pesci bastevole conserva per l’uso e bisogni loro, ma ve n’erano ancora per servirsene nelle delitie. Et oltre a ciò volando per essa i cigni a schiere, e quivi dimorando, venivano a fare bellissima mostra et a rendere il luogo et ameno: ma finalmente essendo in corso di tempo trascurata, et in abbandono lasciata, venne a putrefarsi, et a poco a poco n’ andò in ruina.
Et oltre a ciò per tutto quel paese, che era veramente fertilissimo, e di viti ripieno, e abbondevole di tutte le sorti d’alberi, vennero piante et cose fruttifere spargendo, di si fatta maniera, ché quindi poi non poco frutto et entrate non picciole vennero cavando. » (Lib. XI, pag. 449, diz. citata.)
« Vi avea poscia in quel tempo fuori delle mura della città un lag , con le man , et arte degli huomini cavato, et era la sua circonferenza di sette stadii di misura, et era di profondità di venti cubiti; dove condotte poi l’acque, vi havevano con l’arte messo pesci di tutte le sorti in grandissima copia, per potersene ne’ pubblici conviti, e banchetti servire onde per potersi di questi pascere, vi erano (si come gli uccelli delle paludi far sogliono) intorno tuttavia i Cigni a schiere et altri uccelli di molte sorti, che vi stavano continuamente di cibarsi cercando; onde facevano a gli occhi dei riguardanti bellissima veduta » (Edizione citata, pagina 689 )
Ciò premesso, sentiamo che scrive sul proposito il Dr. Giulio Schubring.
Egli, dopo accurati studi ed esatte osservazioni, fatti ocularmente sulla topografia dell’ antica città e suoi dintorni, rilevò che tutti gli aquedotti mettono capo alla precitata località della Badia Bassa, e conchiuse che in quel punto alimentato cosi dagli aquidotti doveva trovarsi la Piscina. Sottometto anzitutto all’ egregio Dr. Schubring che le acque di tali condotti erano insufficienti a riempire ed alimentare la grande ed estesa piscina. Ho indubitato che gli aquidotti convergono alla Badia Bassa, ove il Dr. Schubring vuole che esistesse la piscina; ma é molto verosimile, e pare anzi fuor di dubbio, che in tal punto le acque non si fermassero (E come ciò poteva avvenire , se non mediante opera d’uomo, quale sarebbe una diga, di cui non resta traccia alcuna?), ma ne uscissero così riunite per seguitare il loro corso, sino ad incontrare a poca distanza il fiume Ipsas e poco più a valle Agragas, il quale al primo si congiunge, come lo addimostrerebbe l’attuale configurazione del terreno; e che avveniva prima di arrivare alla Piscina, che, secondo Diodoro Siculo, era alimentata non solo dalle acque di fiumi (certo 1’Ipsas e l’Agragas), ma altresì da fontane e ruscelletti, come attesta Diodoro.
Inoltre, I’ opinione dello illustre Schubring non mi pare accettabile per più ragioni.
I° Perché alla Badia Bassa manca la grande estensione voluta e veduta dal precitato Diodoro, storico contemporaneo, il quale asserisce che gli Agrigentini del suo tempo, per incuria dei posteri e par negligenza dell’antichità, avevan lasciata riempire e poscia cambiare in esteso vigneto, popolato anche da molti alberi fruttiferi, dai quali traevano grande utilità; e quantunque egli l’avesse veduta già colma, pure essa lasciava ancora così visibili i suoi contorni, che lo misero in grado di giudicare e della primitiva forma e della estensione sua.
2° Perché lo stesso storico afferma che la detta piscina venne riempita da certe acque derivate da fiumi e da ruscelletti.
Certo i fiumi non potevano essere altri che l’Ipsas, e l’Agragas, poiché altri fiumi non esistono, né esistere potevano ai tempi di cui parla Diodoro. Or, é egli supponibile che l’ Ipsas, e 1′ Agragas potessero confluire al luogo della Badia Bassa, il cui livello é superiore al corso di quelli ? O che forse andavano a ritroso ?
3° Perché il colmamento o riempimento di cui ci parla Diodoro non si rinviene nel luogo della Badia ‘Bassa, il quale tuttora ci si presenta in larga valle, e lascia financo vedere il fondo della roccia, che é di tufo arenario conchigliare; e poi, come tale riempimento potesse avvenire non sappiamo, essendo il terreno scosceso e aperto.
