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Licata nella seconda guerra mondiale. I civili morti e dimenticati

You are here: Home / Storia Comuni / Licata nella seconda guerra mondiale. I civili morti e dimenticati

2 Novembre 2015 //  by Elio Di Bella

QUEI CIVILI MORTI CHE QUALCUNO VOLEVA CANCELLARE
NON ho cercato i 78 civili caduti durante lo sbarco alleato nel settore di Licata. Non li ho cercati perché non sapevo che esistessero. Di loro non c’ era memoria collettiva perché dimenticati. E tali sarebbero rimasti per sempre se non avessi iniziato – sul finire dell’ anno 2000 – a raccogliere le testimonianze dei licatesi che assistettero all’ operazione Husky, la notte del 10 luglio 1943 quando la guerra arrivò dal mare talmente coperto di navi da sembrare “ncurdunati” mentre una marea di soldati americani – 27.000 fanti della III Divisione di fanteria del generale Truscott e della II corazzata – si riversava sulle quattro spiagge prima, nella città dopo. Un evento che nell’ immaginario collettivo non aveva lasciato sul campo né vittime tra la popolazione civile – al massimo una o due – e neppure tra i militari. In realtà nel cimitero degli Americani, costruito alla periferia della città, furono sepolti i 173 fanti americani, oltre 123 italiani e 40 tedeschi caduti nel settore Joss (Licata).

Quattrocentoquattordici vittime sparite nel nulla. Una rimozione collettiva controversa che però ha cominciato ad incrinarsi man mano che raccoglievo le testimonianzee si andava delineando una nuova realtà dello sbarco, non più indolore, non festa, fatta di soldati americani che lanciavano caramelle, cioccolati, scatolette e chewing-gum mentre la gente applaudiva, quanto piuttosto un evento storico complesso dentro cui guardare con maggiore lucidità. Non avevo cercato le vittime, le ho trovate dentro racconti scarni ed essenziali, ricordi cristallizzati dove improvvisamente tra lembi di dolore cupo o stupore raggrumato riemergevano, dopo circa sessant’ anni nella loro nitidezza, i 73 civili caduti.

Così per i fratelli Farruggio, Domenico e Salvatore, 14 e dodici anni, uccisi dai Rangers nella loro “roba” addossata alla collina che guarda al mare; così per Gerlando Peruga, soldato in licenza, caduto per la giubba militare che la mamma gli aveva messo addosso per ripararlo dai morsi della tramontana nella notte in cui il mare era illuminato come per la festa di Sant’ Angelo e invece vomitava soldati e cannonate; o l’ uomo colpito da una granata arrivata dal mare, Vincenzo Porrello, rimasto tra le braccia della moglie inebetita dietro un filagno di fichidindia, inutile barriera al mare divenuto cattivo; o così per Angela, la bimba Peritore, che la mamma stringeva al petto e la sentiva calda «Nenti ni ficimu» esclamava dopo lo scoppio della bomba, mentre la bimba aveva il ventre squarciato; e fu così per i fratelli Nicaso: uno morto, uno rimasto cieco e un altro che ha convissuto con schegge nel corpo per una bomba a mano lanciata nel rifugio.

Tante storie riemerse, tanti nomi di caduti che avrei dovuto affidare alla memoria storica dopo la necessaria verifica sui documenti. Ed è stato a questo punto che ho iniziato a cercare le vittime. Le ho cercate dentro carte ingiallite, registri polverosi, nomi siglati in bella grafia con inchiostro nero. E non le ho trovate. Ho trovato altro: i loro nomi c’ erano, erano regolarmente registrati ma questi erano deceduti nella propria civile abitazione per causa naturale, gli altri erano morti sul campo di battaglia. Delle due versioni quale era la vera? A chi credere: alle carte o ai parenti? Non potendo e non volendo arrendermi, ho continuato a cercare riscontri sino a quando non ho trovato l’ ultima spiaggia: effettuare un’ ulteriore verifica sulle cartelle degli eliminati che ogni comune compila prima di cancellare i nomi dei deceduti dagli elenchi generali. E qui finalmente, sul retro di una cartella rosa, usurata, ho trovato la registrazione di morte con la dicitura: per fatti bellici. Adesso in Piazza della Vittoria, di fronte alla lapide bronzea che ricorda lo sbarco della VII Armata Usa, su una pietra eretta a imperitura memoria sono scolpiti i nomi dei 78 civili caduti. Ma Licata ha davvero voglia di ricordare?
CARMELA ZANGARA

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Categoria: Storia ComuniTag: licata, seconda guerra mondiale

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