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demetra rupestre
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Agrigento e i santuari di Demetra e Kore

15 Luglio 2018 //  by Elio Di Bella

Agrigento fu fondata dai Geloi centotto anni dopo la fondazione di Gela, secondo le attestazioni di Tucidide (VI, 4, 4) che, grazie a confronti storici  e archeologici, trova una collocazione cronologica abbastanza attendibile nel 580 a.C. La subcolonia è fondata nel momento in cui si sta esaurendo il grande movimento colonizzatore greco: i motivi che spingono Gela ad avviare questo processo sono di natura economica e politico territoriale, poiché si assiste alla nascita della nuova città in un territorio ricco di aree fertili e agricole, di cui la città necessitava rifornimento, e in un versante territoriale in cui il dominio di Selinunte, nata nel 627 a.C., era cresciuto tanto da divenire una città dal grande impianto urbanistico e dal forte carattere commerciale e comunicativo per le identità non greche della zona (Sicani, Elimi e Fenicio-Punici).

La Sicilia meridionale evidenzia una grande quantità di ricchezze sfruttabili, a carattere economico e commerciale, e, soprattutto, un livello di concorrenza espansionistico non solo da parte delle diverse realtà elleniche, ma anche del progressivo controllo di Cartagine. Selinunte, dopo la fondazione, attua un processo pianificatore di controllo territoriale attraverso l’ampliamento delle attività marittime e mercantili e la fondazione della colonia portuale di Minoa, alla foce del Platani, mettendo in allerta la città di Gela, la quale doveva procedere, vista la sua crescente ricchezza, al controllo nei territori della Sicilia interna, in concorrenza con Siracusa, e all’ostruzione dell’espansione della colonia megarese nell’area costiera a ovest: alla fondazione della subcolonia si collega un periodo di controllo politico da parte del personaggio mitico di Falaride, il quale dal 572 a.C. pose le basi per la riorganizzazione della città e per l’espansione in tutto il territorio circostante, ponendo sotto il controllo numerosi insediamenti sicani dell’interno e aree sotto il dominio di Selinunte e della stessa Gela119.

Dopo la caduta di Falaride la città vanta una grande crescita urbana ed economica e un controllo su un vasto territorio, gestito tramite l’uso strategica del culto demetriaco, uno status che si manterrà, insieme alle altre grandi potenze siciliane della regione, Selinunte, Imera, Gela e Camarina, per tutto il V secolo a.C., sino alla caduta sotto il dominio cartaginese nel 406/5 a.C. .

La colonia agrigentina è fondata da componenti misti rodio-credesi di Gela e coloni provenienti dalla madrepatria Rodi, nelle vicinanze del fiume Akragas (odierno S. Leone), dal quale la città prese il nome, all’interno di un territorio collinare delimitato dalle alture naturali della collina di Girgenti, della Rupe Atenea e della Collina dei Templi, tra i quali si sviluppa l’impianto urbanistico monumentale, e in cui i limiti collinari definiscono i limiti dell’area urbana, oltre i quali si sviluppano le necropoli, le aree destinate allo sfruttamento agricolo e i sistemi di controllo di espansione territoriale, che si avviano per merito di Falaride e che permetteranno la gestione di gran parte del territorio compreso tra il fiume Salso e il Platani, non solo nelle aree ancora non ellenizzate, ma anche in quelle già sotto la sfera di influenza di Gela. Ciò crea una progressiva espansione dell’elemento rodio-cretese, ora sotto la gestione di Agrigento.

Se nel territorio delle Madonie, sotto l’area di controllo di Imera, e in quello del fiume Platani si evidenzia la presenza di insediamenti di cui l’elemento rodio-cretese è di origine agrigentina, lungo la valle del fiume Salso si assiste a una spartizione e concorrenza dell’elemento agrigentino e geloo: «se da un lato il fiume rappresenta la linea confinaria naturale tra le rispettive aree di interesse, dall’altra appare con grande chiarezza come, soprattutto in corrispondenza della parte inferiore del corso, il confine effettivo subisca, in senso diacronico, consistenti spostamenti» .

 Gli scavi nel santuario delle divinità ctonie e nei centri di culto a carattere demetriaco.