4° Perché lo stesso Diodoro ((i Libro XI, pag. 449, edizione citata) ci viene assicurando, che gli Agrigentini, dopo la gloriosa battaglia d’Imera , fecero scavare con grandi spese una piscina. Il che verrebbe a significare che la piscina doveva avere un livello più basso per ricevere le acque dei fiumi influenti; quando invece nella Badia Bassa conveniva non già scavare, ma edificare una diga , essendo essa, come si disse , larga ed aperta verso la parte inferiore.
5° Altra ragione: il Dr. Schubring chiama la piscina Colimbetra, che in greco significa luogo da tuffarsi, da bagno, tanto pubblico che privato. Sottometto all’esimio Dr. Schubring che Diodoro non parla di Colimbetra, né la piscina poteva servire per bagni E poi, se gli antichi Agrigentini a poca distanza avevano le salubri acque del mare, non potevano certo preferire. quelle di un locale scavato con artificio, che, per essere stagnanti e derivate da aquidotti , non potevano essere salubri. E in fine, si è mai veduto un luogo di bagni della profondità di 20 cubiti, pari a metri 8 circa ?
6° Un’altra ragione ancora. Secondo Diodoro era essa piscina fuori delle mura della città, popolata da schiere di cigni e da altri uccelli, che abitar sogliono nelle paludi. Ma se la piscina, giusta l’opinione del. Dr. Schubring, era situata nella località della’Badia Bassa, cioè più che mezza dentro il circuito della città (il che è in contraddizione col testo di Diodoro), come può essere che si fatte specie di volatili vi dimorassero continuamente, cercandovi ricco e
abbondante cibo, senza essere menomamente atterriti dal rumore della vasta e popolosa città ?
Stando dunque alle ragioni suesposte, fondate su notizie storiche, emerge che i caratteri della estensione e la circostanza della confluenza mancano affatto alla cosidetta Badia Bassa; dunque pare abbastanza dimostrato che in essa non poteva esistere la piscina degli antichi Agrigentini. Anche il Cav. Avv. Giuseppe Picone ( Il quale, ardente ammiratore degli antichi monumenti, oltre aver dato alla luce l’erudite Memorie Storiche Agrigentine, opera che tanto onora il mio paese e l’Autore, nel 1875 impiantava un gabinetto archeologico, raccogliendo in esso quanto di antichi oggetti pei campi Agrigentini si rinveniva casualmente, codiuvato in ciò dell’onesto e inappuntabile Commendatore Emanuele Sileci, allora sindaco di questa Comune, non – chè dal Comm. Giuseppe Belli, il quale, amantissimo pure di arte antica, molto ha influito presso questa Camera di Commercio nel fare acquistare non pochi vasi ed altre cose antiche di grande importanza, le quali con ogni cura ha fatto depositare in questo Gabinetto archeologico comunale) nelle sue Memorie Storiche Agrigentine, a pagina 79, nota 3 , invocando 1′ autorità storica di Diodoro Siculo (Libro XI, capo 25) sopracitato, dice essere inaccettabile l’ opinione di Fazello riguardo alla topografia della piscina, perchè quegli orti, fatti posteriormente alla colmatura della medesima, avrebbero occupato parte dell’area dell’antica città.
E però colloca la piscina nell’ampio territorio che si estende tra il fondo del signor Raimondo Montana e la collina degli ex PP. Filippini denominata Billotta. Debbo manifestare che l’egregio mio Concittadino, dei cui lumi mi sono giovato, pur non ammettendo 1’opinione di Fazello ed implicitamente neanche quella di Schubring, è 1’unico autore che piú di tutti si approssima alla situazione più probabile dell’antica piscina. Se non che, lo spazio indicato essendo troppo per una piscina, ed osservando io oltre che nel fondo del sig. Montana questa non poteva esistere a cagione delle accidentalità del terreno, è uopo cercare un campo esteso, pianeggiante, molto vicino , anzi limitrofo al precitato fondo Montana.
Sulla situazione topografica di tale piscina nulla si ha dunque di certo. I vari autori antichi e moderni, consultati in proposito, non danno che dubbi ed incertezze, e nessuno finora ha indicato un punto che rispondesse precisamente alla vera situazione di quella, la quale, secondo che ci assicura lo stesso Diodoro ( Libro XI, pag. 449, edizione citata), girava sette stadii, e la cui profondità era di venti cubiti, cioè un diametro di metri cinquecento circa; con una circonferenza di circa mille e seicento metri ed una profondità di metri otto o poco più.
