• Menu
  • Skip to right header navigation
  • Passa al contenuto principale
  • Passa al piè di pagina

Before Header

Agrigento Ieri e Oggi

Header Right

  • Home
  • In 5 Minuti
  • Agrigento Racconta
  • Attualità
  • Storia Agrigento
  • Storia Comuni
  • Storia Sicilia
  • Storia Italiana
  • Storia Agrigento
  • Storia Comuni
  • Storia Sicilia
  • Storia Italiana

Header Right

  • Home
  • In 5 Minuti
  • Agrigento Racconta
  • Attualità

Agrigento La campagna di scavi archeologici del 1927

20 Marzo 2015 //  by Elio Di Bella

Gli scavi archeologici del 1927 nella zona di Acragante

Ad Acragas, la più bella città dei mortali, come la chiamò Pindaro, ragguardevole pei sontuosi templi, per gli ampi fori, pei magnifici edifici, abbattuta dall’urto del tempo e dal vortice impetuoso dei rivolgimenti umani, le molteplici importanti svariate rovine dei suoi templi, superbi e maestosi, nella meravigliosa armonia dello stile dorico, ci narrano le origini e le vicissitudini d’una città, che nel suo periodo di storia gloriosa (480 – 406 a. Cr.) fu tra le più fiorenti della madre patria e della Magna Grecia.

La forza edace del tempo non potè del tutto dissolvere i templi, le colonne, gli archi e gli stessi riquadrati macigni, che hanno la forza di ricreare ciò che fu distratto, di rialzare e di ripristinare ciò che fu atterrato e di rievocare le origini di una città, che, più volte abbattuta, potè nei superstiti monumenti, attingere la forza di risollevarsi e più volte rifiorire.

I ruderi grandiosi non hanno cessato di fremere sulle rovesciate moli, e il loro spirito vivificatore ha avuto l’arcana forza di far risorgere a novella vita le glorie sepolte e di accendere le anime di un giovane, e valoroso archeologo, (Marconi), indagatore coscienzioso di passate grandezze, e di un gentiluomo inglese, (Hardcastle), mecenate e appassionato cultore di archeologia, che da parecchi anni ha dato un disinteressato e un salutare impulso alle esplorazioni archeologiche nel suolo dell’aulica Agrigento, I       lavori di scavo, ripresi quest’anno, con buoni auspici, fin dal mese di febbraio, si son chiusi nel mese di maggio, ricchi di importanti ritrovamenti.

Come negli anni scorsi, sono stati eseguiti per cura dello Stato e col generoso contributo finanziario del Sig. Comm. Alex Hardcastle, cittadino inglese, il quale, anni fa, si stabili in Agrigento, ove acquistò una villa posta nel seno della zona archeologica, e precisamente nei pressi del tempio di Ercole.

II    senatore Paolo Orsi, soprintendente alle antichità classiche della Sicilia, affidò la direzione dei lavori all’archeologo Prof. Pirro Marconi. Questi iniziò con felice successo la sua carriera di scavatore, portando notevoli contribuii (chiarendo e concretando problemi, vanamente di scussi nel campo dell’archeologia) sulla famosa questione dell’Olimpeion.

Gli scavi furono iniziati sul predio Trippi, nel terreno adiacente al Grand Hotel des Temples, a. nord della chiesa di S. Nicola dei Cistercensi, sull’orlo di un avvallamento dove, a vari ripiani degradanti, furono trovate delle abitazioni romane, di notevole estensione, con ampie stanze e pavimenti a mosaico.

In una di questi abitazioni, adiacenti alla casa, fu scoperto uno stabilimento ad uso fornace per vasi e laterizi, composto di un deposito di argilla, di una profonda vasca, intagliata nella roccia, per gli impasti, e di ni; forno tollerato di mattoni per la cottura. I muri si conservano a bassa altezza ed hanno una struttura ili massi parai le lopipedi squadrati; i pavimenti sono di cocci pesti e qualcuno si pre senta intramezzato di decorazioni lineari fatte con, tessere di marmo.