Il territorio di Agrigento è stato interessato da un progetto di pianificazione territoriale all’insegna dei luoghi di culto, in cui i santuari definiscono i confini e i centri di controllo dislocati su tutto il territorio. Un sistema di gestione religiosa del territorio in cui il culto delle “dee ctonie”  trova un ruolo importante a livello urbano e suburbano, con i santuari dell’area del poggetto di San Nicola e di San Biagio e il grande santuario delle divinità ctonie all’estremo ovest della Collina dei Templi, e nella realtà extraurbane di Sant’Anna e del santuario alla foce del Naro, attraverso una differenziazione di funzione sociale, politica e culturale della pratica cultuale . Ogni area, infatti, permetteva di agire in rapporto a processi d’integrazione tra insediamenti indigeni e/o tra coloni e, soprattutto, quali punti strategici di confine con le altre realtà culturali elleniche, andando a rafforzare o implementare i limiti naturali della conformazione territoriale.

La maggior parte delle ricerche archeologiche dei siti agrigentini si concentrano per tutto l’arco del XX secolo, svolte come indagini di approfondimento di strutture o siti già noti o come indagini di ricerca in settori nuovi, sia nel territorio urbano e suburbano, che, anche se con ricerche più limitate, nelle aree extraurbane. In questo Paragrafo tratteremo la storia degli studi e le indagini di scavo dei siti d’interesse per la nostra ricerca, inquadrandoli geograficamente nel territorio agrigentino, per poi proseguire nei prossimi paragrafi a un’indagine più dettagliata delle strutture e della cronologia.

Il santuario delle divinità ctonie è costituito da un complesso di tre terrazze, le quali si sviluppano sulla parte occidentale della Collina dei Templi, nell’area compresa tra il santuario di Zeus e Porta V, l’accesso monumentale meridionale della città, e proseguendo nelle aree immediatamente a ovest, fino alla valletta della Kolymbethra: queste si compongono di un’area urbana immediatamente adiacente al tempio di Zeus e delle tre terrazze distinte in terrazzo detto “degli altari circolari”, il terrazzo a Est di Porta V e il terrazzo dei Donari. Ciascuno di questi costituisce una parte del sistema tripartito del complesso cultuale delle divinità ctonie ed è stato scavato in momenti differenti nel corso delle indagini archeologiche di Agrigento.

Lo scavo più antico fa riferimento all’indagine degli anni 1927-1932 da parte di Pirro Marconi effettuate nel terrazzo “degli altari circolari”, l’area di maggior rilievo dal punto di vista monumentale, che presenta strutture di diversa cronologia e che fu indagata per tutta la sua estensione da Nord a Sud e dai limiti Est della porta V e Ovest del muro di temenos del terrazzo adiacente .

Lo scavo effettuato fu svolto in maniera intensiva sino allo strato di roccia e ciò permise allo studioso di ricostruire la storia del santuario dalla preistoria alla fine del V a.C., avallando così le interpretazioni concernenti il culto svolto nell’area e la successione cronologica dello sviluppo delle strutture . Questa indagine richiedeva il completamento delle due aree adiacenti: furono svolte campagne di scavo nei periodi 1953-55, 1966-73 e 1995-96, che interessarono i settori dell’area sacra tra il tempio di Zeus e la Porta V .

L’indagine fu condotta da Pietro Griffo, nel periodo in cui fu Soprintendente alle Antichità di Agrigento e fu eseguita in un’area non ancora interessata da scavi archeologici e con lo scopo di indagare questo nuovo settore e disporre di un termine di verifica per i dati raccolti dallo scavo Marconi del terrazzo adiacente, ormai non più controllabili: la prima campagna di scavo permise l’individuazione del tempietto a ridosso della Porta V, del “portico a L”, di epoca ellenistica, con tholos circolare e di un deposito votivo fuori dalle mura .

L’area era stata precedentemente soggetta a scavo negli anni 1953-55 da Wilhelm Alzinger, il quale ricevette l’incarico dalla Soprintendenza di Agrigento: egli attuò le operazioni di sgrossatura e rimozione dello strato vegetale dell’edificio in prossimità della Porta V . A questa indagine preliminare, che permise l’identificazione di queste strutture, si attuò una meticolosa indagine stratigrafica negli anni ’60 e ’70 in cui fu indagato il terrazzo con il tempietto di cui furono identificate le fasi costruttive insieme alla pavimentazione a lastroni calcarei immediatamente a Nord, il “portico a L” ellenistico, al quale si connettono, di epoca precedente, le lesche sotto l’ala est-ovest, il muro di temenos e nel settore a sud la tholos circolare, maggiormente indagata in questa campagna di scavo, e tra il portico e l’area del tempietto, uno strato preistorico con resti di capanne neolitiche, prive di sovrapposizioni in età greca. Insieme a questi approfondimenti fu indagata l’area tra il “portico a L” e il tempio di Zeus, in cui fu individuato un impianto urbano, del quale fu ricostruita la cronologia di formazione .

Di particolare importanza furono le indagini recenti del 1995-96, in cui furono impiegate nuove tecniche e mezzi di rilevamento, una nuova quadrettatura dell’area tra il tempio di Zeus e Porta V e la realizzazione di una serie di saggi all’interno del “portico a L” attraverso cui, nell’area a Nord e Nord-Est, sono state individuate delle edicole e recinti di carattere particolare . Infine, l’ultimo settore indagato è quello più occidentale della Collina dei Templi costituito dal terrazzo dei Donari, con un’indagine condotta in tre periodi: un sondaggio superficiale attraverso la pulitura delle strutture affioranti per merito di Pietro Griffo nel 1955;

uno scavo sistematico iniziato nel 1975 dal Soprintendente Ernesto De Miro, durante il quale fu allestita la quadrettatura dell’area compresa all’interno del muro di temenos e non indagata nello scavo di Marconi degli anni ’30-’40 e da cui furono identificate quattro strutture ; nel 1999-2000 furono effettuati, in occasione di uno scasso per l’installazione di tubature per sensori di allarme, dei saggi all’interno dell’area indagata precedentemente da parte della Dottoressa Maria Musumeci, che permisero di approfondire la situazione cronologica dell’area grazie anche agli ulteriori saggi realizzati nel 2004-2005 dall’ente del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi .

A questa complessa e grande struttura cultuale si connettono altre strutture interne all’area urbana e suburbana di Agrigento concentrate in due zone principali: il poggetto di San Nicola e l’area in località San Biagio.

Il poggetto di San Nicola è sito in posizione centrale alla vallata agrigentina e in esso sono identificabili oltre a una vicina agorà una serie di edifici a carattere pubblico quali l’ekklesiasterion e il bouleuterion: d’interesse per la nostra indagine però sono gli scavi condotti dal 1959, per il lavoro di realizzazione del Museo Nazionale che hanno permesso di identificare una struttura a carattere sacro «destinato a culto ctonio»  e che vede la sua vita e continuità in relazione allo sviluppo dell’area e soprattutto dell’adiacente bouleuterion, che ne definisce le fasi costruttive, con una notevole contrazione della struttura nel IV a.C. e definitivo abbandono e distruzione nel III a.C. .

In località San Biagio si collocano due siti di particolare importanza: il santuario rupestre e il tempio di Demetra sotto la chiesa di San Biagio. Il santuario rupestre fu identificato nei primi decenni del XX secolo e fu indagato in due campagne di scavo: nel 1926 Pirro Marconi indagò le grotte della Rupe Atenea e le strutture facenti parte del complesso, da lui considerate in connessione con un culto ctonio insieme alle grotte; nei successivi anni Trenta con una seconda campagna condotta da Giuseppe Cultrera nel recinto di fronte la struttura indagata da Marconi. Quest’indagine ha permesso di definire la cronologia e la ricostruzione dell’aria e l’avanzamento d’ipotesi di utilizzazione . A questa struttura si collega il Tempio C di Demetra e Persefone sito sulla Rupe Atenea e poi inglobato nella costruzione della chiesa medievale di San Biagio. Fu indagato nel 1925 e attraverso i reperti rinvenuti e la vicinanza al sottostante santuario rupestre fu connesso al culto di Demetra .

Ultime due aree d’interesse per il culto demetriaco sono quelle del santuario extraurbano di S. Anna e il terrazzo fluviale alla foce del fiume Naro. Il sito in località S. Anna fu identificato in seguito alla realizzazione di lavori agricoli che permisero il rinvenimento di frammenti di statue fittili e frammenti di terracotta architettonici, ma è solo nel 1965 che fu condotta un’indagine archeologica, poi continuata nel 1967, sotto la direzione di Gabriella Fiorentini. Da questa ricerca fu possibile identificare l’area del santuario e le strutture che lo componevano potendo così definire lo sviluppo cronologico dell’area : a essa si deve riferire, per la somiglianza di strutturazione, l’area sacra alla foce del fiume Naro, in cui è stato possibile collocare un culto all’aperto a carattere demetriaco con strutture architettoniche più recenti.

Salvatore Ficarra

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, tempio di demetra, valle dei templi

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