Messe per tanto da banda si svariate opinioni, e volendo anch’ io, con le mie debolissime forze, concorrere all’opera di coloro, che tanto dottamente si sono occupati nello illustrare la prisca grandezza del mio paese natio, ardisco, su tale importante argomento, manifestare la mia modesta opinione, nella speranza che verrà dagli archeologi accettata o, per lo meno, tenuta fra le più probabili.
Varie escursioni da me fatte nei dintorni dell’antica Agrigento, allo scopo di avermi qualche indizio, che accusar possa il lavoro della mano dell’uomo, mi hanno condotto ad osservare l’artificiale taglio della collina detta Billotta, (distante dalla Badia Bassa 150 metri circa verso mare), al cui falde costeggi l’Ipsas. Quella gran curva che essa descrive, ingrandita oggi dal continuo scorrere delle acque del cennato fiume, ha fermata la mia attenzione, ed ho preso a studiare luoghi, terreni e circostanze, per metterli in relazione coi pochi lumi storici a me noti. Certo, l’esteso piano nominato di Binnici non poteva essere cosi regolare, orizzontale e , direi quasi, levigato senza il concorso della mano dell’uomo.
L’esistenza di tal piano e il curvo taglio della collina Billotta mi diedero la prima idea che quella fosse la più probabile situazione topografica dell’antica piscina. La confluenza poi dei due fiumi Ipsas ed Agragas, la vasta estensione fuori l’abitato, il che è conforme col testo del nostro Diodoro, son fatti questi che confermano la mia opinione, concordando perfettamente coi dati storici. Studiato poi esattamente il luogo, sia nella natura dei terreni, sia nella parte topografica, risulta che il suolo del piano della Binnici, dalla parte della sponda sinistra del fiume, è costituito da terre di trasporto principalmente sabbiose ed arenarie, ed alla profondità di 3 o 4 metri si trova un letto di ciottoli e di pezzi di terra cotta, evidentemente trasportati dalla corrente, e riposanti sull’argilla compatta; nella sponda destra invece, e proprio nel taglio scosceso della collina Billotta, si osserva una
stratificazione nell’ordine seguente :
a) terra vegetale superiormente,
b) sabbie argillose nel centro
c) argilla compatta nel sotto-suolo.
Or, la differenza nella natura delle due sponde induce a credere che dalla sponda sinistra si dovette portar via dalla mano dell’uomo parte delle argille che attualmente vi mancano, e che invece furono ivi sostituite terre trasportatevi dalle correnti. Notai inoltre che, più a valle della menzionata collina, e verso il mare, la sponda destra del fiume si presenta nella sua formazione primitiva, ricoperta dello strato superiore di terra vegetale, con dolce pendio, e senza alcuna traccia di lavoro dell’uomo. Ragionevolmente tale sponda non venne alterata, allo scopo di servire come diga per trattenere le acque di quel vasto bacino.
Il dotto Avv. Nicolò Dara, uomo appassionato e intelligente in archeologia, in compagnia del mio amico sig. Giuseppe Scozzari, portatosi anni addietro a caso alla imboccatura superiore del piano della Binnici, alla destra sponda del fiume Ipsas, fece fare, a spese proprie sotto la sua direzione, un tentativo di scavo in un luogo in cui si vedevano tracce di antico fabbricato, e a poca profondità, scopriva un acquidotto con suolo mattonato e con direzione verso il piano della Binnici.
Da questo fatto si può bene arguire che quell’aquidotto riuniva tutte le acque superiori , le quali poi confluivano nel luogo da me stabilito. Adunque, da quanto son venuto fin qui esponendo, pare sia molto probabile che la peschiera degli antichi Agrigentini si trovasse nel piano della Binnici. La natura geologica del terreno, la sua configurazione topografica, il suo piano orizzontale e quasi levigato, ci piace di ripeterlo, sono dati tali, indizii così soddisfacenti che si è costretti a convenire essere questa la sola località, che risponda esattamente alle notizie storiche tramandate da Diodoro Siculo. Fa sperare pertanto che, in vista di indizii siffatti specie, del tentativo del signor Dara, la Commissione di Antichità per la Sicilia, di cui è capo e mente il dotto Comm. Cavallari, voglia, per mezzo di scavi importanti, a capo di tale scoperta, rendendo cosi certezza quello che oggi per molti è dubbio e congettura.
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