Nei giorni 16 e 22 luglio 1960 si è riunito in Agrigento il Comitato Diocesano, presieduto dal Vescovo mons. Francesco Fasola, e composto dal Vicario generale e da tutte le autorità cattoliche della diocesi. Il comitato ha indirizzato all’on. Moro e agli altri dirigenti nazionali della DC il seguente ordine del giorno:
«CONSTATATO che in alcune amministrazioni comunali della provincia di Agrigento, compreso il capoluogo, è stata operata l’apertura a sinistra o si è su un piano di collaborazione della DC con consiglieri del PSI.
CONSTATATO che tale indirizzo della Segreteria Provinciale è in netto contrasto colle direttive date dal nostro Arcivescovo Mons. G. B. Peruzzo nella sua lettera pastorale del febbraio scorso, con le direttive della CEI e degli organi della S. Sede.
CONSTATATO che, malgrado tali chiari ed autorevoli pronunziamenti, i dirigenti locali DC continuano ad insistere nella loro linea politica di collaborazione col PSI senza aver dato alcun segno che faccia anche solo sperare un cambiamento di indirizzo.
SI DOMANDA se, permanendo tali condizioni e perseverando i dirigenti provinciali DC in tale indirizzo, il clero e l’elettorato cattolico, nelle prossime elezioni amministrative, possano collaborare in provincia con la DC.
Il Comitato Diocesano pertanto delibera all’unanimità di domandare a codesta Segreteria Nazionale del Partito DC:
a) quali provvedimenti intenda prendere per la provincia di Agrigento;
b) quali garanzie possa far dare all’elettorato cattolico Agrigentino dai dirigenti locali DC per la linea di condotta politica da seguire in avvenire in ordine ai motivi religiosi dello stesso elettorato.
SUBORDINA alla risposta di codesta Segreteria Nazionale le decisioni da prendere e le direttive da dare in diocesi in assoluta conformità e fedeltà alle direttive della Chiesa.
I membri del Comitato Diocesano danno quindi mandato al CCZ di Agrigento di inoltrare il presente esposto alle Autorità competenti di cui agli indirizzi».
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L’ordine del giorno pubblicato sopra è stato riportato dal giornale della sinistra democristiana — «Politica » — con il titolo ingiurioso: «La lupara ideologica» (ingiuria che è anche troppo facile ritorcere sugli autentici mafiosi politici della DC); e con un commento che tra l’altro dice:
Ci sembra inutile che il Comitato Civico di Agrigento attenda una risposta dall’onorevole Moro, o un provvedimento d’esilio per l’onorevole Raffaello Rubino e per gli altri dirigenti della Democrazia Cristiana di Agrigento. Si ricorda di quel convegno di dirigenti democristiani del centro nord, tenuto a Bologna alcuni mesi addietro? Ebbene, in quella occasione l’onorevole Moro disse che sarebbero state rimosse — per le prossime elezioni amministrative — alcune preclusioni vigenti in passato, ferma restando soltanto la proibizione di stringere alleanze coi comunisti e coi missini. Perché disse cosi? Disse cosi, perché l’onorevole Moro è responsabile del partito oltreché una persona responsabile, e quindi capisce che la democrazia italiana non può assolutamente permettersi il bis di quella rovinosa esperienza che sono state, dal ’50 ad oggi, le Giunte difficili e la pioggia delle gestioni commissariali.
E il gradimento del segretario del partito per la astensione dei socialisti davanti al governo Fanfani non induce alla prudenza?
E la riforma della legge per le elezioni provinciali — che permette ai socialisti la lista in concorrenza coi comunisti, e salva la Democrazia Cristiana dall’imbarcare fascisti e indipendenti di destra — non suggerisce il sospetto che l’onorevole Moro abbia voluto preparare anche uno strumento più duttile di alleanze amministrative, per impedire comunque il ripetersi delle Giunte difficili?
Intendiamoci bene: questo non significa che le alleanze amministrative coi socialisti sono state contrattate in blocco. La riforma della legge elettorale toglie la preclusione verso di loro, ma lascia ai dirigenti locali della Democrazia Cristiana il compito di giudicare essi se esiste le necessità e l’opportunità di questa intesa.
E allora perché il Comitato Civico di Agrigento domanda all’onorevole Moro una risposta che é già implicita nelle scelte politiche del segretario del partito?