Furono travati residui abbandonati di cocci di anfore e di tegole, di scarso valore.

Altri scavi furono farti (tei predio Catalano, presso il tempio detto dei dioscuri quai  sull’orlo della grande piscina, ove,  ad una profon¬dità di 30 centimetri appena, fu trovata una grande struttura di basamento. Ampliato lo scavo, vennero alla luce due grandi altari di epoca arcaica, risalenti alla metà del VI secolo, di cui uno rettangolare, misurante circa m. 5, 80 x 4, 80, a due gradini, ed avente nel centro una conca intagliata nella roccia. La conca è attaccala al muretto circolare esterno con quattro raggi di conci squadrati monolitici. Questo altare rettangolare ha la superficie con tracce evidentissime di fuoco persistente e, poiché presenta quella caratteristica arrossa tura che è data dal calcare tufaceo locale, doveva presumibilmente servire per bruciarvi le interiora delle vittime immolate nei sacrifici. L’altro altare, invece, di forma circolare, pur esso attaccato alla platea del monte, per la forma della conca centrale, doveva servire per le libazioni sacre.

A Sud del tempio detto dei Dioscuri è stato scavato un edificio ignoto, di grande sviluppo. Liberato completamente dalle macerie e dalla terra che lo copriva, e apparve un grande edificio rettangolare, con pavimento fatto di cocci di mattoni pesti e calce.

I particolari decorativi (cornici, siine, teste di leoni, ecc.) denotano già un’ età assai avanzata; ma la forma ha fatto riconoscere in esso un esempio di edificio pubblico di età ellenistica romana, formato di uno spazio recinto di colonnato, di ordine dorico, sostenente un tetto a due spioventi, analogo alla basilica romana.

Detto edificio ha una notevole dimensione, circa m. 55 x 21, ed è un documento della vita che si doveva svolgere ad Agrigento nel primo secolo della dominazione romana.

Sono stati ripresi gli scavi iniziati I’ anno scorso al Tempio di Giove, che già avevano fruttato la scoperta di alcuni dei colossali Giganti nel muro esterno meridionale.

Venne demolita parte della colossale maceria formata nel crollo di detto muro e messo in luce il basamento e la gradinata di esso fino alla base delle colonne.

Furono rinvenuti nelle macerie, fra le colonne, sdraiati bocconi, altri due Telamoni in buone condizioni di conservazione : di uno specialmente venne rinvenuta la testa con il volto barbuto, nel rigido stile arcaico del II decennio del V secolo a. C. Questa scoperta ha portato la definitiva conferma a quanto lo scavo dell’anno scorso aveva fatto intravedere, ciò che la posizione dei Telamoni era nella faccia esterna del muro perimetrale del tempio. Nell’intercolunnio centrale non venne per contro rinvenuta nessuna traccia dell’ esistenza del Telamone, stante che la maceria era in pessima, conservazione, e quindi molti dati di essa distratti per sempre. Molti altri dati però convergono nel fare ritener possibile sul posto un’apertura laterale.

Nelle macerie vennero ritrovati resti della trabeazione e tra essi particolarmente molte tegole fittili policromati piane e a sezione curva, di cui alcuni esempi in perfetto stato di conservazione. Altri saggi furono praticati nella parte occidentale del tempio e culminarono con la scoperta’del muro esterno occidentale, ciò che permette di rilevare la esatta dimensione dell’immenso e famoso edificio.

Queste opere di fondazione denudate appaiono di una mole im-mensa: sotto il livello del pavimento esse hanno uno sviluppo di altri su sette metri e una larghezza, per il muro esterno, di quasi sei metri. A scavi ultimati si può affermare che l’annoso problema intorno alla precisa collocazione dei giganteschi Telamoni del tempio di Giove Olimpico sia stato finalmente risolto.

Molto si è pensato e scritto intorno alla precisa collocazione dei suddetti Telamoni, e varie sono state le idee manifestate sul riguardo da storici ed archeologi insigni, come il Palmeri. Serradifalco, Kokerill, Politi, Schunbring, Winckelmann , Roldwey. Puchstein e, infine, il Pace e Peirce.

Ma ora non c’è più dubbio : i ruderi dei Telamoni trovati bocconi nei dintorni esterni del tempio tra quelli delle colonne, dimostrano che i Giganti erano collocati nelle murate esterne del tempio e servivano, assieme alle colonne, per sostegno all’imponente trabeazione e ai fron-toni.

Sorge ora chiaro  la dimostrazione di quanto sopra, un brano dell’antica Storia di Sicilia del Fazello (deca I, libro VI, esp. I) che dice:

«Ed ancorché il resto della fabbrica in successo di tempo rovinasse, non di meno una parte che era appoggiata a tre Giganti ed a certe colonne stette gran tempo in piedi, la quale è tenuta dalla città di Agrigento per memoria in sino al dì di oggi, e l’hanno aggiunta alle loro bandiere.

«Ma questa ancora per trascuragine degli agrigentini rovinò l’anno 1401 a nove dì del mese di dicembre ».

Ed in taluni versi lo stesso autore si esprime così :

E sotto il pondo delle gravi e grosse

Mura, piegando i tre giganti il collo,

E le ginocchia, e le robuste spalle,

Ch’eran di quella mole alto sostegno,

Miser andar nella rovina estrema.

L’Olimpieion assume, dopo questi scavi, un valore straordinario,

poiché ce ne sarà permessa la ricostruzione. Questi scavi infatti rimetteranno alla luce un dorico rifuso dalla fantasia di un ignoto architetto, il quale si servì di un’ardita rappresentazione scenografica decorativa in perfetta funzione statica di elemento architettonico.

Questo immenso tempio di centoventi metri in lunghezza e cinquantacinque in larghezza, dopo l’Artemision di Efeso, è il più grande tempio dell’antichità. Pseudoperiptero, cioè con semicolonne addossate ad un muro di cinta pieno all’esterno, là dove l’architettura greca più regolarmente distendeva il colonnato, ci offriva un tipo architettonico non comune all’arte greca.

Le mezze colonne, profondamente scannellate, dall’echino alto e slanciato, sorgevano su base sobriamente modanata, in numero di sette nei due fronti e quattordici nei lati, per diciannove metri circa di altezza, compresi base, e capitello.

Dal pavimento della cella (escludendo lo stilobate) erano circa trenta metri di elevazione.

Per la sua grandiosità la larghezza da centro a centro di colonna risultava di in. 8,10; quindi l’architrave, fatta in due pezzi, rimaneva in fallo nel centro dell’intercolunnio. Or non potendo questa giuntura sottostare all’intera trabeazione, che rimaneva in sospeso, sorse la necessità d’applicarvi un sostegno; da ciò la collocazione dei massicci Telamoni, che oltre a sostegno dell’imponente trabeazione, rappresentavano una felicissima e originale concezione, degna dimora al Dio vincitore dei Giganti a cui fu dedicato, «Giove Olimpico».

Giovanni Zirretta

In quinto annuario del Regio Istituto Tecnico M. Foderà in Agrigento dal primo novembre 1926 al 31 ottobre 1927

Agrigento 1928

Categoria: AttualitàTag: agrigento, valle dei templi

Post precedente: « Aragona La Rivoluzione del 1848
Post successivo: Agrigento i libri: Studi Agrigentini di Pirro Marconi »

Footer

Copyright

I contenuti presenti sul sito agrigentoierieoggi.it, dei quali il Prof. Elio di Bella è autore, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti perché appartenenti all’autore stesso. È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma. È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07/03/2001.

Privacy

Questo blog rispetta la normativa vigente in fatto di Privacy e Cookie . Tutta la docvumentazione e i modi di raccolta e sicurezza possono essere visionati nella nostra Privacy Policy

Privacy Policy     Cookie Policy

Copyright © 2023 Agrigento Ieri e Oggi · All Rights Reserved