
Gli ebrei siciliani, come popolo del Libro sono stati parte integrante della società del Dàr al-Islàm, fin dai secoli della dominazione araba dell’isola, quando consolidano e rafforzano le loro attività commerciali nell’area mediterranea, che continueranno ad esercitare anche dopo la conquista della Sicilia da parte dei Normanni e nei secoli successivi.
La conoscenza dell’arabo consente loro di accedere ai testi filosofici e scientifici della cultura dell’Islam e attraverso di essa di quella greca.
L’uso del giudeo-arabo, una sorta di dialetto maghrebino, è attestato da un corpus sempre più numeroso di testi, oggetto di attenzione da parte di linguisti e filologi. La conoscenza delle altre lingue, latino e siciliano, facilita, fino all’espulsione dall’isola del 149 2 , la loro attività di turghimanni (interpreti), traduttori al servizio del potere.
Di questa realtà gli ebrei di Caltabellotta sono parte integrante, come attestano le ricerche degli ultimi anni e la straordinaria concentrazione di tante testimonianze documentarie e archeologiche.
Delineare il profilo di questi ebrei della koinè mediterranea medievale, con gli occhi rivolti ad Oriente, a Gerusalemme, città della pace, città assoluta, luogo del Tempio smarrito in un tempo negato, con il cuore colmo di nostalgia per la Palestina, simbolo dell’attesa del ritorno, dall’osservatorio privilegiato della
Sicania, la montagna di Kalat Al Ballut, è il tentativo di questo retablo di immagini-scritture.

I frammenti della Torah (XIV sec.), il Libro-Testo—Universo di ogni ebreo, introducono nel cammino ideale, percorso della mente, del cuore, della sapienza-conoscenza ebraica, nel territorio Caltabellotta-Sciacca, di cui desideriamo recuperare, captando e selezionando tra la folla delle suggestioni, evocate dai pochi reperti e dalle tante testimonianze scritte, quegli elementi di visionarietà della storia, fino a farne il paradigma di un universo, la cultura del Libro, della Legge, che connota l’identità ebraica, altrimenti difficile da fissare in uno schema.
La Ketubà originale in pergam-na, stilata a Caltabellotta il 18 di Tevet (18 dicembre, mercoledì) dell’anno 1456 , introduce nella vita quotidiana della comunità ebraica con i suoi riti, la sua specificità. E’ oggi conservata a Toledo presso l’Hospital de S. Juan Bautista (Tavera), Calle Vega Baja, ove è stata portata nel 1993 dopo il restauro compiuto in Italia e la sua esposizione a Messina e a Roma.
E’ redatta in ebraico, aramaico, giudeo-arabo e parzialmente in siciliano, si apre con una citazione biblica (Prov. 18, 2 2 e 1 9 , 1 4 ) : Chi ha trovato una sposa ha trovato un tesoro e ha ottenuto la com-piacenza dei Padri, ma la sposa è un dono di Dio. Le coordinate spaziali e temporali sono in aramaico e in ebraico, i nomi degli sposi di Calòtabellotta, Mar Jacob figlio di Rabbi Yomtob detto Qabisi e Marat Masuda figlia Mar Mardokay.
Segue in aramaico il formulario tipico dei contratti nuziali ebraici, seguito dall’inventario dotale costituito da 18 capi di biancheria, la robba, in giudeo-arabo misto al siciliano. In aramaico la conclusione, in ebraico le firme dei testimoni.
Nel contratto, la terra di Caltabellotta è rinominata Givat Lot, la collina di Lot dell’isola di Sicilia, situata presso il fiume, per assonanza con altri luoghi della memoria, quasi a mancare una «diversità» spesso imposta dall’esterno ma sempre dagli ebrei rivendicata con orgoglio.
Caltabellotta da luogo fisico si trasforma in luogo dello spirito, del ricordo, Zakhor, un ideale collegamento con i luoghi attesi del ritorno. Il documento riveste una notevole importanza per la storia sociale, gli usi matrimoniali ebraici, gli studi filologici e linguistici.
La meschita-Sinagoga, con il bagno rituale per le donne, la scola, è il luogo della ritualità che custodisce nell’Aron Kodesh la Torah, ma anche delle assemblee comunitarie, dello studio e delle interpretazioni del Talmud. Si trovava nella parte orientale del quartiere ebraico, chiamato nei documenti d’archivio, fino al XIX secolo, di li mura, inserito nella città feudale, non lontano dal palazzo dei conti Peralta-Luna, identificato attraverso un doc-mento d’archivio, con l’attuale palazzo Bona di Scunda.
Le firme in giudeo-arabo di testimoni ebrei, in calce a contratti dei notai cristiani, sono il segno di un privilegio, elargito dai sovrani aragonesi ad esponenti della comunità di Caltabellotta,
fondatori nel 144 7 , con quelli di Sciacca della Yeshivah (Accademia di studi rabbinici). Privilegio condiviso con poche altre comunità, quelle di Polizzi Generosa e Catania, famose per la presenza di scuole talmudiche, di medicina, di astrologia-astronomia.
Gli storici Trasselli e Bresc hanno segnalato, negli scorsi decenni, la seconda più ricca biblioteca di libri ebraici e morischi, esistente nella Sicilia nel XV secolo, posseduta da un ricco proprietario di terre e commerciante di bestiame ebreo di Caltabellotta, Borach de Ixei.
Nel cuore della città arroccata sui monti Kratas, negli scorsi anni è stata rinvenuta una lapide funeraria ebraica con iscrizione, murata alla rovescia sul portale dell’edificio privato al numero 4o di via 4 Novembre. Proviene dal cimitero della comunità, identificato qualche anno fa, in contrada grotticelle, non lontano dalla chiesa e ospedale di S.Paolo.
L’immagine dell’ebreo convertito Samuel Bulfarag figlio di rabbi Nissim, o Guglielmo Raimondo Moncada alias Flavio Mitridate, il personaggio più prestigioso della terra di Caltabellotta, campeggia dentro la lettera capitale del frontespizio dell’Ornatissimo Codice 1383 della Biblioteca Vaticana, con traduzioni dall’arabo in latino di un’opera di astrologia e di due Sure del Corano.
Padre e figlio hanno lasciato, con i loro ricchi manoscritti, segni tangibili della conoscenza, in quest’angolo della terra siciliana, delle forme più raffinate di magia medievale, Astrologia, Geomanzia, Cabala.
Un’eredità che ha segnato la Rocca delle querce, con i suoi misteri, i suoi miti, luogo privilegiato di cui si può osservare il cielo, come il titolo aperto della Torah, che attraverso il linguaggio delle stelle e dei pianeti trasmette i messaggi divini e regola il divenire del mondo. Alla fine dei tempi si sarebbe arrotolato per svelare la dimensione del sovra-mondo.
L’antica sapienza ebraica il Vetus Talmud, avrebbe segnato per sempre questa terra assegnandole una valenza simbolica, fondamentale per ricostruirne la storia, per ridarle il respiro della magia.
di Angela Scandaliato