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Origine e Progresso della religione cristiana nell’isola di Pantelleria. Manoscritto inedito

25 Aprile 2017 //  by Elio Di Bella

Prima parte di un ampio manoscritto che ho trovato nel corso delle mie ricerche nell’Archivio di Stato di Agrigento.

Si tratta di un testo di grande importanza, assolutamente inedito, che getta nuova luce sulla storia di Pantelleria.

Ritengo  di dare un importante contributo alla conoscenza della storia della presenza del cristianesimo in questa isola, perla del mediterraneo.

Il manoscritto descrive in particolare la presenza nell’isola dei monaci basiliani

Ecco di seguito il testo.

Origine progresso della religione cristiana nell’isola di Pantelleria

Confusa quest’isola nella vastità dell’impero di Roma, la piccolissima parte, che suoi potevano avere nelle grandi vicende di quello, meritò Ha ragione il silenzio degli storici. Grazie alla cura de’ monaci, si servano almeno le notizie dello stato della cristiana religione da pochi secoli dopo la venuta del Nazareno fino all’espulsione de’ saraceni.

Seguirne il corso sino questi tempi, m’è sembrato confacente allegare l’antica alla moderna storia, e atto a far conoscere il non ininterrotto dominio della più santa filosofia sui cuori dei nostri isolani.

Né ascolterò qui io quelle giovanissime dispute di voci, per cui il nome di filosofia si vorrebbe proscrivere dal sistema cristiano, come quello, che nato dal cielo, e promulgato da uomini villani, e insipienti non aveva niente di ragionato e niente di greco (1).

V’ha chi scrisse con lode della prestanza della religione cristiana sopra la filosofia di Socrate (2); e c’è alcun altro, il cui nome la cui autorità dee piacere a’ profani il quale convessa, che la maestà del Vangelo parla al cuore, che i “libri de’ filosofi con tutta quella pompa sono piccioli” al paragone di lui (3).

Dell’introduzione del cristianesimo in sino all’abolizione del rito greco

Pruova l’antica fama della docilità de Cossuresi il sapere che quest’isola sin da’ primi tempi del cristianesimo aveva con la Africa, e con la Sicilia piegato il collo al dolce giogo de’ precetti divini del Redentore (4). Che intatta si fosse conservata la fede ne’ secoli vegnenti appresso, è certo; purché nell’anno 425 San Pietro vescovo di Sebaste venne qui a fondare un monastero dell’ordine del grande patriarca San Basilio, di lui fratello già defunto.

Vuolsi che questo monastero fosse stato il decimo dopo il primo fondato a Roma nel 372, ottenutane due anni innanzi permissione dal pontefice San Damaso fu così bene accolto quell’ordine nell’isola, che non molto dopo, per la grandezza dell’edificio e per lo numero de’ monaci, che i Pantalei, popoli di Antiochia nel 638 vennero a rifugiarsi in quest’isola, ove i Siri, o Cossiri abitavano, oriundi della loro medesima regione.

Si crede che questo popolo, ragione della fede perseguito, ed accolto da’ correligionari dell’isola, si fosse dato il nome di Pantallaria alla medesima (5). Mi pare più probabile che siffatto nome fosse di greca origine, è sostituito  all’antico per ragione della distanza che all’isola con i due continenti, che nella greca maniera vollero que’ cristiani greci esprimersi denominando l’isola distante da tutt’e due, o tutto distante.

Chiunque fosse imparziale apprezzatore delle opere degli uomini, senza tenere a mente al loro nome, o alla veste che abbiano indossata, potrebbe direttamente aver per fortunata quest’isola, nella quale i suoi abitanti di buon’ora furono istruiti diretti ed educati da quegli stessi monaci, a’ quali dee l’Europa monasteri, scuole, chiese vescovadi. Se furono ne’ tempi appresso, per degenerazione propria delle umane cose, chiamati i monaci “dotti solo ad infastidire la gente con le cantilene gregoriane” (6), furono essi ne’ primi tempi di purità, a’ quali sono le Muse e la filosofia debitrici, la scienza delle arti.

Sventura delle buone opere!

Questo sacro ritiro della pietà e del sapere, del bel fiore di sua grandezza, nell’anno 806 fu invaso, e furono fatti prigionieri 60 monaci, da’ Saraceni, uomini violenti ed armati, che sino a quel tempo non conobbero altra scienza, che la guerra, non altra cura che la rapina, né altra ragione della forza.

Non rimase impunito dal cielo il sacrilego misfatto di que’ barbari, imperciocché l’anno appresso il propagatori protettore della dottrina della religione, il potentissimo re Carlo Magno spedendo un’armata navale contro i mori, che infestavano la Corsica e la Sardegna, dopo un vero combattimento furono i barbari sconfitti; ed essi stessi confessarono essere avvenuta loro quella perdita per avere l’anno prima imprigionati monaci basiliani di Pantalleria. Per opera dello stesso monarca tempi di Leone III sommo pontefice 60 monaci già venduti in Ispagna furon ricomperati, e nel proprio monastero restituiti (7).

Fu di pochissima durata la pace di que’ monaci.

Nell’anno 827, crescendo con la forza l’audio de’ Saraceni contro la vera religione, impadronitisi della Pantalleria, di Sicilia di Calabria, sin dalle fondamenta demolirono e questi ed altri monasteri basiliani delle suaccennate regioni. Con l’esterminio delle fabbriche del monastero non cadde dal cuore di que’ cristiani il desiderio di volere una vita infelice anzi mancare, che onorare d’un guardo il vessillo di Maometto. Molti pensarono meglio lungi andare dal suolo natio, che piegare il collo alla dura servitù de’ vincitori: altri cercarono serbar la vita e la purità della religione nelle spelonche, nei boschi in piccoli nascosti tuguri, e nelle stesse cavità de’ tronchi degli alberi, e, quasi fiere, pascersi di erbe, di ghiande, di lupini, e di castagne.

In premio delle loro sofferenze volle Dio far dono all’isola nostra dell’immagine miracolosa della vergine madre, che tuttora si venera sotto il titolo della Margana in una chiesa mille passi distante dall’abitato, nel principio di una contrada dello stesso nome.

Dalle scritture che conservansi nel monastero del Patirio in Calabria ci viene assicurato che tanto l’immagine simile che si possedevano, quando la nostra fossero state dipinte dell’evangelista San Luca. Nel tempo in cui gli errori degli iconoclasti infestavano l’oriente, e quando gli imperatori per editto dannavano alle fiamme e le sacre immagini e que’ che le veneravano, i Padri Attanasio e Filippo ne sottrassero molte dall’oriente, ed una ne introdussero in quest’isola nell’anno 657.

L’immagine che ora si venera fu dipinta sulla stessa tavola, ove la prima per andar di tempo erasi consumata, conservando probabilmente la medesima fattura dell’antica, aggiungendovi solamente il novello dipintore quella macchina navale a fiume, che rilevano le antiche monete di Cossura. Il tempo non ha in minima parte indebolito il fervore di divozione per quel sacro retaggio tramandato agl’ isolani da loro antenati oltre molti prodigi che per riguardo di quelle immagine furono in ogni tempo osservati, corre fama (8) , che più volte avendo con sacrilego ardimento spogliata quella chiesa i pirati turchi, ne riportassero la pena, e che non sarebbe stato loro accordato di allontanarsi dall’isola, se prima non avessero le immolate cose restituite.

Dal secondo di dopo la Pasqua infino a’ 15 ottobre l’immagine esposta nella sua chiesa di campagna, quindi si trasloga nella Madrice Chiesa. Alle 8 settembre si celebra la festa. Si raccolgono da tutte le contrade in sulla chiesa gli’ isolani, assistono alle funzioni di rito, e riconoscendo nella madre di Dio la padrona della loro patria, in quelle case di campagna festeggia il giorno con innocenti trasporti di gioia.

Una pace alquanto più stabile, a rimettere l’abolito ordine Basiliano nel primitivo splendore, e il discacciarne dall’isola il dominio degli arabi, era degna opera dell’immortale Ruggiero. In un diploma avutosi dal monastero del Patiro, sottoscritto suggellato dal medesimo Conte, e delle mani inviato del santo abate di Pantallaria Basilio Primerano del mese di settembre dell’anno 1106 si racconta, che Ruggiero nell’anno 1090,movendosi da Messina in Pantellaria, arrivato nel seno maggiore dell’isola con quindici treremi fornite di milizia, ed atterrito di vedersi vicino a rompere per un forte contrasto di venti,  fe voto a Dio di far costruire nella vicina terra un tempio, se sano e salvo, come avvenne, vi giungerebbe. Vi accorre Basilio Primerano, capo direttore della chiesa di Pantallaria.

Formata di pochi cristiani nascosti nelle grotte, ne’ piccoli tugurj, e nelle stesse cavità che i grandi alberi per vecchiezza mostrano ne’ loro tronchi, vestiti di pelli più atte a nascondere le membra, che dal freddo a conservarle; e raccolti in quel luogo selvago che guarda l’Occidente, cibava anzi di que’ frutti, che naturalmente la benignità del cielo produceva, e menavano una vita in continuo martirio, in effusione di sangue, in aspri digiuni, fuori il secolo nel secolo, nella carne fuori la carne, ignoti al mondo, e dal cielo solo conosciuti. Si abbracciano amichevolmente i due grand’ uomini , Basilio sceglie il luogo, ove era da fabbricarsi il tempio, e fatti venire poi degli architetti, si affrettarono questi a soddisfare il loro desiderio. Vi si aggregò in seguito un nobile ricco monastero, da privilegj e da ricchezze grandi dotato e dal medesimo Ruggiero, ed altri principi normanni. Era tale la fama di quel monastero, che si designava col nome di monastero grande de” greci di San Basilio.

Si scrive di Basilio Primerano, che nacque nell’undecimo secolo da una famiglia della medesima isola, per beni di fortuna e per gentilezza non mediocre; ed egli si fe più chiaro, anzi grande si rese per la sua virtù, e per l’amore verso Iddio. Fu alto della persona, bello ed autorevole di volto, e di affabili maniere con tutti. Dato di buon’ora un addio a’ beni di fortuna, e dal secolo, andò a far parte di que’cristiani, che viveano ritirati nelle selve occidentali dell’isola, e, siccome gli altri, viveva in continuo martirio. Ebbe fama d’uom dottissimo nella lingua greca, e di zelante osservatore della regola del Patriarca San Basilio, nella quale con numerosa famiglia di religiosi compì i 65 anni di vita penitente.

Fu abate della città col titolo di Arcimandrita. Morì nel 22 giugno del 1155; ed il suo cadavere, riposto, come servo di Dio, in una cassa di argilla cotta, fu seppellito in uno de’ cimiteri accanto alla chiesa. Nel monastero de’ P.P. basiliani di Santa Maria del Patirio si recitavano nel giorno di sua morte l’ufficio e la messa con la commemorazione che  traslata dal greco in latino, è la seguente: Sancti patris nostri Basilii Episcopi Pantellarie commemoratio.

Successe nell’abbazia del monastero a Basilio un suo fratello chiamato Giovanni, il quale egualmente visse e morì da Santo. Nel di 9 agosto vi si recitava l’ufficio, egli si faceva la festa.

La vicinanza di quest’isola all’ Africa rese anche dopo di Ruggiero più continue e più facili le incursioni de’ berberi nell’isola; e dalle volte per qualche tempo sottoposero gli abitanti alla loro tirannide (9). Molto infatti sono le casette fabbricate a guisa di grotte da’ mori mentre n’erano signori; ed infino ad un secolo innanti usavano questa abitanti il parlare del vestire moresco (10): anzi vi sono ancora de’ vecchi, che sanno l’ave  in quell’idioma, e che ricordano che loro parenti parlavano bene quel linguaggio. Si dice, che un monaco, venuto qui a fare la missione, dispiaciuto, che cristiani avessero il vestire la lingua comune con i turchi, sotto minaccia di scomunica, veli allontanò. Solamente alcune piante, alcune parti del corpo, molti movimenti dell’animo, e altre poche cose si denominano oggidì con linguaggio saraceno.

Tra le casette superstiti, che probabilmente appartenevano a’ cristiani rifugiati, come si disse nelle selve occidentali dell’isola, sono degne di notarsi quelle, che un tempo, come appare erano molte, e che ora venne alcuna anche intera nell’impraticabile contrada di Fram. Esse sono di figura rotonda con la parete esterna che di tratto in tratto rientra d’un palmo, sicché … può quel rientramento salire sino sopra la cupola che termina l’edificio.

All’interno vi sono delle aperture sì poco alte, che fa uopo entrarvi carpone; sono strette in principio ma in fondo ciascheduna termina circolarmente un poco allargandosi a simiglianza di forno. Non comunicano questa specie di cunicoli tra loro; ed in ognuno può capirvi una persona sola. L’intera fabbrica e senza cemento; e le pietre esterne sono artatamente poste in modo, che l’acqua delle piogge possa liberamente scorrere, senza bagnare que’ miseri abituri. Somigliando queste fabbriche a mucchi di pietra, che nominano con nome barbaro Sesi, anche con questo nome sono dinotate quelle casette della contrada di Fram.

S’ignora in quale delle incursioni avessero i barbari distrutto il monastero di San Basilio, e financo s’è perduta la memoria del sito ove era edificato, quantunque dalle fondamenta esistenti sulla collina di Sant’Elmo si sospetti che lì sopra fosse stato edificato. Si sa solamente dalle scritture del riferito archivio, che la tribuna della Chiesa guardava l’oriente, e la porta all’Occidente; che il sole entrando negli equinozi batteva co’ raggi la tribuna per detta linea, e alle 24 batteva la porta. Teneva due cimiterj boreale l’uno, l’altro meridionale, ne’ quali si sotto erravano i cadaveri de’ religiosi, fermi al divieto del patriarca di potersi seppellire in chiesa.

Per opera intanto di quelle pio instituto perdurò in sino alla metà e più del decimo quinto secolo in Pantellaria il rito greco. In quel tempo venuto in quest’isola in qualità di missionario apostolico Fra Matteo de Saraceni  da Reggio de’ Minori osservanti di San Francesco, costui con l’aiuto di Dio ridusse al rito latino i sacerdoti e i chierici dell’isola. Fu per questo sì caro al pontefice Pio secondo, che nel febbrajo del 1460 fu eletto arcivescovo di Rossano, la quale pure per di lui mezzo dopo molti secoli si rivolse dal greco al rito latino. Per lo spazio di 21 anno santamente amministrò quella diocesi; a sue spese fe costruire la cupola di quella cattedrale; e passò a miglior vita nell’anno 1481 (11)

  1. Della storia dell’indole di ogni filosofia di Agatopisto Cromariano vol V, cap.58
  2. Giangiacomo Zimermanno, Amaenif. lett. T.XI
  3. G.G. Rousseau, Emil.T.III
  4. D’Amico, l.c.
  5. id. l.c.
  6. Brucher, Hist.phil.
  7. Baronio T.9. pag.572 e F.Briozzio T.S. p. 286
  8. D’Amico e Massa ll.cc.
  9. id
  10. Fazzello l.c.
    1. Le notizie sono estratte da alcuni documenti dell’archivio del Patirio, tradotti dal greco, e quindi inviati dal Pre.Dn. Benedetto Ferrerio nel 1747

Categoria: Storia SiciliaTag: pantelleria